CAPO IV.

Della maniera di redarguire coloro
che negano il primo principio d'ogni dimostrazione

1. - Pure c'è di quelli, che, come s'è detto, affermano, [1005. B.] che una cosa stessa possa insieme essere e [1006. A.] non essere, e che loro lo pensino. È un discorso che si fa da parecchi anche tra coloro i quali s'occupano della natura. Invece, noi abbiamo assunto per impossibile, che una cosa sia insieme e non sia, e da questa impossibilità ritraemmo che questo sia appunto il più fermo di tutti i principii. Ora, alcuni pretendono che si dimostri loro anche questo; ignoranti davvero: giacchè è pure un'ignoranza a non sapere di quali cose bisogni dimandare la dimostrazione , di quali no. Di fatto, non è possibile che si dia dimostrazione d'ogni cosa a dirittura; s'andrebbe all'infinito; di maniera che neppure così non ci sarebbe la dimostrazione. E se c'è cosa, di cui non bisogna cercare dimostrazione, un principio che pretendano più atto a farne senza, non ce lo saprebbero dire.

2. - Se non che si può dimostrare anche questa impossibilità in via di redarguizione se solamente l'avversario dice qualcosa: che se non dice nulla, è ridicolo di cercare un ragionamento contro a chi non ragiona di nulla, appunto in quello che non ragiona: giacchè un tale in quanto tale, è già simile ad una pianta. Il dimostrare poi, in via redarguitiva, io dico che differisce dal dimostrare; perchè chi dimostrasse lui, parrebbe di commettere una petizione di principio, dove, quando n'è colpa un altro, sarebbe una redarguizione e non una dimostrazione .

3. - In tutti i casi simili, la norma è, non di pretendere che l'avversario dica d'una qualunque cosa o che è o che non è (così l'altro apporrebbe subito la petizione di principio): ma che dia un significato e per sè e per gli altri alle parole: di qui, in fatti, non s'esce, se dice qualcosa. Che se non vuole, non c'è ragionamento che costui possa fare nè da sè a sè nè con altri. E basta che voglia, perchè la dimostrazione ci sia: giacchè ci sarà già qualcosa di determinato. Ma n'avrà colpa non chi la fa, ma chi la subisce: vuole distruggere il ragionamento e ci ha a stare (G).

4. - In primo luogo, è chiaro, che questo, di certo, è vero; che, cioè sia la parola essere sia la parola non essere hanno un certo senso fisso : di maniera che già non ogni cosa può essere e non così.

5. Inoltre, la parola uomo significa una sola cosa: ora, questa cosa sia l' animale bipede. Voglio dire, quell'una cosa equivalga a questo: adunque, se per uomo, quando per uomo s'intenda qualcosa, si intende appunto questo, l' essere uomo varrà appunto dire essere un animale bipede. Nè fa punto divario, se uno dica che significhi più cose, purchè determinate; si darebbe un nome diverso a ciascuna delle nozioni che ci s'intendono: voglio dire, per esempio, se dicesse, che l'uomo non significa una sola, ma più cose, d'una bensì delle quali l'unica nozione sia animale bipede, ma però ce ne siano parecchie altre, quantunque determinate di numero: perchè e' si darebbe a ciascuna nozione un suo nome particolare. Che se non volesse nominare, ma dicesse, che i significati sono infiniti, è evidente che [B.] non ci sarebbe da ragionare: giacchè il non significare qualcosa d'uno equivale a non significar nulla; e se le parole non significano nulla, non può avere più luogo il conversare gli uni cogli altri; anzi, davvero, neppure il conversare con sè stesso: giacchè non può pensare nulla chi non pensa qualcosa d'uno. Che se si potesse, ci sarebbe anche una sola parola per indicare quest'atto.

6. Via, si conceda pure, che, come s'è detto da principio, il nome significhi qualcosa e significhi qualcosa d'unico. Ora, essere uomo non potrà voler dire il medesimo, che non essere uomo, se pure la parola uomo ha un significato unico non solamente perchè si predica d'un soggetto unico, ma perchè ne significa un solo . Giacchè per il significare qualcosa d'unico non vogliamo già intendere l'essere predicato d'una unica cosa: a questo patto, capacità musicale, bianchezza, e uomo significherebbero una sola cosa; di maniera, che tutte le cose ne farebbero una: di fatto, sarebbero univoche. Quando però si distingua, non avrà più luogo che una stessa cosa sia insieme e non sia se non per equivocità, come se quello che noi chiamiamo uomo, altri lo chiamassero non uomo. Ed ora non si dubita già, se lo stesso possa insieme essere e non essere uomo di nome, ma di fatto. Se poi uomo non significa altro da non uomo, si vede che l' essere uomo non sarà neppure diverso dal non essere uomo : di fatto, sarà tutt'uno. Giacchè l'essere tutt'uno vuole appunto dire, che il concetto è unico, come in vestito ed abito. Se, adunque, sarà tutt'uno, significa una sola cosa l'essere uomo e il non essere uomo. Ma s'è mostrato che significa altro. È adunque necessario che l'uomo, s'e' se ne può dire nulla di vero, sia un animale bipede: giacchè questo era il senso della parola uomo. Se poi questo è necessario, non può esso stesso non essere un animale bipede: giacchè essere necessario significa appunto questo, l'impossibilità che non sia uomo. Non può per conseguenza, essere insieme vero di dire che lo stesso sia uomo e non sia uomo.

7. - Il ragionamento è il medesimo anche per il [1007. A.] non essere uomo: giacchè l' essere uomo e il non essere uomo significano, di certo, una diversa cosa, se perfino essere bianco e essere uomo non valgono lo stesso: la opposizione tra' due primi termini è molto più, per dovere significare ciascuno una cosa diversa. Se si vorrà dire invece che il bianco significa un'identica e unica cosa, e noi ripeteremo qui il medesimo che s'è detto avanti, tutte le cose ne faranno una, e non i soli opposti. Se questo poi non può essere, ne risulta quella diversità di significati che s'è detta, quando si risponda alla dimanda.

8. - Che se uno ad una dimanda pura e netta ri-sponde aggiungendo di suo le negazioni, non risponde alla dimanda. Giacchè niente proibisce che lo stesso sia e uomo e bianco e diecimila altre cose: ma però, chi gli si dimanda, se si può dire con verità che l'uomo sia o non sia una tal cosa, ha a rispondere quell'una cosa che significa e non aggiungere, che è anche qualcosa di grande e di bianco. Di fatto, è, non ch'altro, impossibile, gli accidenti, infiniti come sono, di recitargli tutti: o adunque gli reciti tutti o nessuno. E perciò, del pari, quand'anche uomo e non uomo fossero diecimila volte il medesimo, uno a cui si dimanda, se è uomo lui, non ha, rispondendo, ad aggiungere che è anche non uomo, quando non deva anche rispondere quanti altri accidenti può avere o non avere: se poi è obbligato a questo, la conversazione è ita.

9. - In generale, poi, quelli che parlano così, distruggono l'essenza e la quiddità . Perchè sarà loro necessario di dire che ogni cosa sia accidente, e che la nozione stessa dell'uomo o dell'animale non esprima una quiddità. Di fatto, se varrà qualcosa l'avere la quiddità di uomo, non equivarrà di certo ad aver quella di non uomo o a non aver quella di uomo, che ne son pure le negazioni. Giacchè ciò che quello significava, era una cosa sola, e questa cosa sola era l'essenza di qualcosa. Ora, significare l'essenza di una cosa vuol dire che quella tal cosa non abbia punto altro essere. Invece, quando l'avere quiddità di uomo le fosse il medesimo che il non averla o l'aver quella di non uomo, il suo essere sarebbe appunto un altro. Di maniera, che devono per forza dire che non ci sia di nulla una tale nozione, ed ogni cosa sia per accidente: giacchè in questo sta la distinzione d'essere e d'accidente: di fatto la bianchezza è accidente dell'uomo, perchè questi è bensì bianco, ma non però la bianchezza stessa .

10. - Se non che, se ogni cosa si predica per accidente, non ci sarà punto il predicabile primo se è vero, che l'accidente si predica sempre d'un soggetto. Sarà dunque necessario di andare all'infinito.

11. - Ma è impossibile , giacchè degli accidenti [B.] non se n'intrecciano più di due: di fatto, un accidente non è accidente d'un altro accidente, se non perchè l'uno e l'altro accadono ad una stessa cosa. Voglio dire, per esempio; se qualcosa di bianco è abile in musica, e qualcosa d'abile in musica è bianco, amendue queste cose devono essere accidenti dell'uomo. Socrate, invece, non è abile in musica della stessa maniera, di maniera, cioè dire, che Socrate e la sua abilità musicale siano accidenti di qualcos'altro . Dunque poichè tra gli accidenti, certi si dicono a questa, certi a quella maniera, tutti quelli che si predicano come il bianco di Socrate, non possono andare all'infinito in su; al Socrate bianco, per esempio, un altro accidente e così via via: giacchè non si genera qualcosa d'uno da tutti . Anzi al bianco non si può neppure dire che aderisca un qualche altro accidente; l'abilità musicale, per esempio: giacchè non è più accidente questo di quello che quello di questo. Oltre di che s'è distinto che certi accidenti sono a questo modo, certi come a Socrate l'abilità musicale: in questi casi un accidente non è già accidente d'un accidente, bensì in quegli altri: di maniera che sempre non ogni cosa sarebbe predicata per accidente. Ci sarà, dunque, qualcosa che significhi essenza. E se questo è vero, s'è mostrato che è impossibile di predicarne i contradittorii.

12. Oltre di che, è chiaro che se le contraddittorie, dette dello stesso, fossero vere, si farebbe di tutte le cose una sola . Giacchè sarebbero lo stesso e trireme e parete ed uomo, se d'ogni cosa si può affermare o negare qualunque altra. E di qui non s'esce, chi ragioni alla maniera di Protagora. Di fatto, se a uno pare che l'uomo non sia trireme, è chiaro che non è trireme: di guisa che l'è anche, se la contradittoria è vera. E ne vien fuori quello d'Anassagora: ogni cosa insieme : di maniera, che non ci esista nulla davvero. Pare adunque che parlino dell'indeterminato, e figurandosi di parlare dell'ente, parlino del non ente: giacchè quello che è in potenza e non in atto, è l'indeterminato per l'appunto .

13. Anzi, di certo, sono forzati a predicare di ogni cosa qualunque affermazione o negazione : giacchè è assurdo che se a una cosa conviene la negazione di se stessa, non le deva poi convenire la negazione di qualcos'altro che non le convenga davvero. Voglio dire, se, per esempio, è il vero a dire dell'uomo, che sia non uomo, è chiaro, che deve anche essere non trireme. In somma, sia pure, che quando a una cosa compete un'affermazione, le deva anche competere la negazione corrispondente: ma di certo, quando un'affermazione non le convenga, dovrà la negazione corrispondente convenirle anche meglio della propria (L). Se [1008 A] adunque, perfino la propria conviene, converrà anche quella della trireme: e se la negazione, anche l'affermazione .

14. Costì riescono quelli che dicono di queste cose, e a negare insieme che sia necessario di affermare o negare. Giacchè se è vero, che uomo è anche non uomo, è chiaro che sarà anche non uomo e non non uomo; queste sono, di fatto, le sue negazioni corrispondenti a quelle due affermazioni. E se di queste due se ne fa una, anche di quelle se ne potrebbe fare una sola opposta .

15. Oltre di che , o il caso è sempre il medesimo, e bianco è anche non bianco ed ente anche non ente, e il simile d'ogni altra affermazione e negazione, o no: ma certe sono così, e certe non sono. E se non tutte, le eccettuate, adunque, sarebbero già rate e concesse: se invece tutte, da capo, o tutte quelle che si possono affermare si possono anche negare, e tutte quelle che negare, anche affermare, ovvero tutte quelle che si possono affermare si possono bensì anche negare, ma non tutte quelle che negare anche affermare. E se così, ecco, dunque, un non ente chiaro e tondo, ed un giudizio rato e fermo: e se il non essere è qualcosa di fermo e di cognito , avrebbe a essere anche più cognita la affermazione opposta (N). Se poi invece, tutte le cose del pari, che si possono negare, si devon per forza affermare, o si dice vero in diviso, che tal cosa, per esempio, è bianca, e che non è bianca, o no. E se non è in diviso che si dice vero, non si dice niente e non c'è nulla . Ora, come parlerebbero mai o camminerebbero de' non enti? E tutte le cose ne farebbero una come s'è detto anche prima, e uomo e Dio e trireme e i loro contradittorii sarebbero lo stesso. E se è così sempre, una cosa non differirà punto dall'altra: che se differisce, quel tanto in cui si differenzia, sarebbe già del vero e del proprio . La conclusione poi che s'è detta, vien fuori del pari, se è parlando in diviso che si possa dir vero .

16. - Ed oltre di questo, se ne ricava, che tutti direbbero il vero e tutti il falso: perciò, concede che dice falso anche lui.

17. - E insieme è evidente, che con costui non si tratta di nulla: giacchè non dice nulla. Di fatto, non dice nè così nè non così. E poi, contradicendo a queste due affermazioni, rinnega da capo che sia non così nè non così. Perchè, se non lo fa, ci sarebbe qualcosa di determinato .

18. - Oltre di che, se quando l'affermazione è vera, la negazione è falsa, e quando vera questa, falsa l'affermazione, non si può mai con verità affermare e negare lo stesso. Ma forse potrebbero dire che costì ci sia una petizion di principio . [B.]

19. - Di più , forse chi crede che la cosa stia o non stia ad una maniera, è nel falso, e chi crede che ci stia e non ci stia, è nel vero? Giacchè, se è nel vero, che vorrebbe mai dire, quello che si suole pur dire, che la natura degli enti è fatta di una certa maniera ? Se poi non è nel vero, e c'è più chi pensa all'altro modo, ecco già dunque, che gli enti avrebbero una lor maniera di essere, e questo sarebbe vero e non insieme anche non vero.

20. - Se poi dicono e falso e vero tanto gli uni quanto gli altri, a costui non è lecito di aprir bocca nè di parlare: giacchè dice insieme una cosa e non la dice.

21. - E se non ha sopra questo veruna opinione ma tanto crede, quanto non crede, che ci corre da lui alle piante? (O).

22. - #id_DDE_LINK1 Ma il punto, dove si vede che nessuno nè di quelli che fanno di questi discorsi, nè degli altri, n'è persuaso, è questo. Perchè mai va a Megara e non se ne sta invece, figurandosi che ci vada? Perchè uno non se ne va, un bel giorno, a gittarsi, poniamo, in un pozzo o in un burrone, anzi si vede, che se ne guarda appunto come se non pensasse che sia tanto buono quanto non buono il caderci dentro? È dunque chiaro, che crede che ci sia del meglio e del peggio. Ora, se questo, è necessario anche di credere quello uomo e questo non uomo, quello dolce e questo non dolce. Giacchè non cerca ugualmente nè mette a un ragguaglio ogni cosa, quando, pensato che sia meglio di bere acqua e di vedere un uomo, ne va in cerca: eppure, dovrebbe, di certo, se fossero affatto il medesimo uomo e non uomo. Ma come s'è detto, non c'è veruno, che non si veda guardarsi di certe cose e di certe no. Di maniera che, come apparisce, tutti credono che le cose stiano d'una maniera sola, e se non tutte, almeno il meglio e il peggio. E se lo credono, non perchè sappiano, ma perchè opinano, bisognerebbe che avessero molta più cura del vero, come la salute ha a curarla più un ammalato che non un sano: di fatto, chi opina, al paragone di chi sa, è in una disposizione non sana rispetto al vero.

23. - Oltre di che, quando pure tutte le cose stessero così e non così, c'è, di certo, il più e meno nella natura degli enti: giacchè non diremmo che tanto sia pari il due quanto il tre, nè che s'inganni altrettanto chi crede che il cinque sia quattro quanto chi il crede mille; ora, se non altrettanto, è chiaro che s'inganna meno quel primo, di maniera che sta più nel vero. Ora, se più qui vale più vicino, ci dovrebbe, di certo, essere un qualcosa di vero a cui stia più [1009. A.] vicino il più vero: e se pure non ci fosse, ma di certo qualcosa di più fermo e di più vero c'è già; e potremmo oramai levarci di torno questo discorso sgangherato e che impedisce di fissar nulla col pensiero .

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