CAPO SECONDO

Della limitazione delle cause nel numero e nella specie

1. - È d'altronde chiaro, che ci è un principio, [p. 994 A.] e che le cause degli enti non s'infilzano nè si specificano all'infinito. Giacchè nè nel cavare l'una cosa dall'altra come da materia, si può procedere all'infinito, la carne per via d'esempio dalla terra, la terra dall'aria, l'aria dal fuoco, e così in sine fine: nè nell'assegnare l'origine del movimento; l'uomo, per esempio, sia mosso dall'aria, l'aria dal sole, il sole dalla discordia, senza che ci sia un termine mai. E parimenti, neppure la causa per cui può procedere all'infinito; il passeggiare per la salute, questa per la felicità, la felicità per altro, e così sempre altro per qualcos'altro. E dite il medesimo delle quiddità.

2. - Di fatto, posti degli intermedii, al di là e al di qua de' quali c'è un ultimo e un primo, è necessario, che quel primo sia la cagione di quello che segue. In vero, se ci bisognasse dire, quale de' tre sia la causa, diremmo il primo; l'ultimo, di certo, no, che non è causa di nulla; e neanche l'intermedio, che l'è d'uno solo. Nè fa nessun divario che ci sia un solo intermedio o più, nè che ce ne sia infiniti o finiti. Ora, ciascun degl'infiniti, concepiti così in una filza, o, in somma, tutte le parti dell'infinito sono parimenti intermedie fino all'attuale: di maniera, che se nessuna è prima, nessuna, a dirittura, è causa.

3. - D'altra parte, non è neppure possibile quando abbia un principio l'insù, di procedere all'infinito all'ingiù; di maniera, che l'acqua venga dal fuoco e la terra dall'acqua, e così via via si generi sempre qualcosa d'altro. L'una cosa dall'altra, in effetto, quando non s'intenda meramente dire l'una cosa dopo l'altra, come sarebbe chi dicesse, i giochi Olimpici dagl' Istmici, si genera in due modi (C) : o come dal fanciullo che si cangia si genera un uomo, o come l'aere dall'acqua . Ora, noi diciamo che l'uomo si generi dal fanciullo, come qualcosa di già generatosi da cosa che si va generando, qualcosa di già compiuto da cosa che si va compiendo: giacchè sempre sta in mezzo, come tra l'essere e il non essere la generazione, così tra l'ente e il non ente il generantesi. Chi impara, è quello che si va generando maestro, e ciò appunto vuol dire: un tale si va generando di discepolo maestro. Il generarsi, invece, nella maniera dell'acqua dall'aere, si fa mediante il perire dell'uno de' termini. E perciò nel primo caso, non ha luogo il ripiegarsi dell'un termine sull'altro, nè si rifà il fanciullo dall'uomo: perchè quello che si va generando, non si genera dalla generazione, ma dopo la generazione . Di fatto, il giorno così [B.] si genera dal mattino, dopo che questo si sia generato: e perciò il giorno non si rifà mattino. Nel secondo caso, invece, ha luogo il ripiegarsi dell'un termine sull'altro.

4. - Ora dunque, in amendue i modi, è impossibile di andare all'infinito. Giacchè nel primo, essendo degli intermedii , devono per forza avere un termine: nel secondo, si rifanno l'uno dall'altro , la corruzione dell'uno essendo generazione dell'altro.

5. - Ed è insieme impossibile, che il primo che è pure eterno, si corrompa: giacchè, poichè la generazione non è infinita all'insù, bisognerebbe che quello da cui, mediante la corruzione propria, si genera qualcosa, non fosse eterno .

6. - Di più la causa per cui è fine: e fine è quello che non sia per cagione d'altro, ma le altre cose per cagion sua. Di maniera che se ci sarà un ultimo di questa fatta, non ci sarà infinito: se poi non ce n'è veruno così, non ci sarà causa per cui.

7. - Se non che quelli che ammettono l'infinito, distruggono la natura del bene e non se ne accorgono. E pure nessuno si proverebbe mai a far nulla, quando non dovesse venire a un termine.

8. - E chi ci si provasse, gli mancherebbe l'intelletto: giacchè di certo chi ha intelletto, opera sempre in vista di qualcosa, che è appunto il fine: ora, il fine è termine.

9. - E neppure la quiddità si può risolvere in un'altra definizione, più larga di concetto. Perchè la sua propria è sempre la più accosto; la ulteriore già non è più la sua: e quando la prima non convenga, molto meno l'attigua.

10. - E chi sostiene il contrario, distrugge la scienza; di fatto, non è possibile di sapere prima di arrivare agl'indivisi .

11. - Ed il conoscere stesso non ha più luogo. Giacchè come sarà possibile di pensare gl'infiniti, ammessi a questo modo ? Nè è lo stesso della linea: le sue divisioni veramente non rifiniscono mai; ma non ha modo di pensarla chi non le fermi: e perciò non riuscirà mai a numerare le sezioni chi, infinita, la volesse scorrere.

12. - Anzi, anche la materia si deve per forza pensare in qualcosa che si muova .

13. - E cosa veruna ha quiddità d'infinito , senza dire che la quiddità dell'infinito non è già infinita.

14. - D'altra parte, se le specie delle cause fossero infinite di numero, non potrebbe neppure aver luogo il conoscere: giacchè allora crediamo di sapere, quando abbiamo conosciute le cause: ora, l'infinito per aggiunzione non si può scorrere in tempo finito .

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