CAPO V.

Dell'opinione di Protagora; delle sue identità
colla precedente, e della maniera di confutarla.

1. - Il ragionamento di Protagora deriva anch'esso [1009, A. 5.] dalla stessa opinione. Hanno tutti e due a essere o a non essere insieme . Di fatto, se tutto quello che si crede e che apparisce, è vero, è necessario che ogni cosa sia insieme falsa e vera. Giacchè parecchi hanno credenze contrarie gli uni agli altri, e ciascuno reputa in errore chi non crede a modo suo: di maniera che è necessario che la stessa cosa sia e non sia. E se è così, è necessario che tutto quello che si crede, sia vero; giacchè chi è in errore, crede delle cose contrarie a chi è nel vero. Perciò, se è tale la condizione degli enti, tutti gli uomini saranno nel vero. Adunque, è chiaro che ambedue codesti ragionamenti derivano dallo stesso pensiero.

2. - Però, il modo tenendi per combattergli non è lo stesso per tutti quelli che gli fanno. Chi ha bisogno di essere persuaso e chi sforzato. L'ignoranza di coloro i quali, per essercisi confusi, hanno preso a pensar così, è facile a curare; giacchè non s'ha ad affrontare le loro parole, ma la lor mente: ma quegli invece che dicono per dire, l'unico verso di sanargli è di redarguire il loro discorso in quanto consta di suoni e di vocaboli

3. - A quelli che ci si son confusi, i sensibili sono stati cagione di cascare in questa opinione che i contradittorii e i contrari coesistano insieme, vedendo che de' contrarii si generano da una stessa cosa. Ora, se quello che non è, non si può generare , la cosa preesistente doveva già essere amendue que' contrarii: ch'è anche il parere d'Anassagora (che dice che ogni cosa sia mescolata in ogni cosa), e di Democrito; giacchè anche questo dice che il voto e il pieno stiano del pari in ogni parte, quantunque il pieno sia ente e il voto non ente.

4. - Ora, a quelli, che da' sensibili son tirati a pensare così, diremo, che, in un senso, parlano giusto, in un altro, manca loro una cognizione. Giacchè l'ente ha due sensi ; di maniera che ci è un senso in cui può generarsi qualcosa dal non ente, e un senso in cui no: e la stessa cosa essere insieme ente e non ente, ma non però ente e non ente sotto lo stesso rispetto: di fatto, una stessa cosa in potenza può bensì essere amendue i contrarii, ma in atto no.

5. - Oltre di che, gli richiederemo di badare, che tra gli enti ci è anche un'altra essenza, la quale non è punto soggetta nè a movimenti, nè a corruzione, nè a generazione di sorta .

6. - Ora, in quanto alla verità delle apparenze, parecchi se ne sono del pari capacitati per ragion de' sensibili. Giacchè credono che non stia bene di giudicare [B.] del vero a norma de' pochi e de' molti, e che la stessa cosa, a certuni, gustata, par dolce, a certi altri amara: di maniera che se tutti ammalassero o tutti ammattissero, e due o tre soli rimanessero sani ed in cervello, questi pochi avrebbero l'aria di ammalati e mentecatti, e que' molti no. E di più, a parecchi animali pare delle stesse cose il contrario che a noi. Anzi, d'una stessa sensazione non ha sempre il medesimo parere uno stesso uomo. Ora, chi sa quali siano le vere e quali le false? Non sono, in effetto, più vera l'una che l'altra, ma del pari . Perciò Democrito dice, che o non ci è nulla di vero, o c'è ascoso .

7. - In generale, la ragione per la quale dicono che tutto questo che appare al senso, deva per forza esser vero, è che credono, che la intelligenza sia sensazione e questa alterazione . Di fatto, se Empedocle e Democrito, e per farla breve, tutti gli altri son cascati in simili opinioni, non è dipeso da altro. Empedocle, in effetto, dice, che cangiandosi il temperamento, si cangia l'intelligenza.

Dietro al senso, nell'uom cresce la mente ; ed altrove:

Quanto varia natura, e tanto sempre

Varia il pensier

E Parmenide s'esprime nella stessa maniera:

Qual delle membra flessuose all'uomo

È la temperie, tal viene la mente.

Chè quel che pensa, appunto è la natura

Delle membra nel tutto ed in ciascun:

Giacchè pensiero è il suo soverchio ...

E d'Anassagora si menziona un detto a certi amici: che gli enti saranno tali per loro quali gli crederanno. Dicono che anche Omero sia stato di questa opinione, perchè ha scritto che Ettore, quando per la ferita uscì di sè, giacesse altro volgendo nella mente, quasi che gli uomini, perso l'intelletto, intendessero ancora, ma non le stesse cose. È adunque manifesto, se tanto l'una quanto l'altra è intelligenza, che gli enti sono insieme così e non così.

8. - Ma il più duro è qui. Se quelli che hanno meglio esaminato ciò che poteva essere il vero (e, di certo, son coloro i quali più lo cercano e l'amano), hanno di tali opinioni, e s'esprimono di questa maniera sulla verità, come non s'hanno di ragione a scoraggiare i principianti in filosofia? Di fatto, il cercare la verità dovrebbe equivalere a un correr dietro agli uccelli. [1010. A.]

9. - Ora, la ragione di tale dottrina in questi filosofi è che cercavano bensì il vero negli enti, ma reputavano enti i soli sensibili: ora, in questi c'è molto d'indeterminato, e dell'ente in quel senso che si diceva più su . Perciò il loro discorso pare, ma non è vero. E si confà meglio a dire così, che non come Epicarmo contro Senofane .

10. - Di più, vedendo come tutta questa natura sensibile si muova, e che di cosa che si cangia, non si può dire nulla di vero, conchiusero che non si possa dir vero di cosa, che si cangia tutta per ogni verso. Giacchè da questa veduta è scaturita la dottrina più estrema tra le citate: quella di coloro i quali professano d'eraclitizzare, quella appunto di Cratilo, che finì per credere che non si deva parlare, e muoveva il dito solamente, e l'aveva con Eraclito per aver detto che non si poteva entrare due volte nello stesso fiume: neppure una, credeva lui .

11. - Ora, contro questa opinione noi diremo che, davvero, ciò che si cangia, dà un ragionevole appicco di credere che non sia, mentre si cangia. Quantunque ci sia da dire anche qui: giacchè ciò che perde, ha però qualcosa di ciò che si va perdendo, ed è necessario, che qualcosa di ciò che si genera, già sia . E insomma, se qualcosa si corrompe, ci avrà pure ad essere qualcosa che sia: e se qualcosa si genera, è necessario che sia così quello da cui come quello mediante cui si genera e che non si vada all'infinito .

Ma lasciando star questo diciamo piuttosto, che il cangiare nella quantità non è lo stesso che cangiare nella qualità . Sia pure, adunque, che nella quantità non dura nulla: che fa? Noi conosciamo ogni cosa mediante la specie .

12. - Oltre di che, quelli che pensano a quel modo, meritano che si rimproveri loro che per aver visto che accada così nella minor parte de' sensibili, hanno affermato il medesimo di tutto l'universo. Giacchè questa sola regione di sensibili che ci circonda, avvicenda di continuo corruzione con generazione ; ora, questa è, come a dire, un bricciolo rispetto al resto dell'universo: di maniera che sarebbe più giusto di assolvere questi sensibili per via di quegli altri, che non di condannare gli altri per via di questi.

13. - Di più, si vede, che potremo a questi rispondere quello stesso che s'è detto un pezzo fa: giacchè s'ha loro a mostrare e a persuadere, che una natura immobile c'è . Quantunque, di certo, a costoro che affermano l'essere insieme col non essere, vien fuori piuttosto, che tutto stia in quiete che non che tutto si muova. Di fatto, non ci sarebbe nulla, in cui una qualunque cosa si potesse cangiare; quando ci fosse già tutto in ogni cosa .

14. - In quanto poi alla verità, s'ha a dire, che non ogni apparenza è vera . In primo luogo, il senso non è punto bugiardo sul proprio ; e poi la fantasia non è tutt'uno col senso (P).

15. - Dipoi, c'è davvero da meravigliarsi, se si son confusi a decidere, se le grandezze e i colori siano tali quali paiono di lontano o quali davvicino: o se quali paiono a' sani o quali agli ammalati: o se sia più greve quello che par greve a un fiacco o quello che a un forte. Che, del resto, non lo pensino, si tocca con mano: nessun almeno, per avere di notte immaginato d'essere in Atene stando in Libia, s'incammina all'Odèone .

16. - Di più, l'opinione d'un medico, come osserva anche Platone , e quella d'uno che non sappia di medicina, non sono autorevoli del pari: quando, per esempio, si tratti di giudicare, cosa deva o non deva essere sano.

17. - Di più, perfino nelle sensazioni, un senso non è tanto autorevole sulla materia d'un altro senso, quanto sulla propria, o tanto da lontano quanto davvicino (Q): del colore indica la vista, non il gusto, del sapore il gusto, non la vista: ciascuno de' quali non dirà mai e poi mai sulla stessa cosa nello stesso tempo che sia così e all'incontrario. Anzi, questa contrarietà di sensazioni non cade, neppure in tempi diversi, sulla modificazione stessa, ma su ciò a cui la modificazione spetta. Vo' dire lo stesso vino, o cangiandosi esso, o cangiandosi il corpo, può parere quando dolce e quando non dolce: ma il dolce di certo, non s'è cangiato mai da quello che gli è quando sia: e il senso ne dice sempre il vero, e ciò che avrà a esser dolce, dovrà pur esser a quella maniera. Quantunque tutti questi discorsi gittano per terra appunto questo; siccome non c'è essenza di nulla, e così non ci è nulla di necessario: giacchè il necessario non può essere altrimenti da quello che è, di maniera che se qualcosa è per necessità, non potrà stare così e all'in contrario .

18. Del resto, se ci è solo il sensibile, non ci sarebbe nulla, se non ci fossero gli enti animati: giacchè, senza questi, non ci potrebb'essere sensi. Ora, che non ci sarebbero sensibili nè sensazioni, forse è vero (di fatto, la sensazione è una modificazione di chi sente): ma che non ci fossero, anche senza i sensi, que' sostrati che producono la sensazione, sarebbe impossibile; giacchè la sensazione, non è, di certo, sensazione di se stessa; ma c'è qualcos'altro di diverso dalla sensazione, che deve di necessità essere anteriore alla sensazione, perchè il movente è di [1011. A.] sua natura anteriore al mosso: e che siano termini reciproci, non leva .

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