Al duca di Ferrara
Ill. ed Ecc. Signor mio. Ho avuto la notificazione di V. Ecc. di quanto quel Commissario dei Signori Lucchesi e io avevamo concluso, e così subito l'ho mandata a Sue Signorie insieme con una mia, per la quale molto mi dolgo e lamento de li assassinamenti che in queste confine tra la lor giurisdizione e nostra, ogni or da li loro, or da li nostri [151] sudditi son fatte; di modo che pochi di questi, che tornano di quel di Roma o di Siena da lavorare, passano che non sieno spogliati e predati. Io li ho pregati che mandino il loro bargello per qualche giorno a star a Gallicano, luogo qui vicino a quattro miglia, acciò che insieme con li nostri balestrieri possiamo pigliare o dar la caccia a questi ladri. Di questo medesimo ho scritto ancora al Capitano di Barga, e m'ha risposto averne scritto a' suoi Signori, e che circa a questo ha strettissime commissioni da loro; pur nè di qua nè di là veggo ancora uscire alcun buono effetto. Io non starò d'instare, sollicitare e importunare. Circa alla differenza degli uomini di Vagli con quelli di Pietra Santa, quello che V. Ecc. ha scritto a Fiorenza e a Roma, non credo che possa se non giovare. Questi uomini dovevano venire a Ferrara, e portare loro instrumenti e contratti, e chiarire la mente di quella, che ad essi è fatto forza e violenza e ingiustizia da quel Capitano di Pietra Santa; il quale, secondo che mostra per l'opere, debbe essere uomo di poca ragione, chè non solo mai non ha voluto restituire le bestie che furon tolte, e tolte sul nostro, ma poi parte n'ha fatto ammazzare alla beccaria, e il resto vendere all'incanto per ventiquattro ducati: ma questi uomini di Vagli mai non si sono potuti accordare di trovare li danari da pagare un messo che venisse a V. Ecc., e stanno pure in questa ostinazione che vorrebbon ch'io dessi loro licenza di far [152] all'incontro ripresaglia d'uomini e di bestie che càpitano dal canto nostro. Io gli ho pur tenuti in freno, facendo lor sapere che faranno cosa che dispiacerà a V. Ecc.: quel Capitano non resta di minacciar che se li nostri saranno arditi di levar pur una capra de le loro, anderà a bruciar Vagli. Questi di Vagli cognoscono che per sè non sono possenti a resistere a quelli di Pietra Santa, e vorriano che se si attaccasse la zuffa, io li soccorressi: ma io che omai cognosco la natura de li Grafagnini, che con tutti li comandamenti del mondo non ne potrei far muovere uno a simil cose, chè già n'ho fatto più d'una esperienza, eleggo per minor danno e minor vergogna confortare li nostri a star con la testa rotta, e ricorrere a V. Ecc. per consiglio.
Contra li sudditi de' Lucchesi per la differenza c'hanno li nostri da Vallico con loro, si potria essere più audaci, perchè li nostri sudditi, massime quelli di Vallico, mostrano aver poca paura di quelli di Gelo, e anco fanno poca estima de li Signori di quelli: ma io son stato rispettivo a non li lasciar fare, perchè le lettere ch'ogni dì mi vengono da V. Ecc. sempre mi tolgono ogni ardire, e mai non sento altro, se non che io vada destramente, e che io non attizzi li galavroni: di modo che par che V. Ecc. non pur abbia rispetto alli signori de le città, ma ancora alli villani de le montagne di Reggio; sì come a' dì passati, essendo stata fatta quella preda di tanta quantità di pecore da li seguaci di Gian Giacomo Cantello e di Domenico d'Amorotto, [153] e per questo li uomini qui de la Pieve aveano ritenuti certi muli d'uno di Castelnovo di Reggiana; e io di questa cosa avendo dato avviso, subito mi è stato rescritto, che senza dilazione alcuna io faccia restituire questi muli, e che io non attizzi li galavroni; sì che parea che non li facendo restituire subito io dovessi aver qui il campo del Papa: ma io li avea già fatto restituire, ma ben con sicurtà di rappresentarli o di pagarne la valuta ad ogni mia requisizione. Queste lettere, e altre simili a queste, mi tolgono l'ardire e mi fanno avere quel tanto rispetto, e quel che mi fa essere tenuto troppo timido, che V. Ecc. in me riprende per la sua lettera: chè da un lato aver poca forza e poco braccio all'officio, ed essere capo dei sudditi che non sono (cioè questi altri a chi non s'appartiene) per seguitarmi in alcuna impresa dove si maneggi arme; e da l'altra parte esser tuttavia ammonito e fatto pauroso da le lettere di V. Ecc., e sempre dettomi ch'io sopporti e ch'io proceda con prudenza e desterità, son sforzato che s'io fossi un leone io diventassi un coniglio.
Questi di Vallico, quando la lettera di V. Ecc. è giunta direttiva alli Signori Lucchesi in favor loro, già avevano mandato suoi ambasciatori per questa causa a quella. Ma pur che sian venuti non è male, chè meglio informeranno V. Ecc. del bisogno.
Ancora ch'io n'abbia scritto, non starò di replicare che questi uomini a chi son state levate le bestie, son di mal animo, e mi dicono gagliardamente che se non le rianno per favore e mezzo di [154] V. Ecc., si deliberano di non stare in questa perdita e si rivaleranno su gli uomini di Lombardia dove potranno, se ben fusson certi di perdere, non che la roba, ma la vita. Io ho scritto di questa cosa più volte al Cantello e a Domenico: mostrano ne le lor risposte che sua non sia la colpa, e che gli ne rincresca: ma poi non mi pare che l'effetto si accordi con le parole.
Si va pur dicendo che questa armata di Francia si vede in mare, e chi dice ottanta e chi cento vele; ma io non ho certo autore: questa è ben certezza, che tutte queste terre di mare ne stanno in gran sospetto. A V. Ecc. mi raccomando.
Castelnovi, 7 iulii 1523.