CAPITOLO XV.

E quanto alla calunnia, un modo per discolpare sarà questo, di valerci di quelle ragioni che son buone a tôr la mala impressione, perchè le medesime son buone a tôr l'imputazione; avvengachè dall'esser detto mal di noi da qualcuno, all'esser creduto senza che si dica, non ci sia punto di differenza. Onde segue che questo luogo è universale. L'altro modo d'opporsegli, come si fa nelle controversie con dire: o che non è vero quel che si dice, o che non è nocivo o che non nuoce a quel tale, o che non sia tanto gran cosa, o che non sia cosa ingiusta, o pur che non sia grande ingiustizia, che non sia cosa brutta, o che vi sia poca bruttezza; perciocchè in queste cose tali consistono le controversie; come Ificrate contra Nausicrate il quale confessa d'aver fatto quel che gli oppone e d'avergli anco nociuto, ma non già d'averlo ingiuriato. O se pure non si può negare d'avere ingiuriato, si mette a riscontro un'altra cosa che sia per ricompensa dell'ingiuria, come dire, se ti ho fatto danno, è stato per farti onore. Se t'ho fatto dispiacere, lo feci per farti utile. L'altro modo sarà d'attribuirlo ad errore, o d'imputarne la fortuna, o la necessità, come fece Sofocle: Io tremo, non per parer vecchio come son calunniato, ma perchè sono d'ottanta anni a mio dispetto. Mettesi ancora a rincontro di quel che s'è fatto quel che fu cagione che si facesse; cioè, che l'intenzione non fu di nuocere, ma di far questa cosa, e non quella che s'oppone, e che il male ch'è seguito è stato per disgrazia; e che allora si meriterebbe d'essere odiato e perseguitato, quando ciò fosse fatto con disegno, che n'avvenisse quel male che n'avvenne. L'altro sarà di vedere, se il calunniatore si trova, o s'è trovato altre volte impaniato nel medesimo peccato esso, o qualcuno de' suoi. L'altro, se la medesima calunnia cade sopra altre persone, le quali non si accettino per colpevoli; come dire, se fosse tenuto per adultero un che andasse polito, sarebbe dunque adultero questo e quell'altro che vanno politi. L'altro è se colui che calunniate, ha calunniato altri, o se altri han calunniato lui. O senza calunnia s'è sospettato, come ora di costui, e d'altri, che poi si son trovati innocenti. L'altro è di calunniare a rincontro il calunniatore; perciocchè se egli non è degno di fede, non è ragionevole che si creda alle sue parole. L'altro è quando si dica, che già la cosa è stata giudicata; come Euripide contra Igienonte in quel giudizio, che da' Greci era chiamato Antidosi, che accusandolo d'empietà con dire che egli induceva la gente a spergiurare, poichè scusava lo spergiuro con quel verso:

Con la lingua ho giurato e non col core;

gli rispose, che gli faceva torto a chiamarlo a giudizio di corte, di quel che s'avea solamente a giudicare nelle solennità di Bacco, innanzi al quale n'avea reso conto; ed era per renderne di nuovo, pur che quivi fosse convenuto. L'altro è di dir contra la calunnia, e quanto sia gran male, e spezialmente dir questo: che si fa per divertire il giudizio della causa principale, e per attaccar nuove dispute, non si fidando della sua ragione. Luogo comune all'accusatore ed all'accusato è di venire alle congetture, come nella tragedia di Teucro. Ulisse dice contra di lui che favoriva la parte di Priamo; perciocchè Esione madre di Teucro era sorella di Priamo. Dall'altro canto Teucro dà per congettura, che gli fosse contrario perchè Telamone suo padre era nemico di Priamo, e che egli non avea rivelate le spie che furono mandate a Troja. L'altro è proprio di chi calunnia; e questo è di lodar assai una cosa piccola per vituperare a dilungo; o di lodar come alla sfuggita i fatti grandi, o veramente avendo prima detto di molto bene, fermarsi a dire un male che faccia per la causa. Questo artifizio sogliono usar quelli che sono astutissimi ed ingiustissimi, i quali cercan di nuocer col bene, mescolandolo col male. Comune ancora al calunniatore, e a quel che si difende dalla calunnia è quest'altro luogo: quando un fatto può venire da più cagioni, che chi calunnia l'attribuisca alla peggiore, e chi difende alla migliore. Come per esempio, che Diomede mandato per riconoscere il campo de' nemici, scegliesse di tutti i Greci Ulisse per suo compagno. Il difensor direbbe, che fu perchè lo giudicò miglior di tutti. Il calunniatore, per lo contrario, perchè essendo riputato per vile, non gli potesse far concorrenza nella laude che s'acquistava di quella fazione; e della calunnia s'è detto abbastanza.

Share on Twitter Share on Facebook