CAPO II

La pria - La seconda - La terza -
La quinta e la quarta quistione

1. - E passi prima quello che s'è detto per il primo: [p. 996 - A. 18.] se appartenga a una sola scienza od a più di studiare tutti i generi delle cause? Ora, come apparterrebbe ad una sola scienza di conoscere de' principii che pure non sono contrarii? .

2. - E c'è inoltre di molti enti, coi quali non hanno che fare tutti quanti i principii. Che farebbe agl'immobili il principio del movimento e la natura del bene, quando ogni cosa che sia buona per sè e per la natura propria, è fine, e perciò causa, che per cagione d'essa le altre cose e si generino e siano? Ora, il fine è la cagione per cui son fine di una azione: e le azioni si fan tutte con movimento, di maniera che cogl'immobili nè questo principio nè un bene per sè di qualunque sorta (C) non potrebbero aver che fare.

3. - E appunto per questo, nelle matematiche non si dimostra nulla mediante codesta causa, nè ci si fa veruna dimostrazione dal meglio o dal peggio: anzi, non ch'altro, non si menzionano mai da nessuno. Di maniera che certi sofisti, Aristippo, per esempio, le svillaneggiavano, sotto pretesto che nell'altre arti, perfino nelle manuali, ogni cosa ci si discorra in ragione del meglio e del peggio, e le matematiche invece non tengono nessun conto del bene e del male.

4. - D'altra parte, se sono parecchie le scienze [B.] delle cause, e diverse di principii diversi, quale di queste scienze si dovrà dire che sia di quelle che si ricerca, e chi, tra quelli che ci si applicano, avrà miglior cognizione dell'oggetto che si ricerca? Possono, di fatto, cooperare ad una sola cosa ogni sorta di cause: per una casa, per esempio, l'arte e l'architetto sono principio di movimento, l'effetto è causa per cui, la terra e le pietre son materia, e la specie è la nozione. Ora, dietro agli indizii dati un pezzo fa per determinare quale tra le scienze si deve chiamare sapienza, si può a buon diritto chiamare ciascuna di queste . Giacchè, in quanto l'è la più sovrana e la più padrona, e in quanto l'altre scienze, a modo di serve, non devono neppure zittire, l'avrebbe a essere la scienza del fine e del buono, che sono, di fatto, la causa d'ogni altra cosa: in quanto s'è invece determinato che l'è scienza delle prime cause e del sommamente conoscibile, l'avrebbe invece a essere la scienza dell'essenza. Perchè, di molti che sanno in parecchi modi una cosa stessa, noi diciamo che la sappia meglio chi conosce che cosa la sia in quello ch'essa è, piuttosto che non in quello ch'essa non è: e di quelli stessi l'un più che l'altro, e il più più chi sa come sia, e non la quantità o la qualità sua, e che sia naturata a fare o a patire. E del pari, così le cose, di cui c'è dimostrazione, come l'altre, allora ci pare averne cognizione, quando di ciascuna sappiamo che cosa sia. Cosa è il quadrare? a mo' d'esempio; il ritrovamento d'una media . E lo stesso d'ogni altra. Invece, le generazioni e le azioni ed ogni mutazione ci pare di conoscerle quando ne sappiamo il principio del movimento, che è diverso e contrapposto al fine; di maniera ch'e' parrebbe appartenere ad una scienza diversa di studiare ciascuna di codeste cause .

5. - D'altra parte, anche su' principii dimostrativi è controvertibile, se appartengano ad una sola scienza o a più. E chiamo dimostrative quelle sentenze comuni, dalle quali tutti dimostrano: ogni cosa, per esempio, si deve o affermare o negare, e nulla può insieme essere e non essere, e tante altre simili premesse. Ora, fanno esse una sola scienza con quella dell'essenza o una diversa? e se non una sola, quale bisogna riconoscere per quella che si cerca qui?

6. - Ora, non è plausibile che appartengano ad una sola. Perchè mai il privilegio di comprendergli spetterebbe piuttosto alla geometria o a qualunque altra scienza particolare? E, se d'altra parte spetta del pari a ciascuna, e a tutte insieme non può spettare, non è più proprio alla scienza che conosce le essenze, [p. 997. A.] che di qualunque altra, il pigliarne cognizione.

7. - E insieme, come s'avrà mai una scienza di codesti principii dimostrativi? Cosa egli sia ciascun d'essi, lo sappiamo fin d'ora: almeno, anche le altre arti gli adoperano come cogniti.

8. - E se ce n'è una scienza dimostrativa, bisognerà che soggiaccia loro un qualche genere e perciò che ci sia de' principii pazienti , e de' principii assiomi (di fatto, non ci può essere dimostrazione d'ogni cosa): giacchè la dimostrazione deve essere per forza da qualcosa, intorno a qualcosa, e di qualcosa . Di maniera che risulterebbe, che tutti i dimostrabili facciano un genere unico: perchè tutte le scienze dimostrative si servono degli assiomi .

9. - D'altra parte. se è diversa la scienza dell'essenza da quella di codesti principii, quale delle due sarà in condizioni di più autorevole e di primaria? Gli assiomi, di certo, sono gli universali supremi e i principii di ogni cosa.

10. - E poi, se non ispetta al filosofo, a chi spetterà mai di studiarne il vero ed il falso?

11. - E in generale, l'essenze fanno tutte l'oggetto di una sola scienza o di più? Ora, se non d'una sola, qual essenza si darà per oggetto a questa scienza nostra?

12. - E che tutte siano l'oggetto d'una sola, non è plausibile: ci sarebbe così una scienza dimostrativa di tutti quanti gli accidenti, giacchè ogni scienza dimostrativa intorno ad un soggetto, ne deduce da' comuni assiomi gli accidenti per sè. Appartiene, adunque, ad una unica scienza di dedurre appunto da quegli assiomi tutti gli accidenti per sè d'un unico genere: giacchè dove la scienza del che è l'unica, è anche unica quella del da che (D) , o che questa seconda sia la stessa colla prima o diversa. Perciò gli accidenti gli studieranno tutti insieme o quelle stesse scienze dell'essenze e degli assiomi, o dell'altre, uniche sempre, che ne dipendano .

13. - Oltre di ciò, si ristingerà la teorica all'essenze, o si estenderà anche a' loro accidenti? Vo' dire, se il solido e le linee e le superficie sono un'essenza, apparterrà ad una stessa scienza o ad un'altra, di pigliar cognizione anche di que' loro accidenti, che dimostrano le scienze matematiche? Giacchè se ad una stessa, anche la scienza dell'essenza sarebbe dimostrativa: ora, non pare che ci sia dimostrazione del che è . Se poi ad un'altra, quale sarà quella che studii gli accidenti dell'essenza? Qui è il nodo .

14. - Di più, si deve ammettere le sole essenze sensibili o anche dell'altre fuor d'esse? e d'una sola sorta o si trova più generi di altre essenze, secondo dicono quelli che ammettono le specie e gl'intermedii, de' quali fanno gli oggetti delle matematiche?

15. - E com'e' si dica da noi, che le specie siano cause ed essenze per sè, s'è discorso nei ragionamenti proemiali . E le difficoltà, davvero, abbondano da ogni parte; e non è, di certo, la meno dura, che si deva ammettere dell'altre nature fuori di queste del mondo, e pure farle affatto identiche colle sensibili, eccetto che quelle eterne e queste corruttibili. Infatti, si contentano di dire, che ci sia l'uomo e il cavallo e la salute per sè, senz'altro, facendo pressochè il simile di coloro i quali ammetteano bensì gli Dei, ma in forma d'uomini: giacchè nè questi gli facevano altro che uomini eterni, nè quelli fanno le specie altro che sensibili eterni.

16. - E peggio, se uno ammetterà degl'intermedii, oltre alle specie ed a' sensibili. Di fatto, è chiaro, che, come delle linee ce ne saranno altre fuori delle linee per sè e delle sensibili, così sarà di ciascuno degli altri generi : di maniera che, poichè l'astronomia è una di queste scienze matematiche, ci sarà ancora un altro cielo oltre al cielo sensibile, e un altro sole e un'altra luna, ed un altro, del pari di ciascuno de' corpi che sono per il cielo. Eppure, come crederci? Giacchè, nè è plausibile che sia immobile , e che si muova poi, è affatto impossibile .

E il simile delle cose, di cui tratta l'ottica, e l'armonica, in quanto appartengono alle matematiche . Anche queste, e per le stesse ragioni, è impossibile che siano fuori de' sensibili: giacchè, se c'è tra mezzo de' sensibili, e perciò delle sensazioni, ci sarà visibilmente anche degli animali di mezzo tra gli animali per sè ed i corruttibili .

17. - E non è poi neppur chiaro intorno a quali (E) enti sì e a quali no bisogni cercare di queste scienze intermedie. Che se la geometria si divaria dalla geodesia solo in questo, che l'una ha per oggetto queste cose che sentiamo, l'altra delle non sensibili, e' ci sarà, visibilmente, anche al di là della medicina, come di ciascun'altra scienza, una scienza di mezzo tra la medicina assoluta e questa medicina nostra . Eppure, come è egli possibile? Di fatto' e' ci sarebbe di certi altri sanatorii al di là dei sensibili e del sanatorio per sè.

18. - Aggiungi, che non è neppure vero che la geodesia abbia ad oggetti le grandezze sensibili e corruttibili: corrompendosi quelli, si corromperebbe ancor essa.

19. - D'altra parte, l'astronomia non potrebbe neppur avere ad oggetto le grandezze sensibili e questo nostro cielo. Giacchè nè le linee sensibili sono quello che dice il geometra, non essendo davvero veruna [P. 993] cosa sensibile retta o rotonda a quella maniera: di fatto, il circolo non è toccato dalla riga solo in un punto, ch'era l'obbiezione di Protagora contro i geometri ; nè i movimenti, sia in giro, sia a spira, del cielo son simili a quelli, su' quali ragiona l'astronomia; nè i punti hanno la stessa natura degli astri.

20. - Ci sono alcuni i quali ammettono codesti intermedi che si dicono, tra le specie ed i sensibili, però non in disparte da' sensibili, ma dentro ad essi. E, a scorrere tutte le conclusioni assurde che vengon fuori a costoro, ci vorrebbe di gran parole; se non che basta considerarne queste sole.

E davvero, non è possibile che ciò accada solo di quest'entità intermedie; anche le specie potrebbero, nel caso, essere dentro a' sensibili: milita per le due la stessa ragione.

Di più, sarebbe necessario, che ci fossero due solidi nello stesso luogo, nè, di certo, immobili, quando pur sono ne' sensibili che si muovono.

E in somma, perchè si dovrebbe ammettere che ci siano quando dovranno essere ne' sensibili? Ne risulteranno, di fatto, gli stessi assurdi detti più su; ci sarà un cielo oltre al cielo, eccetto che non in disparte, ma nello stesso luogo: che è ancora più impossibile.

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