Capo Quinto

Continuazione - Filosofia pitagorea ed eleatica
Causa specifica.

1. - A' tempi di costoro e prima, i così detti [P. 985 B.23] Pitagorei, essendosi applicati alle matematiche, le buttarono fuori, loro per i primi. Allevati in esse, pensarono, che i lor principii fossero principii di tutti gli esseri.

2. - I numeri, in effetto, sono di lor natura primi tra gli esseri, e ne' numeri più che nel fuoco e nella terra e nell'acqua parve loro di scorgere di molte simiglianze colle cose che sono e che si generano, essendo giustizia una tal modificazione de' numeri, anima o mente una tal altra, un'altra opportunità, e così, in una parola, ogni altra cosa. Oltre di che, nei numeri ravvisavano le modificazioni e le proporzioni dell'armonia: e poichè d'altronde tutta la natura mostrava d'essere fatta a immagine de' numeri e i numeri d'essere primi in [p. 986 A.] tutta la natura, pensarono che gli elementi dei numeri fossero elementi di tutti gli esseri, e tutto l'universo un'armonia e un numero. E tutte quelle concordanze che potessero indicare, de' numeri colle modificazioni e colle parti e con tutto l'ordinamento dell'universo, le raccolsero e combinarono.

3. - Perciò, dove punto mancassero, si arrabattavano, per avere una teorica tutta piena e serrata. Per esempio, perchè la decade pare che sia qualcosa di perfetto e comprendere in sè tutta la natura dei numeri, affermano che ci sia appunto dieci corpi giranti per l'universo; e poichè se ne veggono soli nove, ne fanno loro un decimo, la contraterra.

4. - Queste materie si sono discusse altrove con più diligenza . Qui ci si ritorna, per ricavare anche da costoro, che principii ammettano, e come ricadano nelle cause soprascritte. Di certo, anche costoro mostrano di credere che il numero sia principio e come materia agli esseri e insieme come lor modificazioni ed abiti: e che del numero siano elementi il pari ed il dispari, finito questo, infinito quello; e l' Uno risulti da ambedue questi, essendo e pari e dispari insieme; ed il numero proceda dall' Uno; e siano i numeri, come s'è detto, tutto l'universo.

5. - Certi altri, della stessa scuola, professano, che i principii son dieci, enunciati a coelementi :

Fine ed infinito,

Dispari e pari,

Uno e pluralità,

Destro e sinistro,

Maschio e femmina,

Quieto e mosso,

Retto e curvo;

Luce e tenebra;

Bene e male,

Quadrato e quadrilatero disuguale.

6. - E questa pare essere stata opinione anche di Alcmeone il Crotoniate, e o lui da questi, o questi da lui averla presa a prestito. Alcmeone, in effetto, fu a' tempi di Pitagora vecchio, e tenne una dottrina conforme a' questi ultimi. Giacchè dice, che la più parte delle cose umane sono a due, recitando delle contrarietà, non, come questi, determinate, ma a caso: bianco nero, per esempio, dolce amaro, bene male, piccolo grande. Costui dunque, le affastellò tutte, queste con l'altre, senza determinarle: i Pitagorei dichiararono quali e [B.] quanti fossero i contrarii. Perciò da ambedue insieme queste fonti si può cavare soltanto, che i principii degli enti siano contrarii; ma quanti siano e quali da una sola. Ma neppure i Pitagorei li notomizzano così chiaramente, ch'e' si possa vedere in che modo rientrino sotto alle quattro cause (M) . E' pare solo che di quegli elementi facciano la causa in forma di materia: perchè dicono che da questi come inerenti ed intrinseci, si costituisca e si plastichi l'essenza.

7. - Il pensiero, adunque, di quegli antichi, che ammettevano più elementi della natura, si può abbastanza riconoscere da questi sistemi. Ma c'è degli altri i quali dell'universo parlarono, come d'una natura unica; però non tutti, nè per il merito nè per la determinazione di questa natura, alla stessa maniera. Il ragionare di loro non appartiene al presente esame delle cause: giacchè e' non dicono come alcuni dei naturalisti, i quali, supponendo pure che l'ente sia uno, generano non pertanto dall'uno come da materia: questi, difatti, aggiungono il movimento, dovendo pure generare il tutto, dove quelli fanno l'ente immobile. Pure quel tanto che segue, ci pare, di certo, appropriata al presente esame.

8. - Parmenide, pare che abbia colto l' Uno secondo il concetto; Melisso, invece, l' Uno secondo la materia: e perciò il primo lo fa finito, il secondo infinito.

9. - Senofane, che ha unizzato prima di costoro, (giacchè gli si dà Parmenide per discepolo) non ha schiarito nulla, nè pare che abbia colto nè l'uno nè l'altro di codesti Uni, ma dato uno sguardo all'insieme dell'universo, Iddio dice, è l'Uno.

10. - Costoro dunque, diciamo noi, si devono, nella presente ricerca, metter da parte; due affatto, come un po' rozzi, Senofane e Melisso: in quanto a Parmenide, par davvero, che parli più oculatamente. Non ammettendo, in effetto, che ci sia punto del non-essere accosto all' essere , di necessità deve credere, che l'ente sia uno e non ci sia altro; del che abbiamo discorso più chiaramente ne' libri della natura : ma costretto, d'altra parte, a tener dietro a' fenomeni e credendo, che, secondo la ragione, ci sia l'uno, ma, secondo il senso, i più, pone due altre cause e due altri principii, il caldo e il freddo, come dicesse fuoco e terra; dei quali reca l'uno, il caldo, all'ente, l'altro al non ente. [p. 987 A.]

11. - Dunque, dalle cose discorse e da' savii già convitati a questo ragionamento, abbiamo raccolto quel tanto che segue: da' primi un principio corporeo, (giacchè acqua, fuoco e simili cose son corpi), e dagli uni un solo, da altri più principii corporei, dagli uni non pertanto e dagli altri in forma di materia, se non che da alcuni, oltre tal causa, è stata posta quell'altra di dove è il movimento, e questa da certi unica, da certi altri doppia.

12. - Fino dunque agli Italici, esclusive, gli altri filosofi ragionarono alquanto rimessamente, e sugli stessi punti (N) ; da questo in fuori, che come dicemmo, alcuni si trovano aver adoperate due cause, e una d'esse averla fatta certi unica, certi doppia, la causa, vo' dire, del movimento. I Pitagorei, invece, fecero bensì parimenti due le cause , ma con questa giunta, che è propria loro, che non pensarono, che il finito e l'infinito e l'uno fossero dell'altre nature, come a dir fuoco o terra o simil altra cosa, ma che l'infinito stesso e l'uno stesso fossero essenza delle cose di cui si predicano: e perciò, l'essenza d'ogni cosa sia numero.

13. - Questa sentenza portarono su questi punti, e intorno al che è cominciarono, è vero, a discorrere e definire, ma lo trattarono troppo leggermente. Giacchè definivano superficialmente, e quello in cui primo si trovasse la definizione data, stimano che forse l'essenza della cosa: come se uno tenesse per il medesimo il doppio e la dualità, perchè il doppio si trova prima nel due. Ma forse non è il medesimo d'esser doppio e dualità: altrimenti l'uno sarà molti : conclusione appunto, nella quale cascavano.

Niente altro che questo si può raccogliere dai più antichi e da' loro successori.

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