E perchè avviene che l'uno è veramente sillogismo, e l'altro non è, ma par che sia; è necessario ancora che uno sia veramente entimema, e l'altro che paia e non sia: già che s'è detto che l'entimema è un certo sillogismo. Ora di quelli entimemi che paiono, e non sono, i luoghi son questi. Il primo consiste nell'inganno delle parole. E di questo una parte è (come nella facoltà dialettica) quando senza aver prima provato, si viene a concludere e a dire: adunque non è questo nè questo; adunque è necessario che sia questo e questo; e dir anco con certi entimemi stravolti, e di termini contrarj, pare entimema, e non è; per esser questo modo di dire in luogo d'entimema; e le cavilazioni che si fanno in questo modo si può dir che siano dalla figura del parlare. È anco di qualche giovamento a parer di provare, l'accozzare insieme i capi di molti sillogismi. Come dicendo: egli salvò questi, vendicò quegli altri, liberò la Grecia: ciascuno de' quali capi sarà già provato per gli altri. Tuttavolta rimettendosi insieme, par che si faccia ancora d'essi un non so che. L'altra parte di questo inganno delle parole, consiste nell'equivocazione, come a dire che Mys, che significa il sorcio, fosse degno di lode, perchè da lui son dette le più onorate feste di tutte, che sono i misteri. O se qualcuno per celebrare il cane, pigliasse a dire insieme del can celeste, o veramente del Dio Pane; perche disse Pindaro:
O beato,
Che da beati fosti il vario cane
Della gran Dea chiamato.
O veramente dire, disonorevol cosa sia di non aver cane alcuno. E che per questo il cane sia cosa onorevole; ovvero volendo lodar Mercurio di libertà, chiamarlo χοινωνιχόν, che vuol dir comunicativo e liberale; perchè fra tutti gli Dii, solo Mercurio si chiama χοινὀς, che vuol dir comune infra loro e gli uomini; o come se si dicesse che onorevolissima cosa sia λογὀς, perchè gli uomini dabbene sono λογὀυ, e non di danari degni; ma l'esser degno λογὀυ, non s'intende solamente in un modo. L'altro luogo è di separare le cose composte, o di compor le separate; perciocchè parendo ciò molte volte una cosa medesima, e non essendo, bisogna fare una delle due, secondo meglio ci torna; e questo modo di parlare è d'Eutidemo; e l'esempio d'esso sarà questo. Tu sai la galera, tu sai lo stare in porto: adunque sai la galera stare in porto; e così, tu conosci le lettere di questa verso; adunque tu intendi il verso, essendo le lettere e il verso una cosa medesima; e quell'altro che dice: se due volte tanto è nocivo; dunque una volta tanto non sarà sano; perchè non può stare insieme, che di due parti buone ne risulti il tutto cattivo. Questa ragione così detta fa l'argomento confutativo. Ma detta a quest'altra guisa, poichè non è che una volta tanto sia bene, e due volte tanto sia male, lo fa confermativo. Ma tutto il luogo insieme è sofistico. Così quello che disse Policrate di Trasibolo, che avesse spenti trenta tiranni, avendo estinta una tirannide sola, che era di trenta: dove l'inganno consiste nella composizione. L'esempio di quel che viene dalla divisione, è nell'Oreste di Teodetto, dove a provare che giustamente avesse uccisa la madre gli fa dire: giusta cosa è, che chi fa morir il marito, muoia ancor essa. E giusta cosa è che il figliuolo vendichi il padre; e questo è quel che s'è fatto, dice Oreste; perciocchè componendo queste cose insieme, non sarebbe forse più giusto. Si potrebbe anco riferire a quell'altra spezie d'inganno, che si dice mancamento; perciocchè ci manca per mano di chi. L'altro luogo sta nell'aggravamento della cosa, o di si, o di no, che si dica; e questo è quando innanzi che si provi il fatto, si ringrandisce, perciocchè quando viene aggravato dal reo, fa parer che non sia fatto. Quando l'aggrava, e se ne riscalda l'accusatore, mostra che sia fatto. Ma non è però che sia entimema; perchè l'auditore ne viene ingannato, non essendo concluso, nè che sia fatto, nè che non sia fatto. L'altro è quello che procede dal segno, che nè anco questo conclude. Come se uno dicesse che gli amori sono utili alle città; perchè l'amor d'Armodio e d'Aristogitone distrusse la tirannide d'Ipparco; o come se si dicesse, che Dionisio è ladro, perchè è cattivo. Che ancora questo non prova; perchè non ogni cattivo è ladro, ma sì bene ogni ladro è cattivo. L'altro vien dall'accidente, come dice Policrate de' sorci, che si doveano onorare per l'aiuto che aveano dato incontro a' nemici a roder loro le corde degli archi; o come se uno dicesse, che l'esser chiamato a convito è cosa onoratissima, perchè Achille per non esservi chiamato in Tenedo, s'adirò con i Greci. Ma egli s'adirò, perchè si tenne disonorato da loro. E ciò si abbatte ad essere in questo, che non fu chiamato a convito. L'altro da quel che ne segue; come si dice nell'orazione di Paride, che egli fu magnanimo, perchè fuggendo la conversazion di molti, si stava solitariamente in Ida; avvegna che essendo i magnanimi persone così ritirate, poichè Paride fu tale, par che si debba tener per magnanimo ancor esso; e perchè veste attillato e va di notte, è adultero, per esser gli adulteri tali; e similmente dir che i poveri sono fortunati, essendo lor lecito cantare e ballar nel tempio. Ed i fuorusciti per poter abitar dovunque vogliono; perchè potendo i fortunati far di queste cose, quelli che le possono fare paiono ancor tali: ma la differenza sta nel come lo possono fare. E però si riduce questo luogo a quel del mancamento. L'altro è dal porre per cagione quello che non è cagione, come sarebbe a dire: che la cosa sia fatta insieme con questo, o dopo questo; perciocchè pigliano con questo invece di per questo; e ciò fanno spezialmente quelli che si travagliano ne' maneggi delle Repubbliche. Secondo questo luogo disse Demade che il reggimento di Demostene fu cagion d'ogni male, perchè dopo quello seguì la guerra. L'altro consiste nel mancamento del quando e del come. Diciamo per esempio che Paride non fece ingiuria a rapir Elena; perchè Tindaro suo padre le avea data libertà di maritarsi a suo modo. Sì, prima che fosse maritata forse, ma non per sempre; perchè il padre n'era signore solamente fino alla prima volta. O come se uno dicesse che si fa ingiuria a batter gli uomini liberi. Si, ma non in tutti i modi, ma solamente quando chi batte fa prima ingiustizia; e siccome nelle dispute contenziose si forma un sillogismo apparente dell'esser una cosa assolutamente, a non esser assoluta, ma secondo una qualche parte, nel modo che dialetticamente disputando si suol dire: che quel che non è, sia, perchè quel che non è, è una cosa che non è; e come si dice che si può sapere la cosa incognita, perchè l'incognito è quello che si sa, che non si può sapere. Così nella rettorica si forma un entimema apparente dall'esser non assolutamente verisimile, ma in un certo modo. E questo è quel verisimile che non è universale, come dice anco Agatone:
Altri dirà, che verisimil sia
Avvenir cosa agli uomini sovente,
Che verisimilmente non devria;
perciocchè si suol far talvolta quel che non è verisimile. Onde che verisimile viene ad essere ancora quel ch'è fuor del verisimile; e se questo è, sarà che una cosa non verisimile, sia verisimile. Si, ma non assolutamente; e come nelle contese dialettiche si fa fraude quando non vi s'aggiunga in che, a rispetto di che, e infino a che: così nella rettorica s'inganna, mettendo per verisimile assoluto quel che solamente è verisimile, con qualcuna di queste circostanze. E sopra questo luogo solo è fondata tutta l'arte di Corace. Onde che per questa via uno accusato d'aver battuto un altro, se ragionevolmente non se ne può sospettare, essendo debole, si può difender con dire che non è verisimile che l'abbia potuto battere; e se ragionevolmente se ne può sospettare, essendo gagliardo, si difenderà pur con dire, che non è verisimile che l'abbia battuto, perchè dovea pensare, che verisimilmente questa sospizion d'averlo fatto sarebbe caduta in lui; e così medesimamente nell'altre cose. Perciocchè è necessario che se ne possa, o non se ne possa sospettar ragionevolmente. Onde si vede che l'una cosa e l'altra si può far verisimile. Ma l'inganno consiste in questo, che l'una è verisimile assolutamente, e l'altra non assolutamente, ma (come s'è detto) in una certa parte; e questo è quel che dicono i sofisti, far migliore la ragion peggiore. Onde che ragionevolmente dispiaceva agli uomini la professione di Protagora, perciocchè è falsa e non vera; ma è bene un'apparente sorte di verisimile; e non si trova in verun'arte, salvo che nella rettorica e nella sofistica. Abbiamo già detto degli entimemi, così di quelli che sono, come di quelli che paiono. Resta ora che continuiamo a dire delle soluzioni.