Capo Ottavo

Esame delle filosofie esposte

1. - Ora, tutti quelli, che fanno uno il tutto, ammettendo, come materia, una certa natura unica, [p. 988 B.25] e questa corporea e avente grandezza, sbagliano visibilmente di più maniere.

2. - Di fatto, danno gli elementi de' soli corpi e non delle cose incorporee; e pure ci sono le incorporee.

3. - E volendo pur dire le cause implicate nella corruzione e generazione, e fisiologizzando pure di ogni cosa, fanno senza del principio del movimento.

4. - Aggiungete quel non far l'essenza nè il che è causa di nulla; e quel chiamare principio così leggiermente uno qualunque dei corpi semplici, dalla terra in fuori, senza avere atteso alla maniera in cui il fuoco, l'acqua, la terra e l'aere si generano gli uni dagli altri; si generano, in fatti, reciprocamente, talora per via di riunimento, talora di disunimento. Che è un punto di grandissimo momento nel giudizio di anteriorità o posteriorità: giacchè, sotto una veduta, dovrebbe parere il più elementare di tutti quello da cui prima si generano per via di riunimento; che dovrebb'essere il corpo [p. 989 .A] a particelle più piccole e più sottile. Onde quanti ammettono il fuoco per principio, parlerebbero nel modo più conforme a questo concetto. E gli altri, in fondo, convengono tutti, che così doveva essere l'elemento dei corpi. Fra i posteriori almeno , nessuno, di quelli che n'ammettono uno solo, ci vorrebbe concedere che la terra sia quest'elemento; di sicuro, per la grandezza delle sue parti. Dove ciascuno degli altri tre elementi ha avuto un partigiano; chi ha dato il fuoco, chi l'acqua, chi l'aere per codesto elemento primo. Eppure, perchè non darci anche la terra, conforme all'opinione degli uomini: di fatto, dicono che tutto sia terra? Ed anche Esiodo dice, che la terra sia stata il primo de' corpi: tanto antica e popolare si trovava essere questa opinione.

5. - Ora, se è quello il concetto dell'elemento primo, o ch'e' si metta in sua veste un altro di questi elementi che non sia il fuoco, o ch'e' si faccia più denso dell'aere e più rado dell'acqua, si sbaglierebbe sempre. Se invece quello che è posteriore nella generazione è anteriore nella natura e il concetto e composto è nella generazione posteriore, sarebbe vero appunto il contrario; l'acqua prima dell'aere, la terra prima dell'acqua.

6. - E questo ci basti di coloro, i quali pongono quella sola causa che dicevamo: torna al medesimo se uno ammetta più di questi elementi, come Empedocle, che dice che la materia sia quattro corpi. Gliene risultano parte le stesse, parte delle nuove difficoltà. Noi, di fatto, li vediamo generarsi gli uni dagli altri, appunto come se non durasse mai fuoco o terra il medesimo corpo: del che s'è discorso ne' libri della natura .

7. - E neppure della causa dei moti, s'e' se ne deva ammettere una o due, bisogna credere ch'egli discorra d'una maniera affatto giusta e plausibile. Oltre di ciò, a quelli che parlano come Empedocle, è necessario di levar di mezzo ogni alterazione: giacchè il caldo non potrà venire dal freddo nè il freddo dal caldo. Quale, in effetto, sarebbe mai il soggetto di essi contrarii, e quale sarebbe mai quell'unica natura che diventi o fuoco o acqua? Nol dice, lui.

8. - Ad Anassagora, chi gli apponesse due elementi, gliel'apporrebbe soprattutto dietro ragioni, che lui, davvero, non ha formulate, ma che dovrebbe per forza concedere a chi gliele inferisse.

9. - È, in vero, assurdo di dire che tutto fosse mischiato a principio, e per altre ragioni e perchè [B.] ne risulta, che tutto preesistesse distinto, e perchè ogni qualunque cosa non è fatta per mescolarsi con qualunque altra, ed oltre di questo, perchè la modificazione e gli accidenti potrebbero star separati dall'essenza; giacchè delle cose di cui ha luogo mescolamento, può aver luogo anche separazione. Pure se uno gli tien dietro, combinando quello che egli intende dire, forse la sua dottrina ne piglierebbe un aspetto più moderno.

10. - Giacchè quando non c'era nulla distinto, non si poteva, di quell'essenza, dir nulla di vero; vo' dire, verbigrazia, che non era bianca nè nera, nè bruna nè d'altro colore, ma discolore necessariamente; e altrimenti, uno di questi colori l'avrebbe pure avuto. E insipida parimenti e in somma sprovvista, dietro lo stesso ragionamento, d'ogni simile proprietà; giacchè nè quale è possibile ch'essa fosse nè quanta chè . Altrimenti, le inerirebbe qualcuna di quelle specie che si predicano una per volta: che è impossibile, quando son pure mischiate tutte dall'intelletto in fuori, e questo solo stia immisto e puro.

11. - Adunque dietro queste induzioni, gli vengon fuori come principii l' Uno, (perchè questo è semplice ed immisto) e l' Altro, conforme a quel nostro indeterminato prima che sia determinato e partecipi d'una specie. Di maniera che non si esprime, è vero, nè giusto nè chiaro; pure vuole ad un dipresso il medesimo de' più recenti, e s'accorda quasi colle opinioni più ricevute oggigiorno (S.)

12. - Tutti questi filosofi, non pertanto, hanno discorsi appropriati solo alla generazione, alla corruzione e al movimento; cercano, infatti, poco meno che solo i principii e le cause d'un'essenza adatta a questo. Ma quegli invece, che allargano la loro speculazione su tutti gli esseri, ed ammettono degli enti sensibili e de' non sensibili, rivolgono, visibilmente, le loro meditazioni ad ambedue i generi; e perciò uno conversa con loro di miglior grado, ed attende più a quello che dicano di buono e non buono nello studio dei punti in discussione.

13. - Appunto i nominati Pitagorei adoperano le cause e gli elementi con una veduta più trascendente de' fisiologi. E ciò perchè gli attinsero dal non sensibile: le entità matematiche, in fatti, fuori di quelle che concernono l'astronomia , sono senza movimento. Non ostante, non discutono nè trattano mai altro, che la natura: generano il cielo, osservano quello che accade nelle sue parti e modificazioni e fasi, e i principii e le cause esauriscono [p. 990 A.] in simili cose, quasi convenissero con gli altri fisiologi, che non c'è altro ente, che questo sensibile e contenuto nel così detto cielo. Pure, come dicevamo, son cause e principii i loro, capaci di trascendere anche ad enti più elevati, e che, anzi, si confanno più a questi, che non a' ragionamenti sulla natura.

14. - Ma neppure dicono poi nè punto nè poco, di che maniera, con soli il fine e l'infinito e il pari e il dispari per sostrati, ci potrà essere movimento; o come sia possibile che senza movimento e mutazione succedano generazione e corruzione, o le fasi de' corpi giranti per il cielo.

15. - Oltre di ciò, o che si conceda loro che la grandezza risulti da questi principii, o ch'e' sia dimostrato, pure, come mai ci saranno de' corpi leggeri o de' gravi? Giacchè co' principii che suppongono ed ammettono, non discorrono di corpi punto più sensibili che matematici. E perciò del fuoco e della terra o d'altro simile corpo non parlarono mica; come quelli, m'avviso io, che non avevano una dottrina appropriata a' sensibili.

16. - Inoltre, come si farà ad intendere, che le modificazioni del numero sono cagione d'ogni cosa, che sia mai stata o sia, che si sia mai generata o si generi dentro del cielo, e che pure non ci sia altro numero, fuori di questo del quale l'universo stesso è costituito? Quando, in fatti, allogano in un posto l'opinione e l'opportunità, e poco più su o più giù l'ingiustizia e la giustizia o il mescolamento, e danno per prova che ciascuna di queste cose è un numero, e che accade che in un luogo ci sia una moltitudine di grandezze riunite, appunto perchè queste modificazioni del numero s'aumentano a seconda dell'allontanarsi dei luoghi, s'ha ad intendere, che quello stesso numero, che è nel cielo, sia ciascuna di queste cose, o che è un altro? Platone, di certo, dice un altro : benchè ancor egli creda che sieno numeri e codeste cose e le lor cagioni: ma queste numeri intelligibili, quelle sensibili.

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