Capo Nono

Critica della filosofia platonica

1. - Si lascino ormai da parte i Pitagorei : basti [P. 989 A. 34] questo di loro.

Quanto a quelli che ammettono per cause le idee, in primo luogo, mentre cercano di appurare le cause degli enti di quaggiù, ne introducono altrettanti di nuovi; come se uno, volendo sommare, si figurasse, che con poche cifre non le potrebbe sommare, ma aggiungendovi delle altre, le sommerebbe. Le specie, in fatti sono quasi altrettante o non meno di quelle cose, le cui cause ricercando, si elevarono dalle cose stesse alle specie. Ciascuna cosa ha la sua equivoca: tanto fuori dell'essenze, quanto per l'altre entità c'è un'unità superiore a molte, così per queste cose di quaggiù come per l'eterne (T) .

2. - Inoltre, le specie non ci si fanno scorgere per via di nessuno di quegli argomenti co' quali mostriamo che ci sono.

In alcuni non si raccoglie per forza quella conclusione , da altri vengon fuori specie anche di cose, delle quali non ne ammettiamo.

Di fatto, dietro le ragioni cavate dalle scienze, ci dovrà essere specie d'ogni cosa di cui ci sia scienza : anzi, dietro l'argomento dell'uno superiore a' molti, anche negazioni ; e dietro l'altro che si pensa qualcosa, dopo che s'è corrotta, anche de' corruttibili: giacchè s'ha un'immagine anche di questi .

Degli altri ragionamenti poi più rigorosi riescono parte a introdurre idee anche de' relativi de' quali diciamo che non ci sia genere, parte al terzo uomo.

3. - E tutti poi insieme questi argomenti delle specie scalzano quelle tesi, la di cui verità preme agli assertori delle specie più che l'esistenza stessa delle specie: di fatto, ne risulta che non sia prima la diade, ma il numero , e l' a qualcosa (il relativo) preceda il per sè (l'assoluto), e tutte quelle conclusioni colle quali alcuni, sviluppano le dottrine dell'idee, ne contrastarono i principii.

4. - Inoltre, a norma di quel pregiudizio che ci fa ammettere le idee, ci dovranno essere specie non solo dell'essenze, ma parecchie altre cose: di fatto, l'intellezione unica non ha solamente luogo per le essenze, ma anche per altre cose, e le scienze non trattano solamente dell'essenze, ma anche d'altro, d'infinite altre induzioni simili. D'altra parte, non solo la necessità, ma la dottrina stessa delle idee richiede, che, poichè sono partecipabili le specie, ci siano idee di sole [l']essenze: giacchè i sensibili, di certo, non ne partecipano per accidente, anzi bisogna che ciascuna idea sia partecipata solo in tanto, in quanto l'ha qualità di soggetto. Vaglio dire, se qualcosa partecipa del doppio per sè, partecipa bensì anche dell'eterno, ma per accidente, essendo codesta eternità un accidente del doppio (U) .

5. - Di maniera che saranno essenze le specie: dunque, gli stessi nomi indicheranno essenza [p. 991 A.] quaggiù e lassù; o che varrebbe il dire, che e' ci sia qualcosa oltre a' sensibili, l'uno su' molti? .

6. - E se le idee, e le cose partecipanti appartengono ad una stessa specie, quel lor chesisia di comune anch'esso sarà: di fatto, perchè mai sopra le diadi corrottibili, e le matematiche molte, ma eterne, ci dovrebb'essere un uno ed indentico, la diade, e sopra questa e un qualunque due sensibile non ci sarebbe? . Se, invece, la specie non è la stessa, sarebbero equivoche, e varrebbe come chiamar uomo Callia e il legno; senza averci visto, di sicuro, niente di comune .

7. - Ma sopratutto, non si saprebbe vedere, cosa mai facciano le specie a' sensibili, sia eterni, sia soggetti a generazione e corruzione, quando nè son loro cause di nessun movimento e mutazione, nè giovano punto alla scienza delle altre cose (giacchè non ne sono essenza; altrimenti, sarebbero in esse): nè per ultimo all'essere, poichè pure non esistono dentro a' loro partecipanti.

8. - Forse potrebbe parere che siano cause nella maniera che il bianco mescolato è causa del bianco; se non che questo concetto, che espresse Anassagora per il primo, e poi Eudosso e certi altri, crolla con una strappata: che è facile d'ammassargli contro obbiezioni molte ed ab assurdo .

9. - Le altre cose, dunque, non possono essere per via delle specie proprio in nessuno di quei modi che s'usa dire.

E dire che le sono esemplari e l'altre cose ne partecipano, è un parlare in aria, e far metafore poetiche: quale sarà mai quest'operante che riguarda all'idee?

10. - Qualunque cosa, poi, può ed essere e venir simile a qualunque altra, senza essere ritratta a sua immagine: di maniera che ci essendo e non ci essendo Socrate, potrebbe uno venir come Socrate. Nè fa divario che il Socrate sia eterno (V) .

11. - E ci sarà poi parecchi esemplari e perciò specie del medesimo: l'uomo, verbigrazia, avrà per esemplari l' animale e il bipede, ed, insieme, anche l'uomo per sè .

12. - E per giunta, ci saranno esemplari non solo delle cose sensibili, le specie; ma ancora delle stesse idee. Il genere, verbigrazia, sarà esemplare in quanto genere, delle specie sue; di maniera che una cosa stessa sarà a un tempo esemplare ed immagine .

13. - Di più, pare davvero impossibile, [B.] che l'essenza stia in disparte da ciò di cui è essenza: come mai dunque, le idee, che son pure essenze delle cose, ne starebbero in disparte?

14. - E pure nel Fedone si dice, che le specie son cause e dell'essere e del generarsi ; quantunque, da una parte, anche essendoci le specie, non perciò si generano le cose che ne partecipano se non ci sia il movente, e dall'altra, parecchie altre cose si generano, una casa, per esempio, ed un anello, delle quali non diciamo che ci sia specie: di maniera ch'è manifesto, che potrebbero anche quelle altre cose ed essere e generarsi per cause conformi a quelle, per cui si generano le ultime allegate.

15. - Inoltre se le specie son numeri, come saranno mai cause?

Forse, per via, che gli enti sono parimenti de' numeri, e un tal numero, per esempio, è uomo, un tal altro Socrate, e un tal altro Callia? E perchè mai quelli son cagione a questi? Di certo, che gli uni siano eterni, gli altri no, non ci fa nulla .

Se invece per via che queste cose di quaggiù sono, come un accordo, proporzioni di numeri, allora, di sicuro, ci dovrà pur essere qualcosa che sia il soggetto delle proporzioni. Ora, se questo qualcosa di soggetto, se la materia c'è, i numeri stessi saranno anche loro proporzioni di cosa diversa con diversa. Voglio dire, se Callia è proporzione in numeri di fuoco e terra ed acqua ed aria, anche l'idea-numero sarà proporzione di parecchie materie diverse; e l ' uomo per sè, faccia poi o non faccia un numero, sarà sempre proporzione in numeri, e non numero per essenza. Non ci saranno dunque numeri di sorta (X) .

16. - Di più, di molti numeri si fa un numero; ma come di molte specie una specie?

17. - Direte che il numero unico, il diecimila per esempio, si compone cogli elementi del numero? Ebbene, che relazione avranno le monadi? .

Che se son della stessa specie verran fuori di molti assurdi ; e punto meno se non sono della stessa specie, e si fan diverse tanto l'una dall'altra: giacchè in che mai differirebbero, impassibili come sono? . Son davvero concetti nè plausibili nè coerenti.

18. - Aggiungi ch'è necessario di ammannire un altro genere di numero, che sia l'oggetto dell'aritmetica e di tutte quelle entità, che taluni chiamano le intermedie: ora, come e da quali principii saranno; o perchè saranno intermedie tra le cose di qui e le idee? (Y) .

19. - Ancora, le monadi contenute nella diade verranno ciascuna da una diade anteriore : che [P. 922 A.] è impossibile .

20. - Ancora, come mai tutto il numero insieme sarebbe uno ? .

21. - Aggiungi al detto finora, che se le monadi sono differenti, si doveva tenere il linguaggio di coloro i quali ammettono quattro o due elementi: di fatto, tutti questi non fanno elemento il comune, ma il fuoco o la terra, abbiano o no qualcosa di comune, il corpo. Ora, invece si parla come se l'Uno fosse un composto similare, a modo d'acqua o di fuoco; ma se così, i numeri non saranno essenze. Se non si tocca con mano, che se c'è un uno per sè ed è principio, l' uno s'intende in più maniere, sarebbe impossibile altrimenti .

22. - Quando poi vogliamo ridurre l'essenza a' principii, facciamo le lunghezze dal lungo e corto (una forma del piccolo e grande), e la superficie dal largo e stretto, e il corpo dall' alto e basso .

Quantunque, a questo modo come mai potrebbe avere o la superficie una linea, o il solido una linea ed una superficie? Di fatto, altro genere è il largo e stretto, ed altro l'alto e basso. Perciò come il numero non sta in questi perchè il molto e poco è genere diverso da loro, così, evidentemente, verun altro de' generi superiori non starà mai negl'inferiori . Nè si può dire che il largo sia genere del profondo: il corpo, in tal caso, sarebbe una superficie .

23. - Oltre di ciò, di che mai si faranno e donde vi si introdurranno i punti? Con questi punti, Platone talora s'acciuffava, come essendo un domma geometrico, e chiamandogli ora principii di linea, ora e spesso le linee insecabili. Comunque sia, è più necessario, che un termine l'abbiano: di maniera che con la stessa ragione che c'è linea, c'è punto.

24. - Ma in somma, la filosofia cerca la causa delle cose che si percepiscono: o noi abbiamo messo questo da canto (di fatto non diciamo nulla della causa donde viene il mutamento), e figurandoci d'esprimere l'essenza di quelle cose, diciamo bensì che ci sia dell'altre essenze, ma della maniera nella quale quest'altre siano essenze di quelle, ce ne sbrighiamo con una parola vôta: giacchè il partecipare, e', s'è già detto, non è nulla. E nè anche con quello che vediamo esser causa delle scienze e per cui ogni intelletto ed ogni natura opera, nè anche con questa causa, che pure s'afferma che sia uno de' principii , le specie hanno nulla che fare. Purtroppo, le matematiche son diventate la filosofia per i moderni, quantunque protestino, che non si devono studiare se non in grazia delle altre scienze.

25. - Oltre di che, si direbbe che l'essenza soggiacente [B.] in qualità di materia abbia del matematico, e si predichi e sia piuttosto una differenza dell'essenza e della materia che non una materia: la differenza, voglio dire, del grande e piccolo, appunto come i fisiologi introducono il rado e il denso, affermando che queste sieno le differenze del soggiacente: di fatto, sono un soverchio ed un difetto .

26. - E il movimento? Se del grande e piccolo si farà il movimento, si dovranno, di certo, muovere le specie: e se no, donde è venuto mai? Giacchè ne va lo studio stesso e per intero della natura .

27. - Una cosa ancora che pare facile a dimostrare, che tutte le cose ne facciano una, non riesce. In fatti, mediante la loro estrinsecazione (Z) non diventano tutte le cose una sola, ma, quando non si neghi lor nulla, si trova solamente un certo uno per sè: e neppur questo, se non si conceda loro che ogni universale sia genere: il che, in parecchi casi, non si può .

28. - E neppure delle lunghezze e delle superficie e de' solidi che allogano dopo i numeri, sanno render nessuna ragione nè del come sono o potranno essere, nè del valore che abbiano. In fatti, non possono essere nè le specie (giacchè non son numeri), nè gl'intermedii (giacchè questi sono entità matematiche), nè i corruttibili; perciò questo genere di cose parrebbe un altro diverso, un quarto genere .

29. - In somma, cercare gli elementi degli enti, i quali pure si dicono in più sensi, senza distinguerli, è un non volerli trovare, soprattutto quando appunto si cerchi da quali elementi risultino. Di certo, non c'è verso d'appurare da quali elementi risulti il fare ed il patire o il diritto, ma, se pure, si può di sole l'essenze: di maniera che non è il vero, che degli enti tutti si cerchi o si creda di avere gli elementi .

30. - E come si potrebbe mai imparare gli elementi di tutte le cose? Di fatto, è evidente, ch'e' si dovrebbe poter essere già stato avanti senza conoscer nulla. Giacchè chi impara sia geometria, sia qualunque altra disciplina, può già sapere altre cose, senza che pure preconosca nessuna di quelle, che quella scienza tratta e che sta per dovere imparare. Di maniera, che se ci fosse, come alcuni dicono, una scienza di tutte le cose, quello che l'impara dovrebbe essere stato un tratto senza conoscer nulla. Eppure non s'impara, senza che o tutte o alcune proposizioni non siano precognite; sia che si proceda per dimostrazione, sia per definizioni (giacchè bisogna che si preconoscano i termini, da' quali risulta la definizione), sia, parimente, per induzione. Che se poi questa scienza ci fosse innata per avventura, gran cosa davvero, che non [p.993 A.] ci accorgessimo di avere la più eccellente di tutte.

31. - Di più, come si potrà conoscere di che siano gli enti, e come sarà mai chiaro ? C'è il suo nodo anche qui, potrebbe quistionarsene, come d'alcune sillabe: alcuni, per esempio, dicono che lo za si componga dell' s , del d, e dell' a , alcuni ne fanno un suono diverso, e punto uno dei noti.

32. - Inoltre, le cose, che sono sensibili, come si potrebbe conoscerle senza averne la sensazione? Eppure di certo, si dovrebbe, se sono appunto quelli (AA) gli elementi da cui, come le sillabe composte da' loro, si deriva ogni cosa.

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