VII.

Più che l'esplorazione dei mari lontani e le indagini puramente scientifiche, si imponeva al giovane Stato la necessità della formazione di una carta idrografica di tutto il paese. Soltanto nel 1867 furono compiuti i primi atti amministrativi per questo lavoro, cui subito fu dato mano sotto la direzione del capitano di vascello Duca Imbert, incominciando dal rilievo della costa adriatica.

Lasciate in disparte le vecchie triangolazioni del De Zach e del Marieni, venne svolta una nuova triangolazione, con misure di basi e osservazioni astronomiche. I lavori dell'Adriatico si son fatti d'accordo col Governo Austro-Ungarico, che attendeva al rilievo della costa orientale dello stesso mare.

Con decreto del 26 dicembre 1872 venne istituito in Genova l'Ufficio Idrografico della R. Marina, dal quale è ora principalmente rappresentata l'esplorazione scientifica dell'Italia nel Mediterraneo.

Dall'Ufficio di Genova dipendono tre Uffici dipartimentali, che adempiono alla funzione di depositari del materiale da mettersi a disposizione delle R. navi, e l'obbligo di regolare i cronometri e di tenere in corrente le carte nautiche giusta particolari istruzioni.

Dei lavori della R. Marina scrissero il Magnaghi, il Mirabello, il Cassanello e da ultimo, il Cattolica; che si succedettero nella direzione dell'Istituto Idrografico; ha dato succose e bellissime relazioni Giovanni Marinelli, che ne raccolse, coll'usata diligenza, l'importante quanto poco nota bibliografia.

È tutta una letteratura pressochè ignorata dal pubblico italiano, il quale poco o nulla sa delle benemerenze dell'Istituto Idrografico della R. Marina, come non si cura affatto di quelle dell'Istituto Geografico Militare; e non è neppure nel caso di sospettare per un momento l'utilità immensa e la necessità fondamentale dell'opera loro!

Naturalmente, non parlo del pubblico analfabeta, parlo delle persone che rappresentano la media della cultura del nostro paese... Si dice che manca quasi assolutamente agl'Italiani di oggidì lo «spirito geografico» che avevano invece gl'Italiani del Rinascimento, ed è posseduto in sommo grado dai popoli di razza anglo-sassone.

Ma noi dobbiamo tener conto della educazione intellettuale e civile, interamente falsata in tutto l'edifizio delle nostre scuole, ove l'insegnamento della Geografia, che solo può svecchiare la nostra scuola classica e rinvigorire le altre, è affidato (quando esiste di nome) a insegnanti di altre discipline, e diretto senza criteri pratici, nè ombra di metodo.

Però se gl'Italiani poco s'interessano e nulla conoscono delle benemerenze e della utilità dei loro Istituti scientifici, e solo mostrano talvolta di ricordarsi che lo Stato spende per essi somme ragguardevoli, dobbiamo pur ammettere che questi Istituti non cercano di diffondere la conoscenza dei loro lavori; e i Ministeri, da cui dipendono, nulla hanno fatto per tenersi in contatto con quello dell'Istruzione Pubblica.

Ma torniamo ai lavori dell'Istituto Idrografico Italiano.

La nuova carta dell'Adriatico venne compiuta in 18 anni, per il lavoro concorde delle due marine Italiana e Austriaca; e la parte nostra venne pubblicata in 24 fogli al 100.000 dall'Ufficio Idrografico di Genova: risultato di operazioni di vario genere, astronomiche, magnetiche, idrografiche, con preziose indicazioni geofisiche, capolavoro tecnico-scientifico col quale il nuovo Istituto fa onore all'Italia (1878).

Uscendo dall'Adriatico, i lavori della R. Marina sotto la direzione dell'Istituto Idrografico, si svolgono con indirizzo autonomo, indipendentemente da qualsiasi coordinazione con opera straniera, coi rilievi delle carte lungo l'Jonio e il Tirreno, e particolarmente con quelli delle carte liguri e sarde, onde l'Italia si afferma unicamente colla opera propria.

Osserva il Marinelli che nel catalogo dell'Ammiragliato inglese, or fa un quarto di secolo, fra le 2500 carte nautiche registrate, non un cenno si vedeva di carte italiane, e in quello del 1885 sopra 317 carte del bacino Mediterraneo, 13 sole provenivano da rilievi italiani, cioè il 4 per cento!

L'elenco pubblicato dal Cassanello in occasione del Congresso geografico del 1895 ci da il numero di 155 per le carte idrografiche riguardanti l'Italia pubblicate dallo Istituto, fino a quell'anno, nel quale il rilievo delle nostre carte poteva dirsi quasi compiuto; e oltre 40 vi figurano le carte rappresentanti rilievi di porti e coste del levante dell'Africa, dell'Australia, dell'America del sud.

Numerose cartine, piante di porti e vedute di vero merito tecnico e artistico illustrano le tavole, mirabili per esecuzione chiara, elegante, finissima.

Con apparecchi barometrici, per la maggior parte disegnati e costruiti sotto la direzione dell'ammiraglio Ma-gnaghi, superiori ai tipi di scandagli praticati fuori di Italia, la R. Marina conseguì in così breve tempo risultati che non temono il confronto dei lavori congeneri, eseguiti in Inghilterra e in America. Ottimi servigi rese il «correntometro italiano» del Magnaghi, adottato dalla Marina Britannica e giudicato migliore del «correntometro americano» col quale il suo inventore Leut Pillsbury fece le note ricerche sul Gulf Stream. Le bussole, il circolo a riflessione, gli scandagli perfezionati formano un materiale di osservazione non inferiore certo a quello di qualsiasi ufficio idrografico straniero.

È noto che la carta delle coste liguri, al 200.000, fornì al professore Issel nuovi elementi alla teoria dei bradisismi di quella regione. Le vecchie osservazioni del Mar-sigli nel Golfo del Leone, vennero esattamente confermate per la Liguria: le linee batometriche presentano depressioni notevoli in continuazione delle valli fluviali ed offrono, inoltre, l'accertamento d'un rialzo sottomarino, a 135m dalla superficie, di fronte a Genova, in mezzo ai due solchi laterali, profondi oltre 500m che rispondono all'asse prolungato delle due valli della Polcevera e del Bisagno. Un altro banco, a 187m sotto il livello superficiale, venne toccato a 35 kilom. N.W. di Gorgona, utile campo di ricerche zoologiche. Un solco profondo oltre 400m si riconobbe fra la Corsica e l'arcipelago Toscano, prolungato a N. fra il Capo corso e la Capraia.

All'ingresso del Golfo di Napoli, fra Ischia e Capri, venne scoperto un altro bassofondo, a 134m, fra due solchi di 1000m, uno a N., l'altro a S., innanzi alle due isole menzionate. Un'altra secca importantissima, a soli 26m, venne rinvenuta nel Golfo di Taranto.

L'«Eridano» succeduto nel 1885 al «Washington» oramai vecchio, incominciò a svolgere la sua azione nello Adriatico settentrionale ove i rilievi, per le rapide neoformazioni fluviali, alla distanza di soli 25 anni, erano quasi tutti da rifare. Così vennero continuati gli studî sul delta del Po, dopo i lavori eseguiti dal duca Imbert e del Magnaghi. Si riconobbero gli effetti della nuova via di afflusso creata alla laguna veneta dall'apertura del «Lido» presso Venezia, confermando la «singolarità batometrica» notata da Olinto Marinelli.

Per lo studio delle maree, osservate con tanta cura, in Italia, dal Grablovitz, si reclama la sostituzione del materiale scadente e il collegamento di tutti gli apparati congeneri disseminati lungo le coste d'Italia, per ottenere un lavoro sistematico. Pel servizio idrografico funzionano gli ottimi mareografi di Genova, della Maddalena, di Taranto e di Venezia. Su quello di Genova sono basati i migliori elementi che possediamo per il piano di riferimento altimetrico.

L'azione della nostra Marina si è esercitata lodevol-mente nella determinazione delle correnti attraverso gli Stretti di Gibilterra, di Messina, di Bonifacio, particolarmente nel Bosforo e nel Canale dei Dardanelli, ove già incominciò i suoi gloriosi studi il Marsigli e dove il Ma-gnaghi iniziò lavori di nuova importanza: però non si è ancora svolta come e quanto sarebbe desiderabile nello accertamento delle densità, delle temperature, delle salsedini, nell'osservazione appropriata (utile pure all'idrografia) delle forme animali, diverse nelle diverse correnti, nei vari stretti e, in special modo, nell'interessantissimo stretto di Messina, il cui studio, colla sola conoscenza della batometria, può dirsi appena incominciato.

Sotto gli auspici dell'Istituto Idrografico, la R. Marina intraprese notevoli rilievi di precisione nel Mar Rosso, determinando posizioni astronomiche, fissando l'esistenza di alcuni banchi, praticando un largo disegno d'idrografia Eritrea, centro d'irradiazione Massaua, ove il rilievo marittimo si allaccia alla rete trigonometrica dell'Istituto Geografico. E a questo proposito sono degne di menzione le campagne della cannoniera «Scilla» opportunamente trasformata per il servizio idrografico, sotto il comando del Cassanello. Nè vanno dimenticati gli studi dello Issel sulla fauna, specialmente malacologica, e sulla genesi e morfologia di quel mare importantissimo nel commercio mondiale, appendice naturale e storica del Mediterraneo. Se vasto è pur sempre il campo dei nostri idrografi, anche ridotto ai soli confini marittimi del Regno e ai mari che direttamente ne dipendono, non possiamo tuttavia dissimularci che il nostro amor proprio nazionale è assai poco lusingato dal riconoscere che l'opera dell'Istituto Idrografico è limitata, a ponente, dalla Francia, che spinge i suoi rilievi idrografici oltre la Tunisia, sul canale di Pantelleria; a levante dall'Austria-Ungheria, che ha condotto operazioni batometriche importanti dall'Adriatico all'Jonio, ove, a S.E. di Cerigo, non molto a levante dell'Abisso Magnaghi (4067 m.), misurato dal «Washington» nel 1887, la nave austriaca «Pola» trovò nel 1891 la massima profondità conosciuta dell'intero Mediterraneo in m. 4404. L'Adriatico e quanto del Mediterraneo sta a levante del meridiano di Leuca, e lo stesso Mar Rosso, furono metodicamente esplorati da quella nave della Marina austro-ungarica, mentre a ponente della Sardegna le fanno riscontro i lavori del francese «Travailleur».

Nel titolo messo in capo a queste linee: «L'Italia e il suo Mare», quel possessivo sarà sembrato stranamente pretenzioso e in aperto contrasto con le nostre presenti condizioni militari ed economiche, specie se riferito allo intero Mediterraneo, ove l'opera nostra, anche solo scientifica, è sopraffatta da quella di altre nazioni, in parte o in tutto, estranee a questo mare; ma, a parte il valore due volte storico di quell'aggettivo, aggiungerò che entro più modesti limiti, non è affatto contestata la nostra azione almeno nella parte centrale di esso, a N. e a S. della Sicilia, ove per tacito consenso degli altri Stati, ci è riconosciuto il compito di esplorarlo, annettendo alla nostra «sfera d'influenza» anche il Mar Tripolino.

Ho accennato alla campagna del «Washington» di gloriosa memoria. I lavori talassografici nostri erano assai bene avviati, come può riconoscersi particolarmente da una relazione pubblicata in Genova nel 1884, e redatta dai professori Giglioli ed Issel.

Dopo la nomina della «Commissione talassografica» di Roma l'opera d'esplorazione scientifica del Mediterraneo, così bene incominciata dal Magnaghi e dal Giglioli, parve aver subito una grave interruzione.

Però l'apparizione degli «Annali Idrografici» venne a darci la preziosa notizia della particolare operosità dell'Istituto della R. Marina di Genova, cioè della sempre nuova estensione de' suoi rilievi e della sempre maggiore perfezione dei metodi. Occorre soltanto una più larga divulgazione fra noi dell'opera dei nostri massimi Istituti di Stato che attendono alla esatta rappresentazione del territorio della Patria e dei mari che la circondano; occorre che questi tesori di sapere geografico entrino a far parte della cultura viva della Nazione, aspirante a più alti destini.

Nè manca, accanto a quelli dello Stato, l'opera dei privati e l'iniziativa individuale, talora anche fuori del Mediterraneo.

Con navi e materiale proprio fecero le loro mirabili crociere nel Mediterraneo e anche nell'Atlantico, i due più valorosi campioni dello Sport nautico ligure: il cap. Enrico d'Albertis, di Genova, con la «Violante» e il «Corsaro» – il principe Alberto I di Monaco, appassionato cultore di questi studi, con la goletta «Hirondelle» a cui succedette, fornito di tutto quanto ci offre la scienza progredita, il vaporino «Principessa Alice».

Molto deve la conoscenza scientifica del Mediterraneo a questo munifico Principe, con la fondazione del Museo Oceanografico di Monaco e dell'Istituto pure Oceanografico di Parigi, che a vicenda si completano.

Al IX Congresso Internazionale di Geografia (Ginevra 1898) il prof. Decio Vinciguerra, in nome della Società Geografica Italiana, propose la formazione di una Commissione Internazionale per l'esplorazione scientifica del Mediterraneo. La quale, presieduta dal principe di Monaco, pose mano ai suoi lavori e nella Conferenza di Roma stabilì un largo piano di operazioni, che comprendeva anche le collezioni biologiche.

La parte onorevole che a questi lavori prendono gli idrografi e naturalisti italiani, ci assicura una posizione non indegna degli eredi della gloria di Ferdinando Mar-sigli, il precursore dell'Oceanografia moderna.

L'avvenire dell'Italia è sul mare, in mezzo al quale essa si adagia nei secoli. La sua giacitura geografica ne delinea l'alto ufficio e l'obbligo preciso che i nostri padri sentirono, e a cui non vennero meno, rischiarandolo tutto per ben due volte, prima colle armi e colle leggi, poi con la navigazione e con la rinascente Geografia, documentata nei portolani medioevali.

L'avvenire dell'Italia è sul mare; su questo mare storicamente suo, su questo mare, che essa deve studiare con tutte le energie della sua, forse, ancor troppo inesperta giovinezza politica.

Noi lo sappiamo: non vi ha conquista militare, se anche fortunata, durevole, senza la preparazione sapiente che deriva dalla conquista economica e dal lavoro scientifico.

Conoscere è possedere. Ma solo collo studio si conosce, solo collo studio si possiede veramente, durevolmente. Quando il Mediterraneo sarà conquistato dal nostro lavoro, quando nel vecchio mare, che è pur sempre il principale bacino interno del mondo e il più insigne dei suoi mercati, prevarrà di nuovo, in modo indiscutibile, se non esclusivo, l'opera economica e, sopratutto, scientifica degli Italiani..., oh! non temete: nella coscienza e nell'opinione dei popoli, come dei governi, su questo mare la patria nostra avrà il posto che le compete.

Fra queste pareti, noi non dobbiamo invocare che un solo grande diritto: il diritto della scienza.

Esercitiamolo.

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