CAPITOLO XIII.

DUE sono le parti del parlare; perciocchè le cose delle quali si parla, necessariamente si propongono e si dimostrano. Onde non è possibile che chi propone non dimostri, e che chi dimostra non proponga; perciocchè chi dimostra, qualche cosa bisogna che dimostri; e chi propone, che proponga per dimostrare. Di queste due parti, l'una si chiama proposizione, l'altra si dice prova. E la medesima distinzione sarebbe quasi a dire, che l'una fosse questione e l'altra dimostrazione. La divisione che fanno ora costoro è da ridere; perciocchè la narrazione appartiene in un certo modo solamente al giudiziale. E come può essere che il dimostrativo e il deliberativo abbia quella narrazione che essi dicono? O la confutazione delle cose addotte dall'avversario? O l'epilogo del genere dimostrativo? Nè anco il proemio, nè la collazione, nè la replicazione accadono sempre nel deliberativo: ma solamente quando c'è chi contraddica; perciocchè spesse volte ci intervengono ancor l'accusazione e la difensione; ma non come parti del deliberativo. Nè anco l'epilogo si ricerca sempre nel giudiziale, come quando c'è poco da dire; o che la cosa è facile a tenere a mente; perciocchè d'una lunga orazione si può ben levare una parte per l'epilogo, ma non già d'una corta. Concludo adunque che le parti necessarie sono due, la proposizione e la prova. Queste due dico son proprie; ma le più che possono essere sono quattro. Il prologo, la proposizione, la prova e l'epilogo; perciocchè quello che fa contra l'avversario è tutto compreso nelle prove. E la collazione è un ampliamento delle cose nostre. Onde che viene ad essere come una certa parte delle prove. Perchè colui che fa la collazione dimostra pur qualche cosa. Il che non fa il proemio nè l'epilogo, i quali servono solamente per ammonire, e per ridurre a memoria. Onde che facendosi oltre a queste altre divisioni, come si fanno, secondo la scuola di Teodoro, altro verrebbe ad eeser la narrazione, altro l'antinarrazione, ed altro la sopranarrazione. E così diversa la riprensione dalla soprariprensione. Ma quelli che pongono i nomi alle cose, bisogna che mostrino che siano prima le spezie di quelle cose, e le differenze d'esse; perchè quando non siano, vanamente son nominate da loro, ed impertinentemente. Come fa Licinio nella sua arte, nominando di nuovo la corroborazione, la digressione e i rami.

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