ORA diciamo come son fatti quelli che ingiuriano e quelli che sono ingiuriati. Coloro dunque fanno ingiuria, che pensano che sia possibile, e possibile a loro, di condur quel che disegnano di fare, o che stimano che non si debba risapere, o risapendosi, di non esserne puniti, o puniti leggermente sì, che la pena sia minor del comodo che ne vien loro, o a chi son lor cari. Quali poi siano le cose che appariscono possibili, e quali le impossibili, si diranno più avanti; perciocchè vanno con quelle che son comuni a tutte le parti della rettorica. Ma quelli sopra tutti si presumono di poter fare altrui ingiuria senza esser puniti, che sono eloquenti, che sono attivi, che sono sperimentati in molte contese; e quelli che hanno gran copia d'amici; e quelli che son ricchi; e maggiormente si pensano di poter offendere, quando in lor medesimi siano quelle parti che si son dette; e non essendo essi di tal qualità, almeno quando siano tali gli amici, o i ministri, o i compagni loro; perciocchè per questi mezzi si confidano di poterlo fare; di non essere scoperti, e di non averne punizione. E quelli sono maggiormente atti a ingiuriare, che sono amici di coloro, a chi si disegna di fare ingiuria, o di coloro che l'hanno a giudicare; perciocchè gli amici non si guardano da loro, ed essi se gli riconciliano prima che se ne vengano a risentire. Ed i giudici sogliono sentenziare a compiacenza de' loro amici; e per questo o in tutto gli assolvono, o in poca cosa li condannano. Occultamente possono offendere coloro che sono molto lontani dalla sospizion de' delitti che commettono; come uno che sia debole, d'avere assaltato o ferito un gagliardo, ed uno che sia povero e brutto, d'esser adultero. Fannosi queste offese occulte in quelle cose che sono molto palesi, e quasi in su gli occhi d'ognuno; perciocchè non si fa guardia per questo, che nessuno se il penserebbe; ed in quelle che sono tali e tante, che da nessuno si può credere che si facessero; perciocchè ancora in queste non si fa guardia; perchè sì come non temiamo se non di quelle sorti d'infermità che si son trovate altre volte; così non ci guardiamo se non da quelle ingiurie che si sogliono usare. Offendono occultamente quelle persone, le quali o non hanno inimici, o n'hanno molti; quelli che non n'hanno, perchè nessun se ne guarda; quelli che n'hanno assai, perchè non par verisimile che abbiano voluto manomettere quelli che si guardano, e perchè possono anco dir per lor difesa, che non avrebbono avuto ardimento di manometterli. Ingiuriano ancora coloro che hanno il modo, il loco e la disposizion facile ad occultar le ingiurie che fanno. Oltre a quelli che possono ingiuriar copertamente, ingiuriano quelli che sperano, o di fuggire il giudizio, o d'intrattenerlo lungo tempo, o di corrompere i giudici; e quelli che se ben non fuggono il giudizio nella condennagione, si confidano almeno di schivar l'esecuzione della pena, o differirla lungo tempo; o veramente per povertà non hanno che perdere. Offendono ancora coloro che si veggono innanzi i guadagni manifesti, o grandi, o vicini; o a rincontro la pena picciola, o incerta, o lontana. E quelli, che dal mal che fanno, cavano maggior comodo che non è la pena che n'aspettano; come par che siano i tiranni; e quelli, che ingiuriando fanno acquisto di roba, e perdita solamente d'onore; e per lo contrario quelli che n'acquistano una certa laude; come sarebbe se insieme con l'ingiuriare si vendicasse del padre o della madre (il che avvenne a Zenone), e di pena non n'andasse loro altro, che danari, o esilio, o cosa simile. Che ambedue queste sorti d'uomini nell'un modo e nell'altro offendono, ma sono di diverso animo e di contrarj costumi. Arrischiati nell'ingiuriare sono coloro a cui molte volte è riuscito, o di non essere stati scoperti, o di non averne avuto castigo. E quelli a cui molte volte le cose non sono riuscite male; perciocchè sono certi che ancora in queste cose si mettono a ritentare, come ne' combattimenti, un vinto desidera di ricombattere; e quelli che n'hanno incontinente il piacere, e il dispiacer di poi; o veramente ora il guadagno, e il danno quando che sia. Della qual sorte sono gl'incontinenti. E l'incontinenza s'intende di tutti gli appetiti disordinati. E per lo contrario, quelli che hanno il dispiacere, o la pena in principio, e nell'ultimo il piacere e il guadagno, che durano poi più lungo tempo; perciocchè di questa sorte di cose seguono gli uomini continenti, e quelli che sono più savi degli altri. E quelli che possono dare a credere, che quel che hanno commesso sia stato a caso, o sforzatamente, o per natura o per consuetudine; o d'avere errato, ma non ingiuriato; e quelli che perciò sperano che le cose si riducano al dovere; e quelli che son trasportati dal bisogno; e i bisognosi s'intendono in due modi, o quelli che mancano delle cose necessarie, come sono i poveri; o quelli che sono ingordi di superfluità, come sono i ricchi. Fanno ingiuria ancora così gli uomini molto famosi, come quelli che sono molto infami. I famosi, sperando che per questo non si possa credere che l'abbiano fatto. Gl'infami risolvendosi di non poter essere più infami che siano. E a questa guisa son fatti coloro che si mettono a fare ingiuria altrui. Veniamo a dir quali son quelli che s'ingiuriano, e per quali cose sono ingiuriati.
Gli esposti all'ingiurie sono quelli che hanno le cose delle quali son bisognosi gl'ingiuriatori, o per supplire alla necessità della vita, o per cupidigia di soprabbondare, o per diletto di godere. Sogliamo ingiuriare ancora, o quelli che ci stanno lontani, o quelli che ci sono vicini. I vicini, perchè gli abbiamo più presto. I lontani, perchè son tardi a vendicarsi: come quelli che rubano i Cartaginesi. E quelli che non son cauti, e che non si guardano, anzi che credono; perchè questi tutti si possono facilmente ingiuriare, che non se n'avveggono. E gl'infingardi, perchè gli accurati sono quelli che si risentono. E i vergognosi perchè non son contenziosi circa le cose del guadagno; e quelli che sono stati molte volte offesi, e non si sono mai risentiti; come son quelli dei quali si dice per proverbio: PREDA DE MISII. E quelli che non sono mai stati ingiuriati, e quelli che hanno ricevuto ingiuria assai volte; perchè nè questi, nè quelli si guardano; quelli per non esser mai loro avvenuto d'esser offesi; questi pensando che le ingiurie sian finite. E quelli che sono imputati, e sospetti d'altri delitti, e che facilmente si possono imputare; perchè questi tali non pigliano partito di comparire in giudizio, per paura che hanno de' giudici; né anco li possono persuadere per esser odiati e invidiati da loro; e quelli sogliamo offendere, contra i quali abbiamo qualche appicco di farlo, per avere o essi o i maggiori o gli amici loro ingiuriato, o veramente avuto in animo d'ingiuriare o noi o i maggiori o gli amici nostri; perciocchè come dice il proverbio: DI SCUSA HA SOLAMENTE BISOGNO LA MALIGNITÀ. E gli amici e gl'inimici ancora s'offendono; perchè l'ingiuriar gli amici è facile, e i nemici è dolce. Si nuoce a quelli che son privi d'amicizie. E a quelli che non sanno nè dir, nè fare; perciocchè o non tentano risentirsi, o facilmente si riconciliano, o non conducono mai cosa che disegnano. Fassi torto facilmente a coloro ai quali non mette conto di consumare il tempo dietro alle liti, o d'aspettar la sentenza o l'esecuzion d'essa, come sono i forestieri ed i poveri operai; avvenga che tali per poca cosa si levano da partito, e facilmente s'acquetano. Sono offesi coloro che son soliti molte volte d'offender altri, o che hanno fatto ingiurie simili; perciocchè ne par quasi un non ingiuriare, quando facciamo altrui di quelle ingiurie, che essi son soliti di fare; come sarebbe che uno usato a far degli oltraggi, s'abbattesse in uno che rompesse il capo a lui. Si sogliono ancora offender quelli, i quali, o ci hanno fatto male, o ce n'hanno voluto fare o ce ne fanno, o son per farcene; perciocchè è dolce ed onesta cosa di farne a loro, e par quasi che non sia ingiuria. S'ingiuriano alcuni per far piacere agli amici, o a quelli che abbiamo in ammirazione, o de' quali siamo innamorati, o a quelli che ci son padroni. E in somma a quelli da chi la vita e la speranza nostra dipende; o che noi pensiamo di trovar benigni e discreti verso di noi. Ci deliberiamo ancora d'offender coloro, co' quali ci siamo già rammaricati, e siamo venuti a rottura; come fece Calippo nel caso di Dione; perchè ancora in questo modo è come non si facesse ingiuria; e quelli ci risolviamo d'opprimere, che sarebbono nondimeno oppressi dagli altri, non avendo più consiglio nè modo alcuno di scampare. Una simil cosa si dice d'Enesidemo che mandò l'onoranza de' vasi Cottavj a Gelone occupator di Gela; perciocchè l'avea prevenuto, avendo ancor esso animo d'occuparla. Ingiuriamo ancora qualcuno, quando da quella ingiuria ne segue di poter fare molte cose giuste, quasi sperando di rimediar facilmente al torto che abbiamo fatto. Questo è secondo la sentenza di Jason Tessalo, il qual diceva, ch'era forza talora di fare un poco di male per poter fare assai bene. E in quelle cose ci assicuriamo di fare ingiuria, nelle quali tutti, o molti sono soliti d'ingiuriare; perciocchè speriamo di conseguirne perdono. E in quelle che facilmente s'occultano, che sono quelle che presto si consumano come cose da mangiare, o che agevolmente si trasformano di figura, o si mutano di colore, o che confondano per mescolanza, o che in molti luoghi si possono facilmente nascondere; della guisa che sono quelle che agevolmente si portano, e in ogni poco di loco s'appiattano; e quelle, delle quali si trovano prima appresso all'ingiuriatore molte e simili, e che non si riconoscono per alcuna particolar differenza dall'altre. Fannosi talvolta di quelle offese, che chi le riceve si vergogna di pubblicarle; come sarebbe qualche scorno che ne fosse fatto nelle donne proprie, o nelle persone nostre, o de' nostri figliuoli. Se ne fanno ancora di quelle, che a volersene risentire, l'uomo è tenuto questionevole e fastidioso, per esser cose leggiere, e da perdonarle facilmente. E questo è quasi quel che si può dire, circa come son fatti quelli che ingiuriano, e quelli che sono ingiuriati; e in che cose, e perchè si fanno l'ingiurie.