CAPO TERZO

Della necessità di adattare
il metodo all'oggetto della scienza

1. - Un uditorio si governa colle abitudini. Noi [p. 994 B 32] pretendiamo che si discorra come s'è soliti: e il nuovo ci pare che stoni, e, per difetto d'abitudine, [p. 995 A.] meno riconoscibile e più strano: di fatto, l'abituale è più noto. Quanta sia la forza dall'abitudine, lo mostrano le leggi, nelle quali delle favole e delle puerilità hanno, per l'abitudine, forza maggiore della conoscenza stessa del vero .

2. - Ora, c'è di quelli che, se uno non parla alla matematica, voltano le spalle al professore: altri, se non esemplifica: altri pretendono, che si tiri in mezzo un poeta per testimonio. Questi son tutto esattezza; a quegli altri l'esattezza dà le smanie, o perchè non sanno poi raccozzare, o perchè la sia gretta. Giacchè, davvero, l'esattezza n'ha l'aria: di maniera che a certuni sa di taccagno non meno ne' ragionamenti che ne' contratti.

3. - Perciò, ci bisogna già essere educati al modo, in cui ciascuna cosa deva essere accolta, essendo assurdo di cercare a un tempo la scienza e la forma della scienza : quando nè l'una nè l'altra è facile ad apprendere. L'esattezza matematica non si deve ricercare in ogni cosa, ma solo nelle prive di materia. Per il che non è una forma da naturalista: giacchè, la natura, forse tutta, ha materia. Perciò, è da considerare prima che cosa sia la natura: perchè così si vedrà apertamente quali siano gli oggetti della scienza naturale (D).

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