DELLA sentenza (detto che avremo quel ch'ella sia) si vedrà chiarissimamente di che materia, in che tempo, ed a quali persone si conviene usare nelle orazioni il dir sentenziosamente; è dunque la sentenza un detto, ma non di cosa particolare (come sarebbe a dire, che persona sia Ificrate), ma di materia universale: e non d'ogni universale (come se si dicesse che il dritto è contrario al torto); ma di quegli universali, ne' quali consistono le azioni degli uomini; e che in esse azioni sono da seguire, o da fuggire. E conciossiachè gli entimemi siano sillogismi quasi di questa tal materia; ne segue, che così le conclusioni d'essi entimemi, come i principj, toltone via il sillogismo, sono sentenze, come dire :
Non è saggio colui
Ch'a saper più degli altri i figli invìa.
Questa è una sentenza. Se vi s'aggiunge poi la cagione, e il perchè, sarà un entimema intero, si come dicendo:
Perchè volge i lor studi a dar la vita
In preda a l'ozio, ed all'invidia altrui;
ed anco questo:
Non è compitamente alcun felice;
e quest'altro:
Uomo non vede il sol libero in terra.
Questo così detto, è sentenza. Ma soggiungendo appresso:
Ch'altri a sè stesso, altri a fortuna è servo,
sarà entimema. Or se la sentenza è quello che s'è detto, è necessario che di quattro sorti sentenze si trovino; perciocchè o saranno con l'aggiunta, o senza l'aggiunta. Quelle sentenze hanno bisogno d'esser provate con l'aggiunta, che dicono qualche cosa meravigliosa, e della quale diversi, diversamente credono. Ma quelle che non dicono se non cose piane e credute da tutti, si proferiscono senza aggiunta. E di queste è necessario che alcuni non abbiano bisogno, perchè dicono quel ch'era già noto per prima, come questo. Lo star sano (secondo me) è la miglior cosa che l'uomo possa avere; e non ha bisogno di ragione, perchè così pare ancora a ognuno. Alcune altre, a chi ci guarda son chiare mentre che si dicono, come questa:
Ogn'amante sempre ama.
Di quelle che hanno l'aggiunta alcune sono parte dell'entimema, come quella di sopra,
Non è saggio colui, ec.
Ed alcune hanno la natura dell'entimema; e nondimeno non sono parte d'esso; e sono quelle nelle quali si vede incorporata la cagione di quel che si dice, come qui:
Non dee tener mortale immortal ira.
Perciocchè dire che l'uomo non deve tenere ira immortale, è sentenza. Quell'aggiunto poi, essendo mortale: dice la ragione perchè. Simile a questo è quest'altro:
Cura sian d'un mortal cose mortali;
E non l'eterne a chi mortale è nato.
E da questo che s'è detto è manifesto di quante sorti sentenze si trovano, ed a quali cose ciascuna s'accomodi. Perciocchè le dubbie e le meravigliose non si debbono far senza aggiunta. Ma o veramente mettendo l'aggiunta innanzi, s'usa la sentenza per conclusione, come se uno dicesse; Io perchè giudico, che non sia bene d'essere invidiato, nè d'essere ozioso, dico che non fa mestiero d'imparar le scienze. O vero mettendo prima la sentenza, di quel dinanzi dipoi. Ma nelle cose che non sono meravigliose, ma sì ben dubbie, le sentenze vanno col perchè, tutte in un groppo. Si possono accomodare ancora per sentenze certi detti laconici, e certi motti a guisa d'enigma, come se si dicesse quel che disse Stesicoro ai Locresi. Che non era bene che fossero ingiuriosi, perchè le cicale non cantassero lor di terra. Il dir sentenziosamente sta bene agli uomini attempati: ma di quelle cose però, delle quali ciascuno si trova essere esperto; perchè il pronunziar delle sentenze, si disdice a quelli che non sono d'una certa età, nel medesimo modo che il favoleggiare. E quelli che si mettono a sentenziare di quelle cose che non sanno per esperienza, o sciocchi, o ignoranti convien che siano. E per segno di ciò, vi basti di vedere, che i contadini sono gran formatori, e pronti dicitori di sentenze. Pronunziare in universale quel che si verifica solo in particolare; si conviene specialmente nel commovere a misericordia e a sdegno; e in queste si può fare, o nel principio, o dopo che la cosa s'è provata. Delle sentenze, quando ci sono utili si debbono usare ancora quelle che sono divulgate e comuni; perchè l'esser comuni le fa parer buone, per esser come approvate da tutti; siccome volendo confortare a mettersi in un pericolo, senza attendere che gli augurj sieno propizi, dire:
Combatter per la patria, e per sè stesso,
Felice augurio;
ed a quelli che sono inferiori agli avversarj, dir, che
Marte è comune.
Ed a voler che non paja cosa malfatta d'uccidere ancora i figliuoli de' nemici per innocenti che siano, pronunziare:
Non è saggio colui, ch'ucciso il padre,
Perdona ai figli.
Certi proverbi sono ancora sentenze, come quello che dice:
Compar di Puglia.
Si ponno dir le sentenze ancora al contrario di quelle che corrono volgarmente; e volgari chiamo, come dire: Conosci te stesso. Nulla di soverchio. E questo quando si può far parer colui che le dice di miglior costume, o veramente quando si dice con passione. E con passione intendo, come se uno in collera dicesse. Falso è quel detto, che bisogni conoscer sè stesso; perchè se costui si fosse conosciuto, non avrebbe mai domandato d'esser capitano. Il costume migliora quando si dice cosi: Che non si deve secondo quel detto amare, come se si avesse a odiare; anzi odiare, come se si avesse ad amare. E in questo bisogna che le parole sian tali, che mostrino apertamente, che così sentino nell'animo. Quando no, fa di mestieri che vi s'aggiunga la cagione, dicendo, o veramente in questo modo: Che si conviene amare, non come si dice, presupponendo di poter talvolta odiare, ma con intenzione di dover sempre amare; perchè altramente sarebbe cosa da traditore; o veramente in quest'altro modo: A me non soddisfa quel che si dice, che l'uomo debbe amare, come se fosse a qualche tempo per avere in odio; avvengachè un vero amico deve amare con animo di dover amar sempre. Nè manco mi piace quell'altro: Nulla di soverchio, perchè si convien pure odiar di soverchio gli uomini cattivi. Danno le sentenze una gran forza all'orazione in una parte, perchè toccano gli auditori dove più si compiacciono del lor giudizio. Perciocchè s'allegrano quando uno dicendo universalmente qualche cosa, s'abbatte a darne le opinioni, che sono appartatamente loro. E qui dichiarandovi questo ch'io dico, verrò insieme a mostrarvi il modo di pescar le sentenze. La sentenza (come dicemmo di sopra) è un detto universale; e gli auditori hanno piacere di sentir dire universalmente quel che essi tenevano prima per opinion particolare. Come sarebbe uno che si trova mal soddisfatto de' vicini, o de' figliuoli, s'allegra quando s'abbatte a sentire, che non c'è la peggior pratica che del vicinato, o che non si può far il più pazzo acquisto che de' figliuoli. Onde che bisogna prima andare in qualche modo odorando quali sieno per avventura le impressioni di ciascuno: e poi sopra quelle formar le sentenze in universale. Questa dunque è una comodità, che si cava dalle sentenze. Eccone un'altra migliore, che s'accompagna col costume, perciocchè quel parlare ha seco il costume che scuopre la elezion del dicitore; e questo fanno tutte le sentenze; perchè colui che le forma, pronunzia quel che gli par che si debba tener per bene in universale. Onde che se le sentenze saranno buone, di buoni costumi faranno parer colui che le dice. Abbiamo già dichiarato della sentenza quel ch'ella sia: di quante sorti sentenze si trovano: come si debbano usare, e la forza ch'elle hanno.