XVIII

A messer Mario Equicola

Messer Mario mio pregiatissimo. Io ringrazio molto V. S. della offerta ch'ella mi fa di prestarmi l'opera sua, accadendomi, nelli miei litigi: la quale accetto di buon animo, e credo di usarla; ma non mi basteria il scrivere quello che io dimandassi. Ho pensiero di trasferirmi un giorno a Mantova, ed informarvi bene di quello che io voglio: ma non [33] è il tempo ancora. Circa l'oda che voi mi dimandate, la cercherò tra le mie mal raccolte composizioni, e le darò un poco di lima al meglio che io saprò, e manderòllavi. È vero che io faccio un poco di giunta al mio Orlando Furioso, cioè io l'ho cominciata: ma poi dall'un lato il duca, dall'altro il cardinale, avendomi l'un tolto una possessione, che già più di trent'anni era di casa nostra, l'altro un'altra possessione di valore appresso di dieci mila ducati, de facto e senza pur citarmi a mostrare le ragioni mie, m'hanno messo altra voglia che di pensare a favole. Pur non resta per questo ch'io non segua, facendo spesso qualche cosetta. S'io seguiterò, non mi uscirà di mente di fare il debito mio; e tanto meglio che non ho fatto pel passato, quanto questo debito da quel tempo in qua è cresciuto in infinito. Messer Mario, siate certo ch'io son vostro, prima per inclinazione naturale, già è molto tempo, poi per vostri meriti verso di me. A voi mi raccomando, e pregovi che alcuna volta vi degnate di ridurre alla signora Marchesana in memoria che io le sono deditissimo servitore. [34] Al magnifico Calandra vi degnerete anco di raccomandarmi.

Ferrara, 15 ottobre 1519.

Vostro,

Ludovico Ariosto

Fuori - Magn. ac Doctissimo Viro Dom. Mario Equicolae, mihi amicissimo, Mantuae.

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