VIENE ancora dichiarato a chi, e di che si porta invidia, e come sian fatti gl'invidiosi. Essendo che l'invidia sia un certo dispiacere che noi sentiamo di qualche prosperità, che ne paia di vedere in quelli che son simili a noi, intorno a quei beni che si son detti di sopra; non perchè ne venga alcun danno o comodo a noi, ma perchè ci dispiaccia del ben loro. Perciocchè invidiosi saranno quelli, a cui certi sono, o paiono eguali. Ed eguali chiamo di nazione, di parentato, d'età, di sapere, di riputazione e di sostanze. Avranno invidia ancora quelli, ai quali manca poco che non abbiano ogni cosa. E per questo sono invidiosi coloro che si travagliano in grandi imprese, e che riescono loro felicemente. Perciocchè si credono che tutto quello che gli altri hanno di bene, si scemi del loro. E quelli sono invidiosi, che in qualche cosa sono onorati sopra gli altri, e specialmente nella sapienza e nella felicità. E gli ambiziosi hanno più invidia che quelli che non sono ambiziosi, e quelli che vogliono esser riputati savi; perciocchè sono ambiziosi nella sapienza; ed universalmente tutti che cercano d'esser riputati in qual si voglia cosa: circa la medesima sono invidiosi; ed i pusillanimi hanno invidia, perchè par loro ogni cosa grande. I beni circa i quali siamo invidiosi si sono già detti; perciocchè l'invidia consiste quasi circa tutte quell'opere e in quelle cose, nelle quali vogliamo esser riputati dagli altri onorati, gloriati, e circa quelle cose che son tenute per ventura. E di queste specialmente in quelle che noi desideriamo, o che pensiamo che ci bisognino, o delle quali possediamo poco più o poco meno degli altri. E così vien dichiarato ancora a chi si porta invidia. Conciossiachè dicendosi di queste cose, e di quelli che invidiano, s'è detto insiememente degl'invidiati. Perciocchè invidiamo quelli che ci son propinqui di tempo, di luogo, d'età e di gloria. Onde è venuto il proverbio: l'invidia vien da presso. E quelli invidiamo, co' quali contendiamo d'onore; e d'onore contendiamo con quelli che abbiamo già detto; ma con quelli che sono stati già mill'anni, o che hanno ad essere, o che son morti, non è veruno che contenda, nè manco con quelli che abitano alle colonne d'Ercole, nè con quelli a chi secondo noi, ed anco secondo gli altri, pensiamo di gran lunga essere a dietro; nè con quelli che di molto avanziamo. E questo avviene così delle persone, come delle cose; e conciossiachè questo contender d'onore sia coi concorrenti e coi rivali; è necessario che questi tali infra di loro si portino maggiormente invidia. E però fu detto:
La 'nvidia è fra gli artefici.
E quelli che difficilmente, o non mai conseguiscono i lor desideri, portano invidia a coloro che prestamente gli adempiono. Invidiamo quelli che se posseggono, o conducono a perfezione una cosa, ne torna vituperio a noi; perciocchè ancora questi ci sono propinqui e simili: perchè si vede manifestamente, che comparati a loro, noi non conseguiamo quel ch'essi conseguono. Il che facendone rincrescimento, ne muove anco invidia. Siamo invidiosi di quelli, i quali hanno, o posseggono quel che si converrebbe avere a noi, o che abbiamo avuto per prima. E per questa cagione i vecchi hanno invidia ai giovini. Invidiamo ancora coloro che con poca spesa conseguono il medesimo, che noi con molta. Da quel che s'è detto viene ancor dichiarato di che, e sopra di chi questi medesimi s'allegrano, e come essi son fatti; perciocchè quando s'allegrano sono disposti al contrario di quando si dolgono. Onde che se noi condurremo i padroni del giudizio in quella disposizione, nella qual sono gl'invidiosi e i maligni; e se quelli che domandano compassione, o che si conceda loro qualche cosa, saranno di quelli che abbiamo detto, che sono sottoposti alla malignità ed all'invidie, è chiaro che non sarà loro avuta misericordia.