Ricetta n. 9 L’Ordinaria Confettura di Castagna

Per questa Confettura farai uso di farina ottenuta dalla castagna garessina.

Essa è quel frutto che cogliesi in quel di Garessio ove trovasi il Castello di Real Caccia detto di Casotto e entro le cui rinnovate muraglie il Capo Cuoco e Pasticciere di Real Casa Giovanni Vialardi approntò il mese di febbraio dell'anno 1851 un sontuosissimo e memorabile banchetto al fine d’una battuta di caccia al cinghiale partecipata da Sua Altezza Reale qual Condottiero e da oltre duecento cavallerizzi.

A seguito di lunga perorazione ch’io feci al Capo Cuoco e Pasticciere mi venne concesso l’onore di presentare sul desco della salle à manger una mia preparazione di stagione ciò è la polenta di farina di granturco alla moda della Valle di Aosta.

L'effettuai e l'acconciai con butirro sovraffino di latte di vacca e gran varietà e quantità di formaggi di latte della medesima, di pecora e di capra.

Ma il destino mi fu avverso e beffardo e in luogo di trarne laudi ebbi a esser rimbrottato con gran piglio di voce da Sua Altezza Reale e nel contempo fui oggetto di lazzi e frizzi da parte dei Commensali eccezion fatta per coloro i quali dovettero andar di gran fretta a mutarsi d'abito.

Avvenne che quattro ajutanti guatteri da me comandati e nomantisi Fortunato Esposito, Elio Sanpère, Eugenio Diotallevi e Vittorio Materdei presentarono maldestramente l'enorme teglja su cui era adagiato il ghiotto e fumante cibo il quale sbrodolò in larga copia sul desco, da esso colò e poscia inzaccherò tre Cavallerizze e quattro Cavallerizzi che erano fortunatamente ancor nella loro tenuta venatoria.

Tale accadimento fu cagione dell'asperrima riprovazione Reale che ricadde su di me e il Capo Cuoco e Pasticciere faticò non poco per placare l'iracondia del Sovrano che volea comandare ch'io fossi tosto estromesso da Corte.

Fui pertanto graziato ma venni orbato del ruolo ch'io svolgea appo le Reali Cucine e da allora anelo, bramo e agogno d’esser ancor quel soggetto che sarà oggetto di Sovrana benevolenza.

Ma il Lettore ha forse il disio d’esser reso edotto d’una ricetta d’alta gastronomia che mostri come confettare la farina tratta da castagne garessine e non delle doglianze di colui ch’ebbe l’onor d’esser nominato Maître Pâtissier et Confiseur Royal e che divenne tale per merito e non per piaggeria!

E pertanto ti procurerai o ti adopererai affinchè ti sia procurata tale farina di tali castagne e la stempererai o la farai stemperare in purissima aqua di fonte, e ben atta sarebbe quella levissima delle fonti garessine dette di Santo Bernardo, in ragione d’una pinta ogni 34 onze di farina di castagna ovverosia all’incirca 3 libbre.

Tramenerai o farai tramenare con somma diligenza l’intruglio in tal fatta che non abbiano a formarsi alcune specie di grumi o di coaguli e detta mistura dev’esser lasciata a riposare per quattro ore e se avesse a formarsi della spuma essa dev’esser tolta tante fiate quanto necessita.

Pervenuto a tale punto, peserai o farai pesare una quantità di zuccaro che sia equivalente alla metà del peso della farina di castagna e al picciol foco lo discioglierai o lo farai disciogliere mercè l’ausilio di pochissima purissima aqua di fonte, e ben atta è quella pria citata, in acconcia cazzarola cuprea che possa agevolmente accogliere puranco l’intruglio riposato che avrai purificato o fatto purificare della sua affiorante spuma.

Discioltosi che sia lo zuccaro e trascorse che sieno le quattro ore, verserai o farai versare l’intruglio riposato nella cazzarola che digià trovasi posta al picciol foco e tramenerai o farai tramenare rattamente la pozione.

Poscia porrai o farai porre la cuprea cazzarola al foco dolce e d’orinnanzi con cura tramenerai o farai tramenare la pozione per tanto tempo quanto necessita affinchè essa pervenga al bollore e quinci si rappigli al par di sanbajonne e in tale fatta si trasmuti in Confettura.

E se avrai disio di sveltire il tempo della cottura potrai far uso di pettina in ragione d’una onza e mezza per ciascuna libbra di pozione.

Pervenuto a tale punto porrai o farai porre nella Confettura tanta semenza di vanilla quanta quella tratta da due baccelli ogni 34 onze di farina di castagna impiegata e uva appassita in ragione di mezza onza ogni libbra della medesima e poscia tramenerai o farai tramenare il tutto al picciol foco con somma diligenza.

Quinci rattamente porrai o meglio farai porre la Confettura bollente in recipienti di vetro smeriglio che sieno stati previamente umettati con la miglior dell’aquavitae e li incoperchierai personalmente con carta pergamena e li sigillerai con ceralacca e di poi attenderai che trascorran quanto meno due mesi per degustarla.

Tale Confettura risulterà esser assai gradevole pel palato, specie se non ingollata ma bensì sutta con lentezza inquantochè prima digestio fit in ore, e del pari sarà sommamente corroborante pel corpo massimamente se la Dama o il Cavaliere che abbian trabalzato la IV età avran disio di gustare quanto puotesi realizzare mercè la successiva Ricetta d’una Confettura la quale adduce un durevol eccitamento dei sensi i quali avran ragione della ratio medesima fintanto che non si pervenga di necessità a prolungata estasi di carnale consolo e confortorio, ciò è a quella che gli Antichi dicean esser la piccola morte.

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