I.

Dinanzi a questo mare, che circonda del suo tepido amplesso l'isola vostra, o Siciliani, e bacia da migliaia di secoli le sue rive, io mi sento attratto – dalla bellezza sovrana dell'argomento e dalla natura stessa dei miei studi – a tentare ancora una volta il soggetto inesauribile che, allargato nei suoi termini più generali, è tanta parte della «Geografia fisica», ed è parte, pure essenzialissima, della «Geografia sociale», considerata la gran macchina terrestre nei suoi rapporti coll'uomo.

Qui, per dirla col Pascoli, le onde greche vengono a cercare le latine, e le une e le altre sembrano pur ora in lotta fantastica con le puniche, e vaniscono misteriosamente le città morte, e tremoli bagliori e strani riflessi intessuti sulla mobile trama variopinta dalla Fata del luogo, figurano allo sguardo paesaggi sospesi di fronte a Peloro, ed empiono di visioni il classico mare che Diego Vitrioli – intorno alle cimbe dei cacciatori di pesce spada – popolò di un mondo maraviglioso di immagini e di suoni.

Ma una nuova e più potente poesia del mare, presentita nelle sue forme titaniche da Michelet e da Victor Hugo, ci rivela la scienza moderna, spingendo lo sguardo indagatore nelle più inaccesse profondità del liquido elemento, rintracciandone la vita abissale, e delineandone il mirabile processo di eliminazione dei materiali terrestri, dopo aver riconosciuto nella forza dinamica dei sali la origine intima dei movimenti che tutta rimescolano e sconvolgono la gran massa oceanica.

Poichè una forma singolare di equilibrio instabile, continuamente turbato e continuamente raggiunto, domina i rapporti armonici fra il mare, l'atmosfera e la terra, in perpetuo scambio fra di loro: la terra che, lavata dalle pioggie e demolita dalla rapina eterna dei fiumi, manda al mare non solo gli elementi solubili della sua conservazione, ma quelli ancora che tendono ad alterarne la salsedine tipica e la purezza inalterata, minacciando di inquinarlo coi sali calcari e silicei, strappati ai continenti; – l'atmosfera che, mobilissima intermediaria fra terra e mare, assorbe da questo i vapori e su quella li accumula e precipita, avviluppandoli nel moto incessante degli Alisei e dei Monsoni, promossi rispettivamente dallo squilibrio delle temperature fra poli ed equatore, tra terre ed acque; – l'oceano che, ricoprendo quasi i tre quarti della superficie di tutto il pianeta, forma la vasta area evaporante da cui prende materia ogni più riposto elemento di idrografia terrestre, considerata nel magistero fisico dei ghiacciai, dei fiumi e dei laghi.

Circolo grandioso nella sua mirabile semplicità! Le terre e i mari si corrispondono attivamente, promovendo il continuo squilibrio dell'aria e l'opera indefessa dei venti, sulla base riconosciuta della loro diversa capacità calorifica. Le masse continentali, largamente estese nell'Emisfero Nord, formano, come ognun sa, grandi aree assorbenti, cicloni estivi che richiamano le pioggie più intense dove più forte è la condensazione dovuta all'azione refrigerante dei grandi rilievi. L'anidride carbonica, materiale di rifiuto degli animali, neutralizzato in massima parte dalle piante, spazzato via, nel resto, dalle pioggie depuranti l'aria, costituisce l'arma più potente di demolizione con cui le acque si avventano contro le roccie calcari, e rendono più rapida la costante opera livellatrice dei fiumi e dei ghiacciai. Il fondo del mare, il creduto regno della morte e dell'immobilità, sembra rivelarsi la culla feconda della vita, la arcana dimora delle forme elementari, l'abitazione silenziosa degli organismi assimilatori che completano in seno all'Oceano l'apparato grandioso di eliminazione dei sali calcari e silicei, visibile a tutti, nelle conchiglie e nelle madrepore.

Milioni e milioni di vene – osserva lo Stoppani – conducono il sangue venoso, cioè l'acqua carica di sali calcari, agli animaletti secretorî, che rappresentano i polmoni del mare; milioni e milioni di arterie riportano il sangue purificato, cioè le acque liberate dai sali terrestri, e lo riversano nel gran circolo vitale.

La voce semitica «og» (circolo) che vuolsi prima radice del nome Oceano – da cui, forse, l'Ogigia omerica – mentre si riferisce evidentemente alla funzione di inviluppo terminale geografico assegnata al «Fiume Oceano» rispetto all'Ecumene, sembra tuttavia, presentire da lontano questo perpetuo circolo vivo di cui il Mare è appunto il fattore più poderoso nell'economia fisica del globo, come ce lo dimostra la moderna Oceanologia, la scienza maravigliosa, rampollata sul tronco vitale della vecchia Geografia.

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