Capitolo IV. La negazione della vita futura.

A dire la verità, potrei quasi ritenermi dispensato dallo svolgere questo capitolo; un sistema, il quale nega esistenza e personalità all’anima spirituale, può mai ammettere la vita futura?

Nel concetto tradizionale e religioso ciò che sopravvive all’uomo, non è già il corpo che «ritorna alla terra», ma lo spirito, l’anima...

Poteva il Materialismo ammettere la immortalità d’una cosa, ch’egli reputa inesistente?

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La negazione della vita futura, in una parola la negazione della immortalità dell’anima, trova nella filosofia materialista radice nell’assioma più volte ripetuto: – la dipendenza assoluta dei fenomeni psichici, insomma della così detta anima, dall’organismo. Concepirli separati, fosse pur solo per un momento, è impossibile. – Notevoli sono a questo riguardo le parole di Büchner: – «È tanto inconcepibile lo spirito senza il corpo, quanto il magnetismo, l’elettricità senza metallo, o senza quelle materie, in cui queste forze si manifestano e si rendono sensibili ai nostri occhî».

I filosofi spiritualisti, fermi naturalmente nella loro concezione, parlano dell’anima come di un ente a sè, come qualche cosa di estemporaneo, di essenzialmente e fisicamente distinto dalla materia. Nel concetto religioso poi il corpo non sarebbe che un simulacro, l’apparenza di ciò che veramente siamo; è molto nota la frase con la quale i teologi chiariscono dal loro punto di vista la distinzione fra anima e corpo, quando paragonano quest’ultimo a un’abitazione, a un albergo, ove l’anima – l’eterna pellegrina! – fissa temporaneamente la propria dimora.

Contro idee siffatte, il Materialismo, manco dirlo, protesta. Chiarito e ripetuto che l’anima – se di anima deve parlarsi – non è che il prodotto della influenza delle cose esterne, senza cui non avrebbe mai raggiunta l’esistenza, egli non esita ad affermare l’assurdità di una seconda vita. «Col deperimento e la perdita dell’organo materiale e sortendo da questo ambiente, per cui lo spirito, che noi abbiamo veduto crescere sopra questo doppio terreno, perviene alla individualità e alla coscienza di sè stesso, bisogna ch’esso cessi d’esistere.» E invero come si può ammettere – aggiunge il materialista – che continuino il pensiero e la coscienza, dal momento che sono tolte quelle condizioni fuori delle quali e senza le quali è inconcepibile?

Vogt a questo proposito si esprime con molta precisione di termini: «La fisiologia si pronuncia perentoriamente e in modo categorico contro l’immortalità individuale, come pure in genere contro tutte le concezioni che riflettono l’esistenza speciale di un’anima. L’anima non entra nel feto come il demone nell’ossesso; essa è il prodotto del semplice sviluppo del cervello, come l’attività dei muscoli è il prodotto dello sviluppo dei muscoli, la secrezione il prodotto dello sviluppo delle glandole. Dacchè le sostanze che compongono il cervello ricadono nelle stesso forme, riproducono anche le stesse funzioni.»

A quegli spiritualisti, i quali vorrebbero dedurre la immortalità dell’anima dall’immortalità della materia, il Materialismo osserva che un’analogia fra materia e anima non può concepirsi. E invero la materia dà prove palpabili della sua indistruttibilità, prove che non potrà mai dare l’anima, la quale non è materia in sè stessa, ma il semplice prodotto ideale di una certa combinazione di materie dotate di forza. «Se queste si decompongono e si disperdono in altre combinazioni, gli è certo che l’anima, per questo fatto stesso, cessa di esistere, nello stesso modo che, se noi rompiamo un orologio, cessa di segnar le ore e con ciò noi distruggiamo anche l’idea, che abitualmente di esso ci facevamo; colla sua distruzione resta infatti la materia che lo componeva, senza che perciò siaci lecito dire che l’orologio esiste ancora.» Il Materialismo infatti, chiede: dove era l’anima, prima della nascita dell’uomo? Nulla ne sappiamo. Tutto anzi ci porta a credere che la così detta anima personale, prima di esistere, fosse nel nulla. Ora è evidente che ciò che non è sempre esistito, può perire.

Anche deducendo, come hanno fatto alcuni spiritualisti, l’immortalità dell’anima dalla immortalità della forza, si cade in una illusione. Infatti, nessuna forza, come tale, vale a dire particolarmente considerata, può dirsi eterna. L’elettricità, il magnetismo, tutte le infinite forze fisiche e chimiche non sono in ultima analisi che forme passeggere, che manifestazioni di forza, da non confondersi con la forza. Gli è come dire che l’immortalità della forza, del pari che l’immortalità della materia, è vera solo in quanto si consideri la universalità, la totalità della forza e della materia, avvegnachè sta fuori d’ogni contestazione che «l’individualità è soggetta al cambiamento perpetuo di nascita e di morte». Noi abbiamo già visto – parlando delle relazioni fra il cervello e la psiche – che una lesione qualunque del cervello turba le facoltà psichiche. V’hanno lesioni le quali producono tale un disordine psichico, da annichilire completamente la coscienza. L’individuo – animale o uomo – non muore pertanto, ma la sua è una vita affatto vegetativa. Che se la lesione scompare, se, insomma, l’ammalato guarisce, la psiche si ridesta, rinasce. Dove si trovava dunque l’anima nel breve o lungo intervallo di tempo, che durò la lesione?

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Il Materialismo affronta poi anche l’ipotesi avanzata da quei filosofi, i quali – pur rinunciando all’anima personale – credono di poter ammettere una sostanza spirituale sparsa in tutto l’Universo, «una specie di anima universale da cui esce e a cui ritorna ogni principio animatore degli individui». Ma dove son le prove dell’esistenza di questa ipotetica sostanza?

Delle due una: – o essa è ponderabile (accessibile ai sensi) e allora non si tratta che... di materia; – o è imponderabile, e allora la nostra mente si ricusa di concepirla giacchè, come benissimo scrive Burmeister, «la materia imponderabile implica contraddizione». E del resto, sia pure accettando questa ipotesi, che cosa ci guadagnerebbe la credenza nella immortalità personale? Nulla evidentemente, dappoichè si ammette il riassorbimento d’ogni singola anima nella totalità impersonale.

Tutti gli sforzi, che dai sostenitori dell’anima in genere e della sua sopravvivenza personale alla morte corporea sono stati fatti al fine di dare a tali opinioni la vernice scientifica – sono egualmente condannati dal Materialismo.

Consultare specialmente per la psicologia dell’idea dell’anima (sua origine, sua genesi, ecc.) il I.° vol. della Sociologia di H. Spencer.

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