Capo Secondo

Concetto specifico e definizione della filosofia
[p. 982 A.4]

1. - Poichè, dunque, cerchiamo una scienza di questa sorta, ci bisogna vedere, di quali cause e di quali principii la sapienza sia scienza. Forse, se uno scorresse le nozioni che s'hanno del sapiente, ne potrebbe venir meglio in chiaro.

2. - In primo luogo, si suol tenere che il sapiente conosca ogni cosa; come però è possibile, non già che abbia scienza di tutte, una per una. Sapiente ancora, chi può conoscere le cose malagevoli, le non facili a conoscersi dall'uomo (giacchè il sentire è comune a tutti, perciò facile e punto sapienza). Inoltre, chi è più preciso e più atto ad insegnare per via di cause, ci pare che sia più sapiente in una scienza qualunque. E che tra le scienze sia sapienza quella che si faccia presciegliere più per sè e per il fine della cognizione, che per riguardo a' suoi frutti. E che la scienza padrona sia sapienza più della serva, non dovendo il sapiente essere comandato, ma comandare, nè ubbidire lui a un altro, ma a lui chi sa meno.

3. - Tali adunque e tante sono le nozioni che si sogliono avere della sapienza e de' sapienti. Ora, tra queste, il sapere ogni cosa deve di necessità ritrovarsi in chi ha in sommo grado la scienza universale; giacchè questo, sotto un aspetto, saprà tutti i particolari soggetti. Poi, appunto gli universali supremi sono forse le cose più malagevoli ad essere conosciute dagli uomini; stanno, infatti, discostissimo dalle sensazioni. Sono, per giunta, le più precise tra le scienze quelle che più trattano dei primi: di fatto, le scienze, che risultano di meno elementi sono più precise di quelle, che richiedono qualche dato di più; più l'aritmetica, per esempio, della geometria . E di certo poi, la scienza più atta ad insegnare è quella che specula sulle cagioni; perchè insegna appunto quegli i quali dicono le cause di ciascuna cosa. E il conoscere per conoscere si trova soprattutto nella scienza di ciò ch'è conoscibile sommamente. Chi, in effetti, predilige il conoscere per sè, dovrà, di certo, prediligere il più la scienza più scienza: che è quella appunto del sommamente conoscibile: ora; sommamente conoscibili sono i primi e le cause; giacchè mediante loro e da loro si conoscono i particolari soggetti, e non loro mediante questi. E la scienza più padrona fra tutte, quella, che si può dire padrona e che abbia delle serve, è quella che conosce il perchè ciascheduna cosa si deve fare: e questo perchè è il bene nelle singole cose, e, generalmente, l'ottimo in tutta la natura .

4. - Adunque dietro le cose dette, da ogni parte ricade su una medesima scienza questo nome che s'esamina; è una che deve speculare su' primi principii e cause: giacchè, quanto al bene e al perchè, costituiscono appunto una delle cause.

5. - Risulta poi, non che altro, da quelli che hanno prima filosofato, che la sapienza o filosofia non abbia il fare per fine. La maraviglia, in fatti, è stata cagione, che gli uomini, e ora e prima, cominciassero a filosofare, rimanendo da principio attoniti delle difficoltà più ovvie, e poi progredendo, così a poco a poco, e suscitando via via dei dubbii sempre maggiori, intorno alle condizioni della luna, per esempio, e a quelle del sole e agli astri e alla generazione del tutto. Ora, chi dubita e ammira, gli par di ignorare. E perciò il filosofo, sotto un aspetto, è filomito ; essendo il mito, un complesso di meraviglie. Di maniera che se filosofarono per fuggire l'ignoranza, è chiaro che ricercarono il conoscere per il conoscere, e non per servirsene a qualche uso. Il successo l'attesta. Quando già c'era poco meno che tutto il necessario, e il richiesto al comodo e al ben essere, allora si misero in traccia d'una simile speculazione. Dunque, è fuor di dubbio, che questa scienza non si ricerca per nessun uso fuor di lei; ma come diciamo uomo libero a chi è per sè e non per altrui, così questa sola è libera tra le scienze: essa sola, in fatti, è per sè stessa.

6. - E per questa ancora si potrebbe tenere per cosa più che umana il possederla; giacchè la natura degli uomini, per più capi, è serva; di maniera che, per dirla con Simonide :

Solo di Dio potrebbe essere il fregio,

e l'uomo non deve cercare altro che una scienza proporzionata a lui (A). E se i poeti non parlano a caso, e la divinità è invidiosa di sua natura , dovrà, ragionevolmente, vedersene l'effetto in questo, [P.983 A.] e tutti i meglio dotati essere infelici.

7. - Se non che nè la divinità è invidiosa, e i poeti, dice il proverbio, dicono di molte bugie, nè c'è scienza che si deva apprezzare più di questa nostra. Di fatto, la più divina è la più da apprezzare; ora, in due sole maniere una scienza può essere divina: o essendo posseduta soprattutto da Dio o avendo ad oggetto delle cose divine. Questa nostra sola ha avuto in sorte tutt'e due i privilegi: giacchè e Iddio si novera da tutti tra le cause e si tiene per un principio (B), e una scienza così o sola o sopra a tutte dovrebbe essere posseduta da Dio.

8. - Tutte l'altre servono più di questa, ma nessuna è migliore. Di certo, il possederla ci ha a mettere in uno stato contrario a quello in cui uno si trova a' principii delle ricerche. Giacchè come gli automi, a chi non ha ancora badato alla causa, riescono delle meraviglie (C) , e così tutti cominciano, secondo s'è detto, a meravigliarsi del fatto, sia a proposito delle rivoluzioni del sole, sia dell'incommensurabilità del diametro. Davvero, a chiunque pare meraviglioso, che ci sia qualcosa che col minimo non si misuri; se non che, secondo il proverbio, bisogna riuscire al contrario e al meglio (D): che sarebbe il caso di costoro, dopo imparato; di niente, in fatti, un geometra si stupirebbe più che se il diametro diventasse commesurabile.

9. - Così, s'è detto quale sia la natura della scienza che si cerca, e quale lo scopo che devano raggiungere la ricerca e tutto il trattato.

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