POSTFAZIONE

Terminata la lettura delle ricette del Barla e delle brevi notazioni poste quale incipit ad alcune delle medesime, ecco sorgere nella mente del lettore considerazioni e correlati quesiti di non facile soluzione, e qui ne enumero alcuni.

Per esempio, si potrebbe avere l'impressione che la stesura di alcune delle sue ricette – vuoi di confetture, vuoi di elisir e vuoi di vivande – abbia fornito l'input per la realizzazione di simili preparazioni a esse sia coeve, sia successive e che col tempo queste hanno acquistato vita propria in quanto conosciute ai giorni nostri con diverso nome.

E ciò premesso, sembra sia anche lecito il chiedersi: può essere possibile che qualche copia dello sfortunato libro circolò, oltre che in Italia, anche all'estero?

A questo proposito, merita ricordare che nel 1876 venne posto in commercio nel Vecchio Continente l'Elixir Coca Buton e nel maggio di dieci anni dopo venne ufficializzato nel Nuovo Mondo il brevetto per una bevanda chiamata Coca-Cola; che nel giugno 1889 in Napoli vide la luce la Pizza Margherita (anche se una simile ricetta è documentata a far tempo dal 1830), ecc.

E qui si accenna volutamente solo a due delle numerose ricette che sono state oggetto di apparente plagio. Da rimarcare che il Barla, a questo proposito, non ha voluto o potuto tutelarsi, anche adendo alle vie legali, come verificatosi spesso in quei tempi a Torino.

Citasi quale esempio l'intricato caso che, a far tempo dal 1865, vide Giuseppe Bernardino Carpano versus Alessandro Martini e Teofilo Sola a proposito del brevetto di un vermouth: la soluzione richiese approfondimenti di non poco conto, per giungere infine a decretare a chi dovesse essere attribuita la paternità dell'opera dell'ingegno, al pari di quanto è accaduto in altre sedi a proposito della bussola, della polvere da sparo, della stampa a caratteri mobili, degli spaghetti, ecc.

È però indubbio che il Barla lamenta di esser stato plagiato sfacciatamente dalla concorrenza e invoca giustizia, al pari di quando lascia intendere di esser stato subdolamente privato dei frutti che avrebbe potuto trarre dal suo lavoro, dalla sua indubbia inventiva e dalle sue numerose e ben riuscite sperimentazioni.

A onor del vero, si deve però anche tener conto di un fatto: se si confrontano fra loro i ricettari comparsi nel corso del XIX secolo, quante preparazioni alimentari sono simili tra loro! Per molte di esse, al di là di come vengono presentate più o meno pomposamente al lettore, varia solo il titolo della ricetta e/o la presenza di qualche ingrediente sicuramente secondario e questa osservazione vale a grandi linee anche per i precedenti secoli e almeno per la prima metà di quello successivo.

Mutando tipo di considerazione, che dire circa gli scrittori dalle cui opere il Barla estrapola alcuni brevissimi brani e li fa propri, senza menzionare la fonte e l'autore? Che se ne individuano agevolmente almeno una decina!

E che pensare della sfrontatezza con cui, dopo aver citato ampiamente l'Ecclesiaste nel corso della Prefazione Autoriale, egli termina e suggella il suo libro attingendo addirittura a una locuzione che compare nel Vangelo secondo Giovanni?

E che dire del modo con cui il Barla talvolta tratteggia e commenta, con estrema disinvoltura, il comportamento di alcuni illustri, riveriti e amati personaggi del nostro Risorgimento sino a pervenire in qualche caso, forse involontariamente, al gossip?

A questo proposito, sarebbe interessante poter compulsare alcune lettere inviate dal Barla alla madre, quelle riportate nel citato libricino intitolato Lettere a mamma Margherita dalla Corte Sabauda, e speriamo che ciò sia a breve fattibile. Come già è stato auspicato, forse in qualcuna di esse potrebbero essere presenti preziose informazioni, non ancora a conoscenza degli studiosi di varie discipline.

Numerose possono essere pertanto le chiavi di lettura di questo libro del Barla, da cui provengono non pochi stimoli per approfondimenti che travalicano quelli dell'arte culinaria. Non siamo solo in presenza di uno dei tanti trattati di cucina, ma di un affresco letterario – che talvolta introduce di soppiatto il lettore nelle cucine e nelle stanze della corte sabauda – in cui il Barla afferma di aver profuso quella che definisce essere la miglior scienza e conoscienza dei tempi nostri circa la cucina e l'arte del ben mangiare e nel contempo invita il lettore a negligere le altre opere a essa simili (cfr. II – LXXIV).

Un'ultima considerazione.

Trentasette anni dopo la stampa del libro del Barla, vide la luce La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene dell'Artusi, e quasi quasi si potrebbe azzardare l'ipotesi che il titolo di questa opera riecheggi quanto sopra menzionato: forse che l'illustre autore abbia avuto modo di leggere e forse di apprezzare Il Confetturiere, l'Alchimista, il Cuciniere piemontese di Real Casa Savoia?

Non è dato il saperlo: in ogni caso, al pari di quella del Barla, anche quella dell'Artusi – come spesso è stato rilevato da insigni studiosi – è un’opera che travalica il mero concetto di ricettario.

E soprattutto, come ha sagacemente puntualizzato Clara Vada Padovani nel mese di maggio 2011 nel corso di un intervento effettuato presso il Salone Internazionale del Libro di Torino, non bisogna dimenticare tutta la tradizione culinaria a lui [all'Artusi] precedente e i molti cuochi, caduti nell'oblio, che 40 anni prima della pubblicazione della sua opera, seppero imprimere il gusto presso le corti sabaude. A questi l' Artusi deve molto.

Vittorio Ubertone

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