Ma nei più larghi contatti della Scuola col popoli noi dobbiamo rilevare la particolare importanza pratica dell'insegnamento della Geografia, inteso nelle sue più grandi finalità sociali.
Per l'insegnamento elementare non potrei far di meglio che riferirmi a quanto già venne esposto con persuasiva eloquenza dal prof. Giovanni Vidari nella sua limpida e colorita relazione al Congresso pedagogico di Roma nel 1911. Dice il Vidari: «Nelle scuole elementari e popolari e in genere là dove la mente del discepolo è meno addestrata alle riflessione e meno atta a seguire, attraverso la varietà dei fenomeni, la unità di un pensiero e la interiore necessità della sua apparizione, e dove invece lo sguardo mentale più volentieri s'indugia nell'esperienza immediata, e i sentimenti più spontanei, come quelli di attaccamento al luogo natio e di tutela del proprio interesse, dominano la coscienza, colà, meglio della Storia, può la Geografia svegliare, riempire, arrobustire la coscienza di sè».
Così egli dimostra che «la conoscenza geografica del proprio paese, quando sia intesa e attuata con ampiezza di disegno, e nella molteplicità dei suoi rapporti umani e sociali, è per se stessa capace di nutrire ed educare la coscienza nazionale, rendendola insieme fervida e operosa, perché si appoggia sopra alcuni sentimenti dai quali dipende principalmente lo slancio dell'azione».
La Geografia è adunque, intesa a questo modo, l'elemento educativo più efficace del sentimento nazionale, di quel sentimento che, appoggiato ai ricordi dei luoghi a noi più familiari «ci rende partecipi di una vita collettiva più vasta e più piena».
Ma perchè la scuola popolare possa svegliare nel maggior numero il sentimento di questa vita collettiva, è necessario educare tutta una generazione di maestri, nei quali l'idea nazionale abbia una funzione direttiva atta a trovare nell'insegnamento della Geografia il terreno più acconcio di attuazione e, come ben dice il prof. Vidari seguendo un concetto fondamentale dell'Herbart, «il centro verso cui gravitano tutte le altre discipline, il punto di vista da cui tutti gli altri insegnamenti son guardati e per cui acquistan valore».
Nè basta da sola la viva personalità del maestro ad attuare un così vasto programma di rinnovamento dell'anima popolare sulla base della conoscenza complessiva del proprio paese: occorrono mezzi materiali, carte, plastici, vedute di paesaggio, proiezioni luminose – come si è incominciato a fare in Francia ed in Inghilterra e appena si tenta ora fra noi –, occorrono insomma sussidi atti a destare e a fissare le immagini per dare al fanciullo dell'ultimo fra gli ottomila comuni del Regno una qualche visione della Patria e un qualche vago sentimento della sua posizione nel mondo.
Non posso qui entrare in particolari: tanto per un nuovo assetto della Geografia nell'insegnamento medio, quanto per quello popolare, la questione richiede uno studio accurato e profondo in ogni sua parte con proposte concrete che possono esser fatte in opportuna sede.
Da quanto ho detto risulta oramai evidente che l'insegnamento della Geografia esce dai limiti di una pura questione dottrinale per rivestire una vera importanza politica di fronte ai problemi che involgono la vita stessa della nazione e di tutta quanta la società civile, nella quale esso ricerca e tocca le misteriose sorgenti della volontà collettiva.
Ed eccoci davanti ad uno dei più gravi problemi della nostra vita sociale: l'Emigrazione.
Il fenomeno ha preso oramai proporzioni così allarmanti da reclamare lo studio più serio e i provvedimenti più pratici e più pronti, mentre la nostra nuova Colonia d'oltremare, certamente, se è stata un'assoluta necessità della nostra esistenza politica e commerciale nel Mediterraneo, non potrà assorbire che una parte, neppure considerevole, nella nostra mano d'opera esuberante.
Però di tutti i provvedimenti finora escogitati, compreso quello della colonizzazione interna (irto di difficoltà d'ogni specie e, alla fine, insufficiente) nessuno ha potuto finora ricevere un principio di attuazione, perchè nessuno ha saputo giungere alla radice del fenomeno.
A mio vedere – e l'ho già dichiarato nel discorso inaugurale del Congresso geografico nazionale tenuto in Palermo nel maggio 1910 – l'unico rimedio è da ricercarsi nell'istruzione popolare e proprio in quella povera scuola sperduta nel più remoto villaggio della Calabria o della Sicilia, dove un'infelice maestra, venuta dall'estremità opposta della penisola, offre ai suoi bambini la prima immagine dell'Italia, spiegando malinconicamente la sola carta rinvenuta nell'orario delle ferrovie!
Eppure la scuola popolare deve essere la vera distributrice della ricchezza fra le classi che si chiamano diseredate; di quella ricchezza che è simile ai miracolosi pani del Vangelo, i quali più sono divisi e più si moltiplicano, mentre, poi, associata alle forze della natura, illumina le volontà ed eccita «le forze prorompenti delle vocazioni sociali».
Redimere il popolo dalla servitù dell'ignoranza, mentre le leggi del lavoro saranno così saggie e così umane da permettergli di non essere escluso dalla vita dello spirito, ecco il compito supremo delle classi dirigenti del nuovo ordine sociale.
Ma sopra tutto l'ignoranza della Geografia deve essere cancellata dal grande libro del nostro debito storico come una delle più tristi caratteristiche dell'ignoranza italiana. L'istruzione popolare deve essere tutta impregnata di spirito geografico, che per noi, Italiani, è inseparabile dall'immagine e dal sentimento delle patrie montagne e da quello dei patrii mari: poichè anche il mare è elemento di forza, educazione di libertà operosa e, sopra tutto, è fonte inesauribile di privata e di pubblica ricchezza.
Per quanto riguarda l'emigrazione, è vivamente reclamata in ogni regione d'Italia un'istruzione speciale, possibilmente con vedute cinematografiche, sui paesi ai quali è diretta la corrente migratoria del luogo, e sui mezzi di tutela e di difesa: occorre in ogni compartimento dello Stato, in ogni provincia, l'opera concorde di tutte le Amministrazioni locali per organizzare questa grande istruzione specializzata, a base geografica.
Il problema dell'istruzione, dai sommi gradi della cultura fino alla scuola popolare, non deve essere un semplice tema di sottili discussioni pedagogiche e di ingegnose divagazioni didattiche, mentre si leva all'importanza di una questione d'interesse sociale; e deve perciò essere guardata da un punto di veduta più alto, su un più vasto orizzonte, nel quale alla Geografia, in mezzo alle plebi irredente, si affida un apostolato civile e umano.