CAPO IV.

La decima - la nona – l'undecima
la duodecima e la decimoterza quistione

1. - Una quistione attigua a queste , la più difficile di tutte, e pure la più necessaria a meditare, è quella, di cui si piglia ora a ragionare.

Giacchè se non c'è cosa veruna fuor delle singolari, [999. A.] e le singolari sono infinite, come (F) mai di cose infinite si può acquistare scienza? Di fatto, in quanto c'è qualcosa d'unico ed identico, in quanto c'è qualcosa d'universale, in tanto conosciamo ogni cosa.

2. - D'altra parte, se questo è necessario, e bisogna che ci sia qualcosa fuor de' singolari, dovranno pur esser de' generi codeste cose fuor de' singolari, (G) ed o gli ultimi o i primi : il che s'è visto testè che intrigo sia.

3. - Di più, ci sia pure qualcosa fuor del tutt'insieme , quando si dà un predicato qualunque alla materia: dovrà questo qualcosa, s'egli è una specie, esser fuor di qualunque cosa o di certe sì e di certe no o di veruna

4. - Ora, se non c'è nulla fuor de' singolari, niente [B.] può essere intelligibile, ma sensibile ogni cosa, e punto scienza di nulla: quando uno non dica che la sensazione sia scienza.

5. - E niente, del pari, eterno nè immobile; perchè i sensibili si corrompono tutti e sono in movimento.

6. - Aggiungi, che se non c'è nulla d'eterno, e neppure, di certo, è possibile che ci sia generazione: giacchè è necessario che sia qualcosa non pure ciò che si genera, ma ciò ancora da cui si genera, s'e' ci s'ha a fermare , e s'è impossibile che dal non ente si generi.

7. - Oltre di che, essendoci generazione e movimento, è necessario che ci sia ancora un termine: perchè non è infinito verun movimento, ma tutti hanno un fine: e non possono generarsi cose la cui generazione non possa esser compiuta; ed ogni cosa generata una volta, appena finita di generarsi, è necessario che sia . [(H)]

8. - Ora, adunque, se la materia è appunto perchè l'è ingenita , è assai più plausibile che ci deva anche essere l'essenza, quello cioè, che la materia si possa generare: giacchè, se non ci fosse nè questa nè quella non ci sarebbe nulla a dirittura. [(I)] Il che se è impossibile, è necessario che la forma, la specie sia qualcosa fuor del tutt'insieme.

9. - Ma se uno ammetterà questo, sorgerà il dubbio su quali cose si deva ammettere e su quali no. Che su tutte non si possa, è manifesto: di certo, non ammetteremmo, che ci sia una casa fuor d'ogni singola casa.

10. - Oltre di questo, sarà una l'essenza d'ogni cosa , degli uomini, per via d'esempio? Ma gli è assurdo; le cose che hanno in tutte una essenza sola, ne fanno una sola. Saranno parecchie invece, e differenti? Bizzarra anche questa .

11. - E poi, come mai la materia diventa ciascuna di queste forme, e il tutt ' insieme è amendue, forma e materia ad un tempo? .

12. - Potrebbe sui principii suscitarsi anche quest'altro dubbio: s'e' sono uno di specie, niente sarebbe uno di numero, neppure l'uno stesso nè l'ente .

13. - E come ci sarebbe la scienza, se non ci fosse un uno sopra a tutte le cose? .

14. - D'altra parte, se ciascun de' principii è uno di numero e uno solo, e non diversi di cose diverse, come ha luogo ne' sensibili, in codesta sillaba, per esempio, che è identica di specie, e i di cui principii sono identici di specie, quantunque però siano diversi di numero; se, voglio dire, non è così, ma sono uni di numero i pricipii degli enti, non ci sarà mai e poi mai nulla oltre agli elementi (di fatto, a dire uno di numero e singolare è lo stesso; diciamo appunto uno di numero al singolare, e universale al [1000. A.] soprastante a' singolari); della stessa maniera (L) che se gli elementi della voce fossero determinati di numero, necessariamente, le lettere scritte non potrebbero in tutte essere nè più nè meno degli elementi, quando di questi non se ne trovasse nè due nè più d'identici .

15. - Un'altra quistione, non inferiore a veruna, è stata omessa e da' moderni e dagli antichi. Sono gli stessi i principii de' corruttibili e degl'incorruttibili o diversi? Giacchè, se sono gli stessi, come mai gli effetti son parte corruttibili e parte incorruttibili, e per quale cagione? Esiodo co' suoi e tutti quanti i teologi badarono a persuadersi loro, e noi altri ci trascurarono: di fatto, danno i principii per Dei; derivano dagli Dei ogni generazione; affermano, che le cose, le quali non hanno assaggiato del nettare e dell'ambrosia, son nate mortali, usando - chi ne dubita? - di questi vocaboli come chiari per loro. Ma di che maniera poi s'applicano queste cause? Non ci s'arriva. Se, di fatto, i generabili vi s'ungono per gusto, non sono punto causa d'essere il nettare e l'ambrosia: se invece per essere, come sarebbero eterni, avendo bisogno di cibo? Se non che queste escogitazioni a forma di favola non meritano d'essere esaminate sul serio: bisogna appurare da coloro i quali parlano e dimostrano, dimandando loro, perchè mai cose venute dagli stessi principii, sono parte eterne di lor natura, parte si corrompono.

16. - E poichè nè assegnano una causa, nè è plausibile che sia così, è chiaro, che nè le lor cause nè i loro principii potrebbero essere gli stessi. E di fatto, colui, il quale si potrebbe tenere per il più consentaneo con sè medesimo, Empedocle, c'è caduto anche lui . Egli fa, è vero, della discordia un principio, causa della corruzione: ma nel fatto poi non par punto meno causa della generazione d'ogni cosa, dall' uno in fuori: giacchè l'altre cose tutte, eccetto Dio, sono pur generate da essa. Dice almeno:

D'onde escir quante furon cose e sono
Quante e saran di retro a noi; le piante
Germogliarono e gli uomini e le donne
E le belve e gli uccelli, e d'acqua allievi
I pesci ed i longevi Dii.

E senza i versi, è chiaro del pari: che, se non ci fosse la discordia nelle cose, farebbero tutt'uno, [B.] come dice; perchè, quando si son riunite,

...l'estrema allor discordia ha sosta.

Dal che gli vien fuori che il felicissimo Dio sia meno intelligente degli altri: di fatto, non ha cognizione di tutti gli elementi; perchè non ha la discordia, e la cognizione è del simile col simile.

Terra con terra, acqua con acqua, e il divo
Aer coll'agir vediamo, e il fuoco
Esizïal col fuoco, e con amore
Amore, e con discordia lagrimosa
Discordia
.

Comunque sia, ciò di cui si tratta non può esser dubbio; vo' dire, che la discordia gli serva da causa tanto della corruzione, quanto dell'essere.

E L'amicizia è causa dell'essere, allo stesso patto: di fatto raccogliendo nell'uno, corrompe ogni altra cosa. Aggiungi che di queste mutazioni non assegna causa veruna, altro se non ch'è naturato così; perchè, quando

Di vigor crebbe la discordia e grande
Nelle membra nutrissi, ed agli onori
Insorse dell'imperio, il fatal tempo
Scorso, ch'a' duo contrarii alterna vice
D'un inviolato giuramento adduce...
;

come se la mutazione fosse necessaria, senza però assegnare nè punto nè poco una causa, di questa necessità.

Comunque sia, è, di certo, consentaneo con sè medesimo in questo, che non fa gli enti parte corruttibili, parte incorruttibili, ma tutti corruttibili, dagli elementi in fuori. Ora, la quistione nostra è, perchè mai sarebbero parte corruttibili, parte incorruttibili, se tutti avessero gli stessi principii? Che gli stessi non potrebbero essere, basti d'averlo mostrato così.

17. - Se i principii sono diversi, un primo dubbio è, se saranno incorruttibili essi stessi o corruttibili? Giacchè, se corruttibili, è visibilmente necessario, che anch'essi risultino da qualcos'altro, tutte le cose non corrompendosi, se non in quello da cui risultano; di maniera che se ne caverebbe, che ci sia d'altri principii anteriori a' principii. Che è impossibile, sia che ci si fermi una volta, sia che si cammini all'infinito .

18. - E poi, come ci saranno de' corruttibili se si leveranno via i principii? .

19. - Se poi sono incorruttibili, perchè mai da certi principii, che pur sono incorruttibili, verran fuori de' corruttibili, e da certi altri degl'incorruttibili? Non è davvero plausibile: anzi o è impossibile, o ci vorrebbe di gran parole.

20. - Oltre di che, nessuno ha mai preso a dire che i principii fossero diversi; tutti danno gli stessi principii [1001 A.] ad ogni cosa. E in quanto alla nostra quistione, l'annasano e lascian lì, come cosa da nulla (M).

21. - Ma il punto più difficile a meditare, e di cui a un tempo è più necessario di conoscere il vero, è se l'ente e l'uno siano essenze degli enti, e ciascuno d'essi, senza punto essere altro, sia quello ente e questo uno : o se bisogni cercare cosa mai sia l'ente e l'uno, quasi soggiaccia loro un'altra natura. Certi a quel modo, certi a questo credono che sia la lor natura.

22. - Platone, in fatti, e i Pitagorici vogliono, che nè l'ente nè l'uno siano qualcos'altro, ma la natura loro sia appunto d'essere uno ed ente, come che la loro essenza richieda che siano qualcosa di per sè soli (N).

23. - I fisiologici altrimenti. Empedocle, per esempio, dice cosa mai sia l' uno (O) , riducendolo come a un più cognito: di fatto, parrebbe che gli dia nome d ' amicizia: almeno, è essa la cagione per cui ogni cosa è una.

24. - Altri fuoco, altri aere dicono che sia quest' uno ed ente, dal quale sono e si generano gli enti.

25. - E del pari, coloro i quali ammettono più elementi: di certo, anche per loro è necessario d'ammettere, che l' uno e l' ente sia tante cose quanti principii vogliono che ci sia.

26. - Ora, se non s'ammette, che l' uno e l' ente sia un'essenza, ne risulta che non lo può neppur essere verun altro degli universali: giacchè quelli sono i maggiori universali di tutti. Se perciò, nè l' uno per sè , nè l ' ente per sè è qualcosa, non pare davvero, che ci poss'essere nient'altro fuor de' singolari.

27. - Di più, se l ' uno non fosse essenza, neppure il numero non potrebb'essere a modo d'una natura separata dagli enti: il numero, infatti, è monade, e la monade equivale a uno.

28. - Se poi l' uno per sè e l' ente è qualcosa, è necessario che l'essenza loro sia nient'altro che l'uno e l'ente: perchè non c'è qualcosa d'altro (P) di cui si predichino, ma si predicano loro di loro stessi.

29. - D'altra parte, se l' ente per sè e l' uno per sè sono qualcosa, l'incaglio grande è, come potrà poi essere che ci sia qualcosa di diverso da loro ed oltre a loro, come mai, vo' dire, gli enti saranno più d'uno? Giacchè, il diverso dall'ente non è; di maniera che ne risulterebbe conforme al concetto di Parmenide, che sia necessario che tutti gli enti ne facciano un solo e che questo solo sia appunto l' ente.

30. - Di qui poi non s'esce. O che l' uno non sia un'essenza, o ch'esso uno per sè sia qualcosa, è del pari impossibile che il numero sia essenza. Quando nol sia, s'è detto prima perchè: se l'è poi, sorge lo stesso dubbio che per l' ente ; di dove mai verrà un altro uno, fuori dell' uno stesso per sè? Dovrà l'altro per forza non essere uno ; ora tutti gli enti o ne fanno un solo o son parecchi, e ciascun de' parecchi è uno.

31. - Di più, se l'uno per sè fosse indivisibile, Zenone pretende che non sarebbe nulla. Perchè ciò che nè aggiunto nè tolto non fa più grande nè più piccolo, dic'egli, che non sia da noverare fra gli enti, assumendo per concesso, che l'ente sia grandezza, e se grandezza, corporeo; giacchè questo è ente per tutti i versi. Le altre grandezze invece, aggiunte per un verso, faranno più grande, e per un altro, no, per esempio, la superficie, e la linea: il punto poi e le monadi per nessun verso. Ma poichè costui fa il pedante, e che ci può essere un indivisibile, buono a difendersi, anche come tale, contro di lui (se, di fatti, questo indivisibile non farà più grande, ma certamente farà più ciò a cui s'aggiunge): come mai da un simile uno, o da più simili uni risulterà una grandezza? Equivarrebbe ad affermare, che la linea risulti da punti.

32. - D'altra parte, se si è di parere, che, come certi dicono, il numero si generi dall'uno per sè, e da qualcos'altro non uno, resta sempre a cercare, perchè e come l'effetto sarà talora numero, talora grandezza, quando il non uno è sempre la disuguaglianza, sempre una stessa natura. Giacchè non si vede nè come dall'uno e questa, nè come da un numero qualunque a questa, si potrebbero mai generare delle grandezze.

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