CAPITOLO VIII.

MA il maggior capo, e principalissimo di tutti a poter persuadere, e ben consigliare, è posseder tutte le sorti degli stati, e saper distintamente le consuetudini, le leggi e le cose utili particolarmente a ciascuno d'essi; perciocchè dell'utile si persuade ad ognuno; ed utili agli stati sono quelle cose che conferiscono alla lor conservazione. Oltre di questo sono d'autorità gli editti de' superiori; e questi sono di tante sorti, di quante sono gli stati. E le sorti degli stati sono quattro, cioè democrazia, oligarchia, aristocrazia e monarchia; per modo che il superiore, e quel che determina, o sarà una particella di questi stati, o sarà lo stato tutto. La democrazia è una cittadinanza popolare, nella quale i magistrati si distribuiscono a sorte. L'oligarchia, un governo di pochi, dove gli officj si danno secondo la facoltà. L'aristocrazia, un reggimento d'ottimati, dove hanno grado i cittadini, secondo che son disciplinati, intendendo però di quella disciplina che sta nelle leggi; perciocchè quelli che non si partono dagli ordini legittimi sono i capi di questo governo. Ed è necessario che questi tali appariscano ottimi, onde vien loro questo nome d'ottimati. La monarchia è, secondo il suo nome, quella nella quale uno è principe di tutti; e questa si divide in due; delle quali una procede secondo un certo ordine, e chiamasi regno. L'altra è disordinata, e dicesi tirannide. Il fine ancora bisogna sapere di ciascuna cittadinanza; perciocchè tutte eleggono di far quelle cose che tendono al fine. Il fine adunque dello stato popolare è la libertà; di quel de' pochi la ricchezza; di quel degli ottimati, le cose che fanno alla disciplina ed osservanza delle leggi. E della tirannide il guardarsi e l'assicurarsi. È dunque chiaro che ci conviene aver distintamente notizia delle consuetudini, delle costituzioni e delle comodità che tendon al fine di ciascuno stato; perciocchè queste cose sono elette da noi come mezzi che ci conducono a quel fine. Ma conciossiachè l'esser creduto s'acquisti col parlare, che non solamente abbia le sue dimostrazioni, ma che si porti seco ancora il costume di colui che parla (perciocchè sogliamo credere al dicitore, secondo di che condizione ci si mostra; e questo è quando ci s'appresenti buono, o che ci voglia bene, o che abbia l'una cosa e l'altra), ci converrebbe esser informati del costume, o natura di ciascun stato. Essendo che a ciascuno d'essi di necessità si persuada facilissimamente quel ch'è di ciascuno particolar natura. E la cognizione di queste nature si caverà dalle medesime cose che si son dette; perchè le nature si comprendono dai proponimenti; e i proponimenti si riferiscono al fine. Delle cose adunque che fanno di mestieri a quelli che vogliono confortare, così future, come presenti, e donde si hanno a trar le persuasioni, perchè si presti lor fede, quando si tratta dell'utile; e per quali mezzi, e come possiamo aver piena cognizione delle nature e delle costituzioni degli stati, s'è detto abbastanza, per quanto si richiede alla presente materia: perciocchè più diligentemente n'abbiamo trattato nella Politica.

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