CAPITOLO XI.

DI qui si fa manifesto come son fatti quelli che fanno a gara, e in che, e con chi si gareggia. Perciocchè se la gara è un certo dispiacere che ci pigliamo quando coloro, che di natura son simili a noi, hanno, o ci par che abbiano di quei beni onorevoli, che ancora noi potremmo conseguire; non perchè gli abbiano quei tali, ma perchè non gli abbiamo ancora noi (che per questo la gara è cosa buona, e cade negli uomini buoni: e l'invidia cosa cattiva, e vien ne' cattivi uomini; avvenga che il buono per gara s'industria di conseguire il bene per lui: ed il cattivo per invidia d'impedire che non l'abbia il prossimo), è necessario che quelli che gareggiano siano coloro che si reputano degni de' beni che non hanno; perchè nessuno cerca di quelli che se gli mostrano impossibili; e per questo è che i giovani e i magnanimi son tali, e coloro che hanno di que' beni che si convengono a uomini onorevoli. I quali beni sono le ricchezze, i favori, l'amicizie, i principati, e gli altri simili; perciocchè questi tali come quelli a chi si convenga d'esser buoni; convenendosi questi tali beni ai buoni gareggiano per acquistarli. E quelli che sono riputati degni dagli altri; e quelli gli antichi, o i parenti, o il casato , o la gente, o la patria de' quali sono onorevoli, cercano a gara gli onor loro: perchè li tengono per cose lor proprie: ed essi se ne reputano degni. Dei beni, se gli onorevoli son quelli che ci mettono in gara, è necessario, che ancora le virtù ci facciano gareggiare; e quei beni che sono utili agli altri, ed atti a far benefizio; perciocchè onoriamo i benefattori e i buoni, e quelli dei quali il prossimo ha godimento, come le ricchezze e la bellezza, più che la sanità. Di qui vien dichiarato ancora con chi pigliamo a gareggiare; perciocchè sono quelli che posseggono questi, e simili beni, quali son quelli che abbiamo detti, come la fortezza, la sapienza, il principato (perciocchè i principi possono far bene a molti), i capitani, gli oratori, e tutti gli altri che sono di simil possanza; e coloro a chi desiderano d'esser molti, simili, o molti conosciuti, o molti amici; o che da molti sono ammirati; o veramente che sono ammirati da noi. E quelli che sono lodati e celebrati dagli scrittori, o poeti, o prosatori che siano. Questi sono con chi gareggiamo. Ed i lor contrarj sono quelli che noi dispregiamo; perciocchè il dispregio è l'opposito della gara; e il gareggiare del dispregiare. Ed è necessario che questi così fatti che pigliano, o che son presi in gara, siano dispregiatori di coloro i quali hanno i mali contrarj a' beni che si cercano a gara. E per questo dispregiamo spesse volte gli uomini fortunati, quando la lor buona fortuna sia senza i beni onorevoli. Ed in fino ad ora abbiamo detto di che si fanno le passioni, e con chi si tolgono via; dalle quali cose vengono le persuasioni; dopo questo veniamo a dire de' vezzi, o delle nature degli uomini, quali sono secondo le passioni, gli abiti, l'età e le fortune, o condizioni loro.

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