La questione non è forse tanto di sapere quante donne virtuose vi sono, quanto se una donna onesta può rimanere virtuosa.
Per meglio rischiarare un punto così importante, gettiamo un rapido colpo d’occhio sulla popolazione mascolina.
Dai nostri quindici milioni d’uomini, preleviamo subito i nove milioni di Bimani a trentadue vertebre, e non ammettiamo alla nostra analisi fisiologica che sei milioni di soggetti. I Marceau, i Massena, i Rousseau, i Diderot, i Rollin, germogliano spesso, ad un tratto, da questo fondaccio sociale in fermentazione; ma qui noi commetteremo a disegno delle inesattezze. Questi errori di calcolo ricadranno con tutto il loro peso alla conclusione, e corroboreranno i terribili risultati che sta per rivelarci il meccanismo delle passioni pubbliche.
Dei sei milioni d’uomini privilegiati, toglieremo tre milioni di vecchi e di fanciulli.
Questa sottrazione – si dirà – ha prodotto quattro milioni fra le donne.
Tal differenza può, a primo aspetto, parer singolare, ma è facilmente giustificabile.
L’età media nella quale le donne sono maritate, è a venti anni, ed a quaranta cessano di appartenere all’amore.
Ora, un giovinetto di diciassette anni, dà fieri colpi di temperino nelle pergamene dei contratti, e particolarmente nelle più antiche, dicono le cronache scandalose.
Ed un uomo di cinquantadue anni, è più temibile a quest’età che a qualunque altra. È a questa bella epoca della vita che egli usa, e di una esperienza caramente acquistata, e di tutta la fortuna che deve avere. Le passioni sotto il flagello delle quali si aggira, essendo le ultime, egli è spietato e forte come l’uomo trascinato dalla corrente, che afferra un verde e flessibile ramo di salcio, giovine germoglio dell’anno.
Fisicamente, un uomo è più lungamente uomo, che la donna non è donna.
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Relativamente al matrimonio, la differenza della durata che esiste fra la vita amorosa dell’uomo e quella della donna, è dunque di quindici anni. Questo termine equivale ai tre quarti del tempo, durante il quale le infedeltà di una donna possono far la disgrazia d’un marito. Nondimeno il resto della sottrazione operata sulla nostra massa d’uomini, non offre una differenza che di un sesto al più, comparandola a quella che resulta dalla sottrazione esercitata sulla massa femminina.
Grande è la modestia de’ nostri calcoli. Quanto alle nostre ragioni, esse sono d’una evidenza tanto volgare, che noi non le abbiamo esposte se non per esattezza e per prevenire ogni critica.
È dunque provato a qualunque filosofo, per quanto egli sia calcolatore, che esiste in Francia una massa fluttuante di tre milioni d’uomini dell’età di diciassette anni almeno, e di cinquantadue anni al più, tutti ben vivi, ben dentati e ben decisi a mordere, mordenti e non chiedenti che di camminar forte e sodo nel sentiero del paradiso.
Le osservazioni già fatte, ci autorizzano a separare da questa massa un milione di mariti. Supponiamo un istante, che soddisfatti e sempre felici, come il nostro marito modello, quelli là si contentino dell’amore conjugale.
Ma la nostra massa di celibi, non ha bisogno di cinque soldi di rendita per fare all’amore;
Ma basta ad un uomo d’aver buon piede e buon occhio per distaccare il ritratto d’un marito;
Non è necessario che egli abbia una graziosa fisionomia, e che sia ben fatto;
Ma purchè un uomo abbia spirito, una figura distinta e della disinvoltura, le donne non gli dimandano giammai di dove esce, ma dove vuole andare;
Ma le attrattive della gioventù sono l’unico bagaglio dell’amore;
Ma un vestiario dovuto a Buisson, un pajo di guanti presi da Boivin, degli stivali eleganti che l’industriale trema d’aver forniti, e una cravatta bene annodata, bastano ad un uomo per diventare il re d’un salone;
Ma finalmente, i militari, quantunque la smania per le spalline e li alamari sia caduta molto in ribasso, i militari non formano essi già, di per sè stessi, una formidabile legione di celibi? Senza parlare di Eginhard, poichè era un segretario particolare, un giornale non ha riportato ultimamente che una principessa di Germania aveva lasciato il suo patrimonio ad un semplice luogotenente dei corazzieri della guardia imperiale?
Ma il notaro del villaggio che, in fondo alla Guascogna, non passa che trentasei atti per anno, manda suo figlio a studiar diritto a Parigi; il berrettajo vuole poichè suo figlio sia notaro; il procuratore destina il suo alla magistratura; il magistrato vuol essere ministro per dotare i suoi figliuoli della nobiltà. In nessuna epoca del mondo vi è stata sì ardente sete d’istruzione. Oggi non è più lo spirito che corre per le vie; è il talento. Per tutti i crepacci del nostro stato sociale escono fiori brillanti, come la primavera ne fa sbocciare fra le mura in rovina; dai sepolcri stessi, sorgono fra le vòlte cespi mezzo colorati, che inverdiranno, per poco che il sole dell’istruzione vi penetri. Dopo quest’immenso sviluppo del pensiero, dopo questa uguale e feconda dispersione di luce, noi non abbiamo quasi più superiorità, perchè ogni uomo rappresenta la massa d’istruzione del suo secolo. Noi siamo circondati d’enciclopedie viventi che passeggiano, pensano, agiscono e vogliono eternarsi. Da ciò quelle spaventevoli scosse d’ambizioni ascendenti e di passioni deliranti; ci occorrono altri mondi; ci abbisognano delle arnie pronte a ricevere tutti quegli sciami, e sopratutto abbiamo necessità di molte belle donne.
Ma in seguito, le malattie dalle quali un uomo è afflitto, non producono dei non valori nella massa totale delle passioni dell’uomo. A nostra vergogna, una donna non ci è mai tanto affezionata che quando soffriamo!...
A questo pensiero tutti gli epigrammi diretti contro il piccolo sesso (perchè è troppo vecchio dire il bel sesso), dovrebbero disarmarsi delle loro punte acute, e cangiarsi in madrigali! Tutti gli uomini dovrebbero pensare che la sola virtù della donna è di amare; che tutte le donne sono prodigiosamente virtuose, e chiudere a questo punto il libro e la Meditazione.
Ah! vi ricordate di quel lugubre e nero momento, in cui solo, sofferente, accusando gli uomini, specialmente i vostri amici; debole, scoraggiato e pensando alla morte, con la testa appoggiata ad un guanciale appena appena caldo, e coricato sopra un lenzuolo di cui il bianco tessuto di lino s’imprimeva dolorosamente sulla vostra pelle, facevate errare i vostri occhi spalancati sulla carta verde della vostra camera muta? Vi ricordate, io dico, d’averla veduta schiudere la vostra porta senza rumore, e mostrare la sua giovane, la sua bionda testa incorniciata da ricci d’oro, e da un cappello fresco, comparir come una stella in una notte di uragano, sorridente, accorrendo mezzo angustiata, mezzo felice, e precipitandosi verso di voi!
— Come hai fatto? Che ha detto tuo marito?
Un marito! Ah! eccoci ricondotti in pieno nel nostro argomento.
XV.
Moralmente, l’uomo è più spesso e più lungamente uomo che la donna non è donna.
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Ciò nonostante, noi dobbiamo considerare, che fra questi due milioni di celibi, vi sono molti disgraziati, nei quali il sentimento profondo della loro miseria ed i lavori ostinati estinguono l’amore.
Che essi non sono passati tutti pel collegio, e che vi sono molti artigiani, molti servitori (il duca di Gèvres, bruttissimo e piccolo, passeggiando nel parco di Versailles, scorse alcuni servitori di statura vantaggiosa, e disse a’ suoi amici: Guardate come noi facciamo quei mariuoli, e com’essi ci fanno!...) molti intraprenditori di caseggiati, molti industriali, che non pensano che al denaro, molti sensalucci di bottega;
Che vi sono uomini più stupidi e molto più brutti che Dio non li avrebbe fatti;
Che ve ne sono di quelli il cui carattere è come una castagna senza polpa;
Che il clero è generalmente casto;
Che vi sono uomini collocati in maniera da non poter giammai entrare nella sfera brillante, in cui si muovono le donne oneste, sia per mancanza d’un abito, sia per timidità, sia per difetto d’un protettore che ve li introduca.
Ma lasciamo a ciascuno la cura di aumentare il numero delle eccezioni, secondo la propria esperienza (perchè innanzi tutto lo scopo d’un libro, è di far pensare); e sopprimiamo tutto ad un tratto una metà della massa totale; non ammettiamo che un milione di cuori degni di offrire i loro omaggi alle donne oneste, e avremo, su per giù, il numero delle nostre superiorità in ogni genere. Le donne non amano che le persone di spirito! Ma anco una volta, lasciamo buon giuoco alla virtù.
Ora, a sentire i nostri amabili celibi, ognuno di essi racconta una moltitudine d’avventure, le quali, tutte compromettono gravemente le donne oneste. Vi è molta modestia e ritegno, nel non distribuire che tre avventure per celibe; ma se alcuni le contano a dozzine, ve ne sono tanti che si limitarono a due o tre passioni, ed anco ad una sola nella loro vita, sicchè noi abbiamo, come nella statistica, preso il sistema d’una ripartizione personale. Quindi, se si moltiplica il numero dei celibi pel numero delle buone fortune, si avranno tre milioni d’avventure; e per farvi fronte, non abbiamo che quattrocentomila donne oneste!
Se il Dio di bontà e d’indulgenza che si libra sui mondi, non fa un secondo bucato del genere umano, è senza dubbio a causa del poco successo del primo...
Ecco dunque ciò che è un popolo! Ecco una società vagliata, ed ecco ciò che ella offre per risultato!
XVI.
I costumi sono l’ipocrisia delle nazioni; l’ipocrisia è più o meno perfezionata.
XVII.
La virtù non è forse che l’educazione dell’anima.
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L’amor fisico è un bisogno simile alla fame, con la sola differenza che l’uomo mangia sempre, e che in amore il suo appetito non è tanto sostenuto, nè tanto regolare quanto in fatto di tavola.
Un pezzo di pane scuro e una brocca d’acqua attutiscono la fame di tutti gli uomini; ma il nostro incivilimento ha creato la gastronomia.
L’amore ha il suo pezzetto di pane; ma ha anco quell’arte d’amare, che noi chiamiamo civetteria, parola graziosa che non esiste se non in Francia, dove questa scienza è nata.
Ebbene: non vi è di che far fremere tutti i mariti, se essi vengono a pensare che l’uomo è talmente padroneggiato dal bisogno innato di cambiar le sue pietanze, che in qualsiasi paese selvaggio dove i viaggiatori hanno approdato, hanno trovato bevande spiritose ed intingoli?
Ma la fame, non è tanto violenta quanto l’amore; ma i capricci dell’anima sono assai più numerosi, più provocanti, più ricercati nella loro furia, che non i capricci della gastronomia; ma tutto ciò che i poeti e gli avvenimenti ci hanno rivelato dell’amore umano, arma i nostri celibi d’una terribile potenza; essi sono i leoni dell’Evangelo, cercanti prede da divorare.
Qui, ognuno interroghi la sua coscienza, evochi i suoi ricordi, e si domandi se ha mai incontrato un uomo che si sia limitato all’amore d’una sola donna!
In qual modo, ohimè! spiegare per l’onore di tutti i popoli il problema risultante da tre milioni di passioni ardenti, che non trovano per pasto altro che quattrocentomila donne?
Si vuole assegnare quattro celibi per ogni donna, e riconoscere che le donne oneste potrebbero benissimo avere stabilito, per istinto, e senza saperlo, una specie di turno fra esse e i celibi, simile a quello che hanno inventato i presidenti delle corti regie, per far passare i loro consiglieri in ogni camera gli uni dopo gli altri, in capo a un certo numero d’anni?
Trista maniera di rischiarar la difficoltà!
Si vuol anco congetturare che alcune donne oneste agiscono, nella spartizione dei celibi, come il leone della favola? Che una metà almeno de’ nostri altari sarebbero sepolcri imbiancati?
Per l’onore delle signore francesi, si vuol supporre, che in tempo di pace gli altri paesi ci importino una quantità delle loro donne oneste, principalmente l’Inghilterra, la Germania e la Russia?... Ma le nazioni europee pretenderanno stabilire un bilancio, obbiettando che la Francia esporta una certa quantità di belle donne.
La morale e la religione soffrono tanto in simili calcoli, che un onest’uomo nel suo desiderio di rendere innocenti le donne maritate, troverebbe qualche sollievo nel credere che le vedove ricche e le giovani nubili sono per una metà in questa corruzione generale, o meglio ancora che i celibi mentono.
Ma che calcoliamo noi? Pensate ai nostri mariti, i quali a vergogna dei costumi, si conducono quasi tutti come celibi e si gloriano, in petto, delle loro avventure segrete.
Oh! allora noi crediamo che ogni uomo ammogliato, se tiene un po’ alla propria moglie dal lato dell’onore, direbbe il vecchio Corneille, può cercare una corda ed un chiodo: f œ num habet in cornu...
È pur nondimeno fra queste quattrocentomila donne oneste, che fa d’uopo, con la lanterna in mano, cercare il numero delle donne virtuose di Francia! Infatti, con la nostra statistica conjugale non abbiamo tolto che le creature delle quali la società non si occupa realmente punto. Non è forse vero che in Francia, le persone oneste, le persone a modo, formano appena un totale di tre milioni d’individui, e cioè: il nostro milione di celibi; cinquecentomila donne oneste; cinquecentomila mariti e un milione di vedove, di fanciulli e di giovinette?
Stupitevi dunque ora del famoso verso di Boileau! Questo verso annunzia che il poeta aveva abilmente approfondito le riflessioni matematicamente sviluppate ai vostri occhi in queste affliggenti meditazioni, e che non è una iperbole.
Nondimeno esistono donne virtuose.
Sì, quelle che non sono mai state tentate, e quelle che muojono al loro primo parto, supponendo che i loro mariti le abbiano sposate vergini.
Sì, quelle che sono brutte come la Kaifakatadary delle Mille e una notti.
Sì, quelle che Mirabeau chiama fées concombres, e che sono composte d’atomi esattamente simili a quelli delle radici delle fragole e dei nemifari; nondimeno non ci fidiamo!...
Poi, confessiamo, a vantaggio del secolo, che dopo la restaurazione della morale, e pel tempo che corre, s’incontrano sparse alcune donne, tanto morali, tanto religiose, tanto attaccate ai loro doveri, tanto dritte, tanto compassate, tanto rigide, tanto virtuose, tanto... che il diavolo non osa nemmeno guardarle; esse sono corazzate di rosari, di libri di preghiere e di direttori spirituali… Silenzio!
Noi non tenteremo di contar le donne virtuose per mellonaggine. Si sa che in amore tutte le donne hanno spirito.
Infine, non sarebbe del tutto impossibile che vi fossero in qualche angolo delle donne giovani, belle e virtuose, delle quali il mondo non sospetta l’esistenza.
Ma non date il nome di donna virtuosa a quella che combattendo una passione involontaria, non ha nulla accordato ad un’amante che ella disperatamente idolatra. È la più sanguinosa ingiuria che possa essere fatta a un marito innamorato.
Che gli rimane di sua moglie? Una cosa senza nome, un cadavere animato. In mezzo ai piaceri, sua moglie rimane come quel convitato avvertito dal Borgia in mezzo a un festino, che alcune vivande sono avvelenate; egli non ha più fame, mangia colla cima dei denti, o finge di mangiare. Egli rimpiange il pranzo che ha lasciato per quello del terribile cardinale, e sospira il momento in cui, finita la festa, potrà alzarsi da tavola.
Qual è il risultato di queste riflessioni sulla virtù femminina? Eccolo; ma le due ultime massime ci sono state date da un filosofo eclettico del diciottesimo secolo.
XVIII.
Una donna virtuosa ha nel cuore una fibra di meno o di più delle altre donne; ella è stupida o sublime.
XIX.
La virtù delle donne è forse una questione di temperamento.
XX.
Le donne più virtuose hanno in sè qualche cosa che non è mai casto.
XXI.
«Che un uomo di spirito abbia dei dubbi sulla sua amante, ciò si comprende: ma sopra sua moglie!... Bisogna esser troppo bestie.»
XXII.
«Gli uomini sarebbero troppo disgraziati se presso le donne si ricordassero menomamente di ciò che sanno a menadito.»
————
Il numero delle donne rare, che, simili alle vergini della parabola, hanno saputo conservar la loro lampada accesa, sarà sempre troppo debole agli occhi dei difensori della virtù e dei buoni sentimenti; ma pure occorrerà sottrarle dalla somma totale delle donne oneste, e questa sottrazione consolante rende più grande ancora il pericolo dei mariti, più spaventoso lo scandalo, e intacca maggiormente il resto delle spose legittime.
Qual marito potrà adesso dormir tranquillo a fianco della sua giovine e bella moglie, sapendo che tre celibi almeno sono in agguato; che se essi non hanno ancora prodotto dei guasti nella sua proprietà, considerano la maritata come una preda loro dovuta, che tosto o tardi cadrà nelle loro mani, sia per forza, per conquista o di buona volontà? Ed è impossibile che essi non siano, un giorno o l’altro, vincitori in quella lotta!
Spaventosa conclusione!…
Qui i puristi in morale, i solini alti insomma, ci accuseranno forse di presentar calcoli troppo desolanti; essi vorranno prender la difesa, o delle donne oneste, o dei celibi; ma noi abbiam loro riserbata un’ultima osservazione.
Aumentate a volontà il numero delle donne oneste e diminuite il numero dei celibi, troverete sempre, per risultato più avventure galanti che donne oneste; troverete sempre una massa enorme di celibi, ridotti dai nostri costumi a tre generi di delitti.
Se rimangono casti, la loro salute s’altererà in mezzo alle più violenti irritazioni; essi renderanno vane le sublimi vedute della natura, e andranno a morir di tisi, bevendo il latte sulle montagne della Svizzera.
Se soccombono alle loro tentazioni legittime, o comprometteranno donne oneste – e allora noi rientriamo nel soggetto di questo libro – o si degraderanno nel contatto orribile delle cinquecentomila donne delle quali abbiamo parlato nell’ultima categoria della prima meditazione, e, in quest’ultimo caso, quanta probabilità d’andar a bere ancora del latte e morire in Isvizzera!
Non siete dunque mai stati colpiti come noi da un vizio di organizzazione del vostro ordine sociale, e la cui osservazione sta per servir di prova morale ai nostri ultimi calcoli?
L’età media nella quale l’uomo si ammoglia è quella di trent’anni; l’età media nella quale le sue passioni, i suoi desideri più violenti di godimenti genesici si sviluppano, è quella di vent’anni.
Ora, durante i dieci più belli anni della sua vita, durante la verde stagione in cui la sua bellezza, la sua gioventù, il suo spirito lo rendono più minacciante pei mariti che in ogni altra epoca della sua esistenza, egli resta senza trovare come soddisfare legalmente quell’irresistibile bisogno di amare che scuote tutto intiero il suo essere. Questo spazio di tempo, rappresentando il sesto della vita umana, dobbiamo ammettere che il sesto almeno della nostra massa di uomini, e il sesto più vigoroso, rimane perpetuamente in una attitudine tanto affaticante per essi, quanto pericolosa per la società.
— Perchè non si ammogliano? sclamerà una devota.
Ma qual è il padre di buon senso, che vorrebbe ammogliar suo figlio a vent’anni?
Non si conosce forse il pericolo di queste unioni precoci? Pare che il matrimonio sia uno stato ben contrario alle abitudini naturali, dal momento che esige una maturità di ragione particolare. Infine, tutti sanno che Rousseau ha detto: «È sempre necessario un periodo di libertinaggio, o in uno stato o nell’altro. È un cattivo lievito che presto o tardi fermenta.»
Ora, qual è la madre di famiglia che esporrebbe la felicità di sua figlia ai rischi di questa fermentazione, quand’ella non ha luogo?
D’altronde, qual bisogno v’è egli di giustificare un fatto sotto l’impero del quale esistono tutte le società? Non vi è forse in tutti i paesi, come lo abbiamo dimostrato, una immensa quantità di uomini che vivono il più onestamente possibile, fuori del celibato e del matrimonio?
— Questi uomini non possono – dirà sempre la devota – rimaner continenti come i preti?
Siamo d’accordo, signora.
Nondimeno faremo osservare che il voto di castità è una delle più forti eccezioni dello stato naturale reclamate dalla società; che la continenza è il gran punto della professione del prete; che egli deve esser casto, come il medico è insensibile ai mali fisici; come il notaro e il procuratore, lo sono dinanzi la miseria che presenta loro le sue piaghe; come un militare lo è di fronte alla morte che lo circonda sopra un campo di battaglia. Perchè i bisogni della civiltà ossificano alcune fibre e formano il callo sopra certe membrane che debbono ragionare, non bisogna concludere che tutti gli uomini sieno tenuti a subire queste morti parziali ed eccezionali dell’anima. Sarebbe condurre il genere umano ad un esecrabile suicidio morale.
Ma che intanto si produca in mezzo al salone il più giansenista possibile, un giovanotto di ventott’anni, che abbia molto preziosamente custodita la sua veste d’innocenza e che sia vergine quanto i galli selvatici di cui si regalano i ghiotti, non vedete voi di qui la donna virtuosa più austera dirigergli qualche complimento molto amaro sul suo coraggio, il magistrato più severo che sia salito in seggio scuoter la testa e sorridere, e tutte le dame nascondersi per non fargli sentir le loro risate? L’eroica ed introvabile vittima esce dal salone. Che diluvio di frizzi piove sulla sua testa innocente! Che vi è egli di più vergognoso in Francia, dell’impotenza, della freddezza, dell’assenza di ogni passione, della stupidaggine?
Il solo re di Francia che non scoppierebbe dalle risa, sarebbe forse Luigi XIII; ma quanto all’arzillo galante di suo padre, egli avrebbe forse bandito un tal giovinastro, sia accusandolo di non esser francese, sia reputandolo di pericoloso esempio,
Strana contraddizione! Un giovinotto è ugualmente biasimato, anco se passa la sua vita in terra santa, per servirci d’una espressione della vita di scapolo! Sarebbe per caso a profitto delle donne oneste che i prefetti di polizia ed i sindaci hanno in ogni tempo ordinato alle passioni pubbliche di non cominciare che a notte cadente e di cessare alle undici della sera?
Dove volete dunque che la nostra massa di celibi getti il suo appetito? E chi s’inganna qui? come dimanda Figaro. I governanti o i governati? L’ordine sociale è egli come quei ragazzetti che si turano le orecchie agli spettacoli, per non udire i colpi di fucile? Ha egli paura di specular la piaga? O sarebbe riconosciuto che questo male è senza rimedio e che bisogna lasciar andar le cose? Ma vi è qui una questione di legislazione, perchè è impossibile sfuggire al dilemma materiale e sociale che resulta da questo bilancio della virtù pubblica in fatto di matrimonio. Non appartiene a noi il risolvere questa difficoltà; nondimeno supponiamo un momento che per preservare tante famiglie, tante mogli, tante fanciulle oneste, la società si vedesse costretta di dare a molti cuori patentati il diritto di soddisfare i celibi; le nostre leggi non dovrebbero esse erigere in corpo di mestiere questa specie di Deci femmine che si sagrificano per la repubblica e fanno alle oneste famiglie baluardo del proprio corpo? I legislatori hanno avuto gran torto di sdegnare fin qui di regolar la sorte delle meretrici.
XXIII.
La meretrice è una istituzione, se essa è un bisogno.
Tale questione è irta di tanti se e ma, che la leghiamo ai nostri nepoti; bisogna lasciar loro qualche cosa da fare. D’altronde è completamente accidentale in questo lavoro; perchè oggi più che in alcun altro tempo, la sensibilità si è sviluppata; in niuna epoca vi furono tanti costumi, perchè non si è mai così ben sentito che il piacere viene dal cuore. Ora, qual è l’uomo di sentimento, il celibe che in presenza delle quattrocentomila giovani e belle donne adorne degli splendori della fortuna, delle grazie dello spirito, ricche dei tesori della civetteria, e prodighe di felicità, vorrebbe andare...? Via, via, finiamola!
Mettiamo pei nostri futuri legislatori, sotto forme chiare e brevi, il risultato di questi ultimi anni.
XXIV.
Nell’ordine sociale, gli abusi inevitabili sono leggi di natura, secondo le quali l’uomo deve concepire le sue leggi civili e politiche.
XXV.
L’adulterio è un fallimento, con questa sola differenza, dice Champfort, che è quello a cui si fa bancarotta il disonorato.
————
In Francia, le leggi sull’adulterio e sui fallimenti hanno bisogno di grandi modificazioni. Sono troppo dolci? Peccano pei loro principi? Caveant consules!
Ebbene! coraggioso atleta, tu che hai preso per tuo conto la piccola apostrofe che la nostra prima meditazione dirige alle persone aggravate di una donna, che ne dici? Speriamo che questo colpo d’occhio gettato sulla questione non ti faccia tremare, e che tu non sia uno di quegli uomini la cui spina dorsale diventa ardente e il cui fluido nervoso si ghiaccia all’aspetto d’un precipizio o d’un boa constrictor! Eh! amico mio, chi ha terra ha guerra. Gli uomini che desiderano il tuo denaro, sono assai più numerosi di quelli che bramano la tua moglie.
Dopo tutto, i mariti sono liberi di prender queste bagattelle per calcoli, o questi calcoli per bagattelle. Ciò che vi è di più bello nella vita, è la illusione della vita. Ciò che vi è di più rispettabile sono le nostre più futili credenze. Non esistono forse molte genti, i cui principii non sono che pregiudizi, e che non avendo abbastanza forza da concepire la felicità, e la virtù per esse stesse, accettano una virtù ed una felicità fabbricate dalla mano del legislatore? Quindi noi non ci dirigiamo che a tutti quei Manfredi i quali, per aver alzato troppe sottane, vogliono toglier tutti i veli nel momento in cui una specie di malinconia morale li tormenta. Per loro, ora la questione è arditamente posata, e noi conosciamo l’estensione del male.
Ci rimangono ad esaminare le probabilità generali che si possono incontrare nel matrimonio di ogni uomo, e a renderlo meno forte nel combattimento, dal quale il nostro campione deve uscir vincitore.