L'AFFERMAZIONE DELL'UNICO

Fin qui abbiamo riassunto la partenegativa della filosofia stirneriana. Ma essa, oltre che un complesso di negazioni, si presenta anche come un complesso di affermazioni. Il che, del resto, non ha bisogno di essere dimostrato. Il lettore sa già benissimo come Max Stirner neghi Dio, la Morale, la Società, l'Umanità e lo Stato per affermare l'Individuo, l'Io Personale, quello, in una parola, ch'egli chiama il Singolo, l'UNICO.

Che cos'ha di caratteristico questa affermazione?

Nel concetto di Max Stirner la vita è tutta, si può dire, una corsa al dominio. È una lotta da cui si esce vittoriosi o soccombenti: questa lotta, secondo lo Stirner, comincia fin dalla prima infanzia. Alla domanda: perché esiste la Società? si può rispondere che esiste in virtù del dominio che essa eserciti sui singoli.

In ultima analisi è dunque chiaro che quello che i giuristi chiamano il Diritto (la Legge), non è altro, in sostanza, che la espressione della sua volontà dominatrice.

In quanto io sono un individuo e faccio parte della Società, il mio diritto equivale quindi a ciò che la Società mi concede. Chiarito bene questo punto, tutta la questione si riduce a vedere se l'Individuo possa attenersi alle concessioni della Società, se, in altri termini, il Diritto dell'Individuo possa dipendere da ciò che gli è estraneo (leggi dalla Società).

No, evidentemente. Il lettore ricorda senza dubbio quello che pensa Max Stirner della Società. La Società non esiste a' suoi occhi che come Astrazione, come Fantasma, come Idea... Egli trova molto ridicola la retorica dei rivoluzionari, i quali fanno del corpo sociale una specie di nuova Divinità e parlano di un Diritto di tutti, come di una cosa sacra. La verità è, dice Max Stirner,che il così detto Diritto di tutti che, secondo i nuovi teologi della rivoluzione sociale, dovrebbe prendere il MIO, è meno che zero in confronto del MIO diritto. Perché preoccuparsi degli altri? Che pensi ciascuno a difendere il suo proprio diritto: ne conseguirà che anche l'Universale lo difenderà...

Allorché la Rivoluzione fece dell'UGUAGLIANZA un diritto, essa penetrò nel terreno sacro. Il Cristianesimo, abbattuto a colpi di gran cassa e deriso dai filosofi del secolo XVIII, riprendeva le sue posizioni... E allora? La soluzione non può essere dubbia: «Ognuno ha diritto di essere ciò che può essere, perché ognuno deriva ogni diritto, ogni facoltà da sè STESSO; io sono autorizzato a fare tutto ciò che POSSO fare: anche ad abbattere Dio, se sono in POTERE di farlo. Se non posso, esso avrà sempre potere e vantaggio sopra di me, ed io ne osserverò i comandamenti e crederò».

Qui, invero, Max Stirner non è gran che originale. Egli rinnova l'apologia della Forza intesa come fonte e ragione del Diritto: apologia vecchia, buona per le tesi più contradditorie. Criticando i comunisti, lo Stirner trova che essi hanno torto di affermare che la terra appartiene di diritto a coloro che la coltivano. Niente affatto, grida Max Stirner. Essa appartiene a coloro che sanno pigliarsela, a chi, possedendo, non si lascia spogliare.

La proposizione aforistica che il diritto è del più forte, ricorre con frequenza e con la monotonia di un ritornello nelle pagine dello Stirner.

Potete voi negare, chiede Stirner, che la Forza e la Violenza, allorché sono adoperate con successo, cessano di apparir delittuose? Non ci voleva da meno della presunzione che esistano delle cose SACRE e intangibili per suggerire l'idea del DELINQUENTE, per creare, intorno a quest'idea, tutto quanto un congegno di COLPE da punire e di CASTIGHI da infliggere: «Tu, di fronte a me, quale singolo individuo, non sarai mai un delinquente, ma semplicemente un avversario, un nemico».

Ma la verità è che l'Individuo, in quanto non riconosce nessun diritto fuorché da sè stesso, può e deve potere, solo che gli aggradi, concedersi il piacere di essere un peccatore e un malfattore. Tanto peggio per lui se, offendendo gli altri individui, sarà da questi malmenato o spogliato...

* * *

Del resto, aggiunge Max Stirner, il cosidetto principio del DIRITTO (e conseguentemente anche il principio della GIUSTIZIA) si può benissimo relegarlo nel novero di quei PRINCIPI che da tempi immemorabili sono stati nostri dominatori e dal cui dominio è venuto il momento di emanciparci. «Che io abbia o non abbia diritto ad una cosa, poco m'importa, PURCHÈ IO SIA FORTE. Il diritto lo otterrò da me, senza bisogno dell'autorizzazione altrui. Il diritto è una NOZIONE che mi rimane estranea, perché appartiene ad un essere superiore e mi è dato IN GRAZIA. Al contrario della forza, che è COSA MIA, perché il forte sono io, o, perlomeno, posso divenirlo».

Nel concetto mistico tradizionale – nel quale convergono le linee teoriche della teologia politica e religiosa – il FINE dell'Uomo è di trovare sè stesso, di scoprire cioé il suo vero essere, quello che i metafisici chiamavano la sua essenza. Ma questa concezione dev'essere addirittura rovesciata.

Nella concezione antica, dice lo Stirner, io cammino verso me stesso, quale mia mèta; nella moderna IO PARTO DA ME STESSO. Secondo il misticismo tradizionale, IO PROVO DESIDERIO DI ME; secondo invece il materialismo stirneriano, IO MI POSSIEDO E DISPONGO DI ME, IO GODO DI ME STESSO CONFORME IL PIACER MIO. Io mi appartengo...

Non si tratta più di vedere come io debba acquistare la vita, bensì, al contrario, come io possa spenderla, goderla; non più come io debba formare il mio Io, bensì come io debba dissolverlo, esaurirlo...

Di qui, logicamente, la inappellabile condanna d'ogni forma di Ideale. L'ideale – qualunque esso sia – è una cosa fuori di noi, fuori dell'Io, è ciò, in una parola, che più ci impedisce di goder la Vita imponendosi e sovrapponendosi alla Vita come un Compito, una Finalità, una Missione, una Vocazione...

È tempo di farla finita con tutte queste menzogne e di dichiarare ad alta voce che l'umana esistenza, come l'esistenza di ogni essere – pianta o animale – non è coordinata a nessun FINE... Impareremo in tal modo a considerare meglio gli uomini e ci persuaderemo che essi sono quali dovrebbero essere per il solo fatto che sono quel che sono. Il Singolo, l'Unico, non insegue nessun IDEALE, ma va dissolvendo sè stesso, così come tutto si dissolve nel tempo.

Rifletta bene il lettore al significato che annette Max Stirner alla parola UNICO, da lui usata come sinonimo di individuo. Per lo Stirner l'individuo è indubbiamente la sola realtà..., tutte le cose e tutte le idee non essendo che delle sue creazioni. «Tutti i predicati delle cose sono mie osservazioni, sono miei giudizi, sono mie creazioni. Se esse vogliono STACCARSI DA ME E DIVENTARE ENTITÀ PER SÈ STESSE (intendi come cose indipendenti da me, ossia campate fuori di me), o, peggio ancora, imporsi a me (come ad esempio l'entità-Dio o l'entità-Stato), io le ricaccerò nel loro nulla, facendole rientrare in me che le ho, create».

Secondo Max Stirner la sola differenza che distingue l'uomo religioso dal libero pensatore è questa, che al credente bastano pochi articoli di fede, laddove invece il libero pensatore ne ha delle migliaia... E allora, che razza di libero pensiero è mai il suo? La vera libertà del pensiero esiste quando mi sia dato d'avereogni sorta di pensieri... (Intendi quando Io possa dirmipadrone delle mie Idee). Che vero e che falso? io debbo volere e poter inalzarmi sopra la verità e sottrarmi al suo dominio. Io devo voler e poter essere indifferente così alla Verità come all'Errore. Le così dette verità non sono altro che Vanità.

«ABBIAMO DUNQUE LA FRANCHEZZA DI AFFERMARLO: NON VI È NIENTE DI SANTO, NÈ LA VERITÀ, NÈ L'UMANITÀ, NÈ LA GIUSTIZIA, NÈ LA STESSA LIBERTÀ A CUI TU DEBBA SACRIFICARE UNA PARTE MINIMA DEL TUO IO, DAL MOMENTO CHE TU SEI IL CREATORE DELLA VERITÀ DELL'UMANITÀ, DELLA GIUSTIZIA E DELLA LIBERTÀ... «IO HO RIPOSTO LA MIA CAUSA NEL NULLA».

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