CAPITOLO III. CARATTERI EVIDENTI DELLA PARENTELA ANIMALE.

Nel suo libro, meritamente applaudito e citato Posizione dell’Uomo nella natura, l’illustre professore Huxley, trattando dei caratteri evidenti della parentela animale che si notano nell’uomo, così si esprime: «Per veder bene dobbiamo anche per poco distaccarci dall’inviluppo umano, e imaginare, per esempio, che noi siamo gli eruditi abitatori del pianeta Saturno, perfettamente cogniti degli animali che popolano la terra, non meno che dei loro caratteri anatomici e zoologici, e che un tal viaggiatore, superando le difficoltà dello spazio e della gravitazione, abbia potuto visitare un altro corpo celeste, e dalla terra, fra l’altre cose, abbia portato un esemplare del genus homo, del genere uomo, conservato in un barile di rhum. Supponiamo ancora che noi fossimo chiamati ad esaminare questo esemplare, di un tipo ancora ignoto, questo bipede diritto e implume, e che per noi si dovesse determinare scientificamente il suo posto nel sistema zoologico. Quale sarebbe il risultato del nostro giudizio? Tutti gli eruditi di Saturno, senza esitanza converrebbero che quel nuovo vivente dovrebb’essere classificato fra uno dei gruppi noti che costituiscono la divisione dei vertebrati, e precisamente nella classe speciale dei mammiferi: avvegnachè tutti i suoi caratteri anatomici e zoologici pienamente corrispondono a questo gruppo e a questa classe. Se poi ci domandiamo a quale sezione e a qual ordine dei mammiferi dovrebbe appartenere quest’essere, non staremmo per certo lungamente in dubbio per rispondere ch’esso può soltanto appartenere all’ordine delle scimie, prendendo la parola nel suo più lato senso. La struttura delle ossa, del cranio, del cervello; la conformazione della mano e del piede, dei denti, dei muscoli, dei visceri, ecc., tutto insomma quanto è nell’organismo umano e scimiesco, riposa sugli stessi principî e sugli identici fondamenti.»

Nello stesso libro, più innanzi, l’Huxley esce in quest’altre parole: «.... quale pur sia il sistema di organi che si sottoponga allo studio, il confronto delle variazioni di questo sistema nella serie delle scimie conduce sempre allo stesso risultato; vale a dire che le differenze di conformazione, le quali separano l’uomo dal gorilla e dal chimpanzè, sono meno essenziali di quelle che esistono fra il gorilla e le scimie inferiori».

Di guisa che nel concetto di Huxley, come nota il Büchner, «nessun dato della zoologia sistematica ne offre il diritto di fare dell’uomo un ordine speciale di mammiferi, o di scinderlo dall’ordine delle scimie, appellato falsamente ordine dei quadrumani, per costituire una sezione distinta; e molto meno poi di separarlo affatto, come già si faceva, dal restante del mondo dei viventi, per esiliarlo in un regno speciale, detto regno umano in opposizione al regno animale e vegetale».

Io non mi indugerò a riferire la classificazione del naturalista Huxley, il quale, dopo aver messo in compagnia con le scimie l’uomo nell’ordine dei Primati, divide quest’ordine in sette distinte famiglie... Siffatta classificazione è stata adottata, in sostanza, anche dall’Häckel, benchè con qualche notevole modificazione. «L’uomo, scrive l’Häckel, non può essere separato dalle vere scimie, avvegnachè sotto tutti i rapporti egli ha maggiore affinità con le più elevate fra queste, di quanto ne abbiano queste colle più infime del loro stesso gruppo.»

È fra le scimie catarriniane che debbonsi rintracciare i tipi più vicini all’uomo, sia per la conformazione del naso, sia per la dentizione «identica a quella dell’uomo». Fra le catarriniane, i così detti lipocerchi sono in particolar modo notevoli dal punto di vista della parentela umana per l’assenza di coda e per la relativa ristrettezza del naso. A questo scimie fu pure dato il nome di antropoidi, che vuol dire analoghe all’uomo.

Così ad esempio – prescindendo dai contrassegni esteriori – i naturalisti notano nel cervello dell’orang una forma e un numero di circonvoluzioni che rammentano il cervello umano; la forma del cranio e la struttura dei denti nel chimpanzè, la conformazione delle estremità nel gorilla, della gabbia toracica nel gibbon, presentano rilevanti caratteri umani.

Se dalle catarriniane passiamo alle platirriniane, la corrispondenza dei caratteri non si fa meno evidente. A parte i caratteri umani del viso, relativamente poco sporgente, si notano in esso le forme tondeggianti del cranio e un notevole sviluppo cerebrale.

Secondo Huxley, le scimie antropoidi – così le catarriniane come le platirriniane – hanno definiti caratteri comuni con l’uomo. Elenco i principali: dentizione; le narici sono separate da una leggiera membrana e rivolte in basso; le braccia sono più lunghe delle gambe; i piedi sono provvisti di pollice più sottile e più mobile del pollice umano. Mancano della coda e dei sacchi alle guancie di cui sono fornite le altre scimie... Non dirò in particolare del gorilla, perchè, scoperto relativamente da poco, è la meno conosciuta delle scimie antropoidi. La sua statura è piuttosto alta, tanto che per la proporzione delle membra richiama l’uomo; grazie alla conformazione del suo piede, può camminare diritto; sotto il rapporto del volume cerebrale dista dal chimpanzè e dall’orang e presenta un cervello meglio plasmato. Lo avvicinano all’uomo, oltre che i caratteri sopra ricordati, la brevità delle braccia, la conformazione delle scapole, il rapporto fra il braccio e l’avambraccio. Anche l’orecchio presenta notevoli somiglianze con l’orecchio umano. Lo stesso dicasi, a ragione forse maggiore, della mano, fornita di un vero pollice e di dita corte e connesse all’avambraccio da otto ossa del carpo, lo stesso che nell’uomo; sviluppato nel gorilla è pure il tallone.

Del resto – a parte il gorillla e il gruppo antropoide al quale appartiene – la parentela onde l’uomo e gli animali inferiori sono legati, è dimostrata da ulteriori analogie.

Si è osservato infatti come le analogie scimiesche si accentuano a misura che confrontiamo le razze superiori o le razze inferiori. Quest’ultime presentano con le scimie più marcati caratteri di parentela. Così ad esempio gli Australiani tengono il primato in fatto di contrassegni scimieschi: larghezza del naso, gracilità delle ossa, larghezza della bocca, sporgenza del viso, esilità dei polpacci, grandezza e lunghezza del piede, ecc. Anche nel negro sono evidenti le stigmate della discendenza animale. Il cranio del negro è molto depresso. L’ossificazione dell’osso intermascellare è spesso tardiva; il bacino è piccolo del pari del cranio fornito di circonvoluzioni simmetriche; le braccia sono sproporzionatamente lunghe.

Secondo il dottor Weissbach, presso tutti i popoli si trovano più o meno evidenti le traccie della scimiesca eredità. Che se da queste considerazioni d’indole prevalentemente zoologica, passiamo a riguardare l’analogia in questione dal punto di vista anatomico, dal punto di vista, voglio dire, della tessitura generale degli organi e della loro organizzazione, l’affermata similarità di caratteri fondamentali fra l’uomo e le specie animali sottostanti, in particolare le scimie, non ci apparirà meno manifesta. Scrive a questo proposito Riccardo Owen: «In quell’istesso modo che non è lecito di accordare alle differenze che si osservano fra le attitudini intellettuali di un chimpanzè e quella di un boschimano o di un atzeco microcefalo un valore essenziale, sì che basti per escludere ogni confronto (trattandosi solo di una differenza di grado), così non mi è lecito del pari chiudere gli occhi per non vedere tutta l’importanza di quella evidentissima analogia che rende tanto difficile lo stabilire tra l’uomo e la scimia una essenziale differenza anatomica; avvegnachè ogni dente, ogni osso posto al confronto, è assolutamente analogo od equivalente. Epperò, seguendo le traccie di Linneo e di Cuvier, io credo che l’uomo debba legittimamente entrare nel confronto e nella classificazione zoologica.»

Tra gli organi, ossa, muscoli, nervi, sangue, vasi e visceri dell’uomo e della scimia c’è «identità di forma e di disposizione non solo nei contorni generali, ma ancora nelle più piccole particolarità, anche della composizione chimica e microscopica». La disposizione dei muscoli umani presentò d’altra parte troppo spesso particolarità tali, le quali rammentano l’anatomia scimiesca. Il dott. Ducan nota a questo proposito la presenza talvolta di parecchie anomalìe nei punti di inserzione dei muscoli, vere e proprie anomalìe scimiesche. E Büchner. appoggiandosi anche agli studî del prof. Hyrtl, osserva come nel bambino soltanto la seconda dentizione assume un carattere umano. È forse necessario soggiungere che a queste straordinarie corrispondenze segnalaite dalla zoologia e anatomia comparate, fanno riscontro le corrispondenze non meno notevoli segnalate dalla fisiologia comparata? V’hanno forse differenze sostanziali, essenziali tra le funzioni fisiologiche quali sono compiute dagli apparati animali, e le stesse funzioni quali risultano dal lavoro degli apparati umani? Chi ignora d’altra parte come i fisiologi facciano tuttodì delle esperienze sugli animali per spiegare la vita fisiologica dell’uomo? La fisiologia umana non è forse appunto uscita dai laboratorî ove si esperimenta sugli animali? È ridicolo objettare come fanno certi spiritualisti che esperienze di tal genere nulla ci insegnano intorno all’uomo, perchè questi non è una bestia del pari che lo sono il cane o il coniglio... Come ben rileva il Pouchet «il corpo umano non fornisce nessun fatto nuovo all’anatomia generale...» Ma, soggiungono gli avversarî del darvinismo, dove mettete lo sviluppo cerebrale dell’uomo, la positura diritta, la favella articolata, il sistema nervoso? La risposta del darvinismo non può essere dubbia: Fra l’uomo e l’animalità sottostante, fra l’uomo e le scimie intercorrono a questo riguardo notevoli differenze di grado...

Non si tratta, direbbe un chimico, di una differenza qualitativa; vale a dire di una differenza inerente alla intrinsica natura, alla qualità degli organi o delle funzioni: si tratta, al contrario, di una differenza solo quantitativa, vale a dire di una differenza inerente al grado di sviluppo raggiunto dagli organi e conseguentemente dalle funzioni che si prendono a confrontare...

Invero se così non fosse, come spiegherebbero gli spiritualisti l’enorme differenza che passa fra il cervello dei marsupiali, sprovvisto della grande connessura , e il cervello dei mammiferi placentati che ne sono forniti? Nè gli spiritualisti ignorano come, precisamente a partire dai mammiferi placentati, la massa cerebrale continua ad aggrandirsi e complicarsi, sino a raggiungere nelle scimie e nell’uomo l’apogeo dello sviluppo... Anche qui, come nell’esame comparativo degli altri organi della vita, il fisiologo è costretto a riconoscere l’insussistenza di differenze essenziali tra il cervello umano e il scimiesco. «Le scimie superiori, scrive il dott. Broca, sono provvedute, come noi, d’un lobo posteriore, d’un corno ventricolare posteriore e di un piccolo ippocampo, e nulla, nell’ordine dei fatti normali, se togliesi l’enorme differenza della massa e l’ineguale ricchezza delle circonvoluzioni secondarie, stabilisce presso gli adulti una distinzione radicale assoluta tra il cervello dell’uomo infimo e il primo delle scimie.»

Chiuderò questi cenni, invero troppo rapidi sui caratteri della parentela animale, con un’ultima citazione. La stralcio dall’Huxley: «La superficie del cervello della scimia americana ci rappresenta il disegno rudimentale del cervello umano; nella scimia antropomorfa le particolarità accusano una somiglianza sempre maggiore, poichè la differenza è ridotta ai minimi termini...».

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