CAPO III.

Quest. II. La scienza dell'ente
È essa stessa la scienza de' primi principii dimostrativi.

1. - S'ha inoltre a dire, se la scienza che tratta de' [1105. A. 19.] così detti in matematica assiomi, faccia o no tutt'uno con quella che tratta dell'essenza.

Ora, è evidente che sì, e che è la scienza appunto del filosofo: di fatto, s'applicano a tutti gli enti, e non solo ad un genere d'enti in particolare, ad esclusione degli altri. E se ne servono tutti perchè appartengono all'ente in quanto ente, e ciascun genere è ente, o se ne servono fin dove fa al loro proposito: che è fin dove s'estende per ciascun quel genere d'ente intorno a cui lavora le sue dimostrazioni. Di maniera che poichè è manifesto, che in tanto si riscontrano in tutti gli enti in quanto sono enti (nè gli enti hanno altro di comune), lo studio loro spetta anch'esso a chi piglia cognizione dell'ente in quanto ente.

2. - Perciò nessuno di quelli che hanno soggetti di studio parziali, non il geometro, non l'aritmetico , s'attentano punto di discorrere, loro, sulla verità o falsità di questi assiomi. Lo fanno bensì certi fisici, e ci si vede la ragione: credono che il soggetto della loro scienza sia l'intera natura e l'ente. Ma poichè ci è chi sta più su del fisico (giacchè la natura non è se non un genere dell'ente), lo studio di tali assiomi spetta a chi medita in universale ed intorno all'essenza prima. Davvero, è una sapienza anch'essa la fisica, ma non prima. E tutte [B.] quelle prove, che alcuni di quelli che parlano della verità degli assiomi, fanno sulla maniera in cui bisogna venirne in chiaro, è l'ignoranza dell'analitica , che gliene fa fare: di fatto, bisogna saperlo già, prima di applicarsi alla fisica, e non cercarla mentre ci si studia (F). È adunque chiaro, che spetta al filosofo, e a chi su tutta l'essenza medita di che modo sia naturata, di considerare, del pari, intorno a' principii sillogistici.

3. - In ogni materia, chi n'ha la più gran cognizione possibile, bisogna dire, che ne possegga i più fermi principii: di maniera che chi conosce l'ente in quanto ente, deve possedere i principii i più fermi. Ora, questo è appunto il filosofo.

4. - Il principio poi il più fermo è quello su cui è impossibile di errare: giacchè bisogna che esso sia a dirittura il più conosciuto (di fatto tutti errano in quelle cose che non conoscono), e non ipotetico . Perchè quel principio, il quale chiunque concepisca un ente qualunque, deve già per forza possedere, non è una ipotesi; anzi, un tale principio, che deve per forza conoscere chi conosca una qualunque cosa, si deve per forza già avere anticipatamente. Ora, che il principio il più fermo deva esser così, è chiaro: quale poi sia, veniamo a dirlo.

5. - L'impossibilità che una stessa cosa stia insieme e non istia in una cosa stessa e secondo lo stesso rispetto (e tutte quelle altre determinazioni che potremmo aggiungere, si tengono per aggiunte a scanso degl'impigli logici , è appunto il più fermo di tutti i principii : di fatto si riscontra colla definizione data. Giacchè è impossibile, che uomo al mondo pensi che lo stesso sia e non sia.

Certi credono che Eraclito lo dica: ma non è poi necessario, le cose che uno dice, che le pensi anche. Davvero, se i contrarii non possono stare insieme nella stessa cosa, (ed anche a questa proposizione ci si diano per aggiunte tutte le determinazioni solite), e nella contradditoria ci sono due giudizii l'uno contrario all'altro, si vede essere impossibile, che lo stesso uomo pensi che la stessa cosa sia o non sia: perchè chi fosse in questo errore, avrebbe a un tempo i due giudizii contrarii . Perciò tutti quelli che dimostrano, riducono a questo principio ultimo: perchè è principio di sua natura, e va avanti a tutti gli assiomi.

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