XXX

Al duca di Ferrara

Ill. ed Ecc. Signor mio. Le troppe grazie che V. E. fa a questi uomini de la Vicaria di Camporeggiano li inasinisce (chè più onesto vocabolo non so loro attribuire), e nessuna cosa son per far mai [50] se non per forza: io dico questo, chè mi par che usino gran torto al Capitano di Camporeggiano, che avendo esso fatto giustiziare quel ribaldo ch'aveva in prigione, e per li ordini e usanza che qui è dovendo per questo avere lire cinquanta, negano, per quanto me ne avvisa il Capitano, di volerlo soddisfare; e credo che vorranno avere ricorso a V. E., confidandosi che così come quella è lor benigna e liberale nel suo particolare, così anco debbia lor essere in quello che con gran fatica e continuo fastidio li officiali si guadagnano. Supplico V. E. abbia raccomandato il Capitano perchè è da bene e dotto e buono e fedele servitore di quella, per accrescergli l'animo a lui e agli altri di punir li tristi.

Appresso gli significo che ora son capitati qui alcuni che vengono di Maremma, che dicono che molti fanti ch'avevan preso denari a Pisa e poi s'erano imbarcati a Livorno per ire alla guardia di Genoa, son stati tenuti in posta da Messer Andrea Doria, o sia da frate Bernardino, ad un luogo detto Meloria, e morti, feriti e presi con li legni che li conducevano. O vera o falsa che sia la nova la dò a V. E. nel modo che io l'ho; in bona grazia de la quale umilmente mi raccomando.

Ex Castelnovo, 22 junij 1522.

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