CAPITOLO IX.

LA elocuzione è necessario che sia distesa a dilungo tutta d'un pezzo, come sono le tirate de' ditirambi, o veramente ripiegata, come le ritornate degli antichi poeti. La distesa è quella che si soleva fare anticamente, come è fatta quella che comincia: Questa è la storia d'Erodoto Turio. Che di quella sorte s'usava da prima per ognuno, ma ora non s'usa da molti; e chiamo distesa quella, che per sè stessa non ha fine alcuno, finchè non si finisce la materia di che si ragiona; e questa non ha dolcezza, perchè corre senza ritegno; avvengachè in ogni cosa ognuno si vorrebbe vedere innanzi il suo riposo. E per questo i corridori quando sono alle rivolte battono i fianchi, e quasi che s'abbandonano; perciocchè antivedendo la meta non durano prima tanta fatica, perchè si veggono il termine innanzi. E questa è l'elocuzione distesa. La ripiegata è quella che consiste ne' periodi. E chiamo periodo un gruppo di parole insieme, che per sè medesimo ha il suo principio e la sua fine; e si distende tanto, che si può facilmente capire. Questo modo di parlare è dolce, ed agevolmente s'imprende. Dolce, perchè gli avviene il contrario che all'altro, che non è terminato; e perchè l'auditore pensa sempre d'aver qualche cosa in mano, essendo che tuttavia se gli va rappresentando un certo che di terminato; come per lo contrario ha del fastidioso quando non vi si antivede nè il senso nè il fine. S'apprende facilmente, perchè si riduce bene a memoria. E questo perchè il parlar che consiste ne' periodi, è numeroso; ed il numero si rammemora più che niun'altra cosa; e per questo è che tutti ci ricordiamo più de' versi che della prosa, perciocchè col numero si misurano i versi. Ma bisogna che il periodo sia compito ancora quanto al concetto, e che dividendolo non si possa tirare ad altro sentimento, come i jambici di Sofocle.

Καλυδών μέν ̦ ηδελαϊαπελωπείας Χϑνος;

perciocchè secondo le diverse distinzioni, diverso e contrario senso se gli può dare, come in queste parole allegate, che puntandole altramente si può cavar da loro, che Calidone fosse nella Morea, il che non è. Sono di due sorti periodi, uno composto di membri, l'altro semplice, o schietto che lo vogliamo chiamare. Il fatto de' membri è quello, che avendo un suo corso intero, è però diviso da più spazj, e con un fiato facilmente si pronunzia; e questa facilità s'intende che sia non solamente dall'uno spazio all'altro, come nel sopraddetto periodo, ma quanto dura tutto insieme. E membro diremo che sia una di queste sue parti. Semplice chiamo quello ch'è tutto un membro solo. Ma così i membri come i periodi convien che siano nè troppo concisi nè troppo lunghi. Perciocchè il corto fa che l'auditore si va spesse volte intoppando; e questo avviene, perchè quando uno s'ha proposto nell'animo di correr a dilungo sino a un certo temine, se vi si trova esser giunto prima che non s'era immaginato, necessariamente convien che si ritiri, come s'avesse urtato in cosa che lo ributtasse. Dall'altro canto il lungo fa che si trapassi l'intenzion dell'auditore, come de' medesimi che si rivoltano intorno alla meta, quelli che vanno di fuora trapassano quelli che girano insieme con loro. Oltre che i periodi quando sono così lunghi, diventano orazione della sorte che di sopra abbiamo detto, che sono quelle alla distesa. E di qui viene il motto di Democrito Chio contra Menalippide, il quale in vece di fare i suoi periodi con le rivolte, li faceva tutti alla distesa. Onde de' versi di Esiodo, che sono di questo senso:

Fa noja a sè, chi nojar altri intende,

E 'l mal consiglio il consiglier offende.

Egli valendosi del primo come stava, e mutando il secondo a suo proposito soggiunse:

E 'l dir disteso il dicitor offende:

Perciocchè il detto contra ai mal consiglieri, torna a proposito ancora contra i mal dicitori, che fanno i membri troppo lunghi. Nè anco quelli che hanno i lor membri troppo corti sono giusti periodi. Onde che per gli spessi interrompimenti che vi si trovano, gli auditori vanno come incespitando per essi.

Il parlar che si fa di membri è di due maniere, o spartito o contrapposto. Spartito sarà come dire: Io mi sono più volte meravigliato di coloro che sono stati autori del concorso a questa solennità, ed inventori di celebrar questi giuochi. Contrapposto, quando nè l'uno e nè l'altro membro, o il contrario risponde al contrario, o una parola medesima serve a legar due contrarj insieme; come per esempio. Hanno giovato, e a coloro che sono restati i casa, e a coloro che sono andati con essi. A questi, perchè hanno lor fatto acquistare più che non possedevano; a quelli, perchè hanno lasciato lor da godere abbastanza; perchè allo star in casa è contrario l'andar con essi, e all'avere abbastanza è contrario l'acquisto del più. Così s'è soddisfatto e a quelli che aspirano ad acquistare, e a quelli che hanno piacer di godere; dove l'acquisto è opposto al godimento; e questo ancora avviene che in queste azioni i savj possono molte volte esser mal fortunati, e i pazzi aver buona fortuna. Allora fu dato loro il premio che si conviene a' valentuomini, e poco di poi si presero l'imperio del mare. Per lo continente passò con le navi, e per la marina a piedi. L'Ellesponto congiunse con la terra, e l'Ato divise col mare. Essendo cittadini per natura, che siano privati della città per legge. Altri miseramente perirono, altri vituperosamente scamparono. Privatamente vogliamo i Barbari a nostro servigio, e pubblicamente non ci curiamo, che molti de' nostri confederati servano a loro. O vivendo acquistare, o morendo lasciare. E quel che disse in giudizio un certo contra Pitolao e Licofrone. Costoro mentre erano in casa vendevano voi, e ora venendo qui sono stati comprati essi. Tutti questi esempi fanno quella opposizione che abbiamo detto; la qual sorte di parlare ha in sè dolcezza, sì perchè i contrarj di lor natura sono notissimi, e tanto più quando accozzandosi insieme, l'uno si fa più noto per l'altro; sì ancora perchè s'assomiglia al sillogismo; perciocchè quel sillogismo col qual si contraddice, non è altro che un accozzamento di cose contrarie. E questo modo di dire, contrapponimento si chiama. Evvi ancora il parpari, il quale è quando i membri sono eguali. Evvi la conformità, che si fa quando l'un membro e l'altro si somigliano negli estremi. E questi estremi è forza che s'intendino o nel principio, o nella fine. Nel principio si pongono sempre simili parole. Nella fine, o simili sillabe di diverse parole, o diverse cadenze d'una parola medesima, o essa parola stessa un'altra volta replicata Gli esempi delle parole nel principio saranno questi. Pensioni a me non già; passioni mi dette egli sì bene;

Raro fu di valor, chiaro di sangue.

Esempi della simiglianza delle sillabe nella fine saranno quest'altri. In sì fatta maniera in ordine si metterebbe, che la prima volta ch'ivi tornasse via la menerebbe. Come i falli meritan punizione, così i benefizj meritan guiderdone. La variazion della cadenza nella medesima parola sarà come dire: Vuol far del giulio, e non vale un giulio. Con la parola stessa si farà in questo modo: Mentre era vivo ne dicevi male, ed or ch'è morto ne scrivi male. La somiglianza in una sillaba sarà tale: Come l'hai conosciuto, se non l'hai praticato? E suole avvenire che in un medesimo parlare s'accozzano insieme tutte queste cose, e la contrapposizione, e lo parpari, e la simil cadenza. E dei capi principali de' periodi s'è reso conto quasi abbastanza nella Rettorica a Teodette. E quanto ai contrapponimenti si deve avvertire che se ne fanno ancora de' falsi; come quel d'Epicarmo, quando disse: O che stava io con loro, o con loro stava io.

Share on Twitter Share on Facebook