III.

1. La Storia dei Congressi Geografici Italiani è breve. Risale al Congresso tenuto in Genova nel settembre 1892 in occasione delle Feste solenni per il IV Centenario della scoperta dell'America; ma come movimento iniziale – già lo abbiamo osservato – può rimontare anche oltre un decennio più addietro, al Congresso Internazionale di Venezia del 1881. Là i viaggiatori italiani, col Massari, consegnavano alla Geografia esploratrice il compimento della prima traversata dell'Africa boreale: gli idrografi nostri, condotti da O. B. Magnaghi, facevano conoscere i nuovi ingegnosi apparecchi dell'Ufficio Idrografico e davano alla Oceanografia la notizia di importanti ricerche sulla temperatura e salsedine degli strati profondi, mentre il Giglioli annunziava ai biologi inglesi, che fino allora la negavano, la scoperta della fauna abissale mediterranea.

A Venezia l'Ammiraglio Fincati espose le sue magni-fiche ricerche sulle triremi antiche, Giovanni Marinelli diede il «Saggio di Cartografia della Regione Veneta» primo del genere, rimasto unico finora; Giuseppe Dalla Vedova fissava le linee fondamentali della sempre dibattuta questione dell'insegnamento della Geografia in Italia; e Luigi Bodio presentava, dopo il censimento del 1881, il suo classico lavoro statistico sulla Emigrazione italiana.

Per iniziativa della Società Geografica e del suo Presidente il March. Giacomo Doria, naturalista insigne e nome illustre nella storia ligure, le grandi Feste Colombiane di Genova nel settembre del 1892, ebbero il loro naturale complemento nel Primo Congresso Geografico Italiano, cui si volle dare molto opportunamente un carattere quasi internazionale con un largo invito di geografi stranieri, fra i quali ricorderò soltanto Pietro de Semenov, Teobaldo Fischer ed Emilio Levasseur.

2. Così fu promossa la novella istituzione, fedelmente continuata per quasi un ventennio, attraverso i Congressi di Roma (1895), di Firenze (1898), di Milano (1901), di Napoli (1904) e di Venezia (1907). Tutti questi Congressi formano, a così dire, un primo gruppo con predominio della Geografia generale, ma non senza qualche importante rilievo nei campi della Geografia esploratrice, e più ancora in quelli della Geografia commerciale e coloniale. A Napoli nel 1904 sorse l'idea di un primo Congresso Coloniale Italiano all'Asmara, che si effettuò nell'anno sucessivo, e diede luogo a ricognizioni non prima tentate nel territorio dell'Eritrea e a studi scientifici di valore.

Possiamo dirlo senza esitanza: tutti quei Congressi fecero onore alla scienza italiana, svegliarono nei giovani il desiderio di nuovi studi, discussero problemi di importanza vitale e diedero un confortante segno dei nostri progressi nei diversi rami della cultura geografica e delle sue svariate applicazioni.

Però quei congressi non presentano forse la continuità di pensiero e di opere che avrebbero potuto rendere più coerente la vasta materia e più efficace l'intenzione.

Ardua impresa sarebbe il riassumere l'opera scientifica, didattica ed anche sociale ed economica dei Congressi passati, i quali per la molteplicità della materia trattata e anche per la ragione su esposta, non ci offrono il modo di afferrare una linea comune, nè è facile fissare il carattere individuale di ciascuno.

3. Un grave problema fra noi è quello dell'Emigrazione, che involge tutta una questione complessa di Geografia economica nazionale. Di emigrazione si è largamente discusso nei primi due Congressi: quello di Genova e quello di Roma, sempre sulle magistrali relazioni del senatore Bodio. E buone proposte si fecero per il patronato degli emigranti, per un legame non solo di affezione, ma anche di diritto, dei figli lontani, colla madre patria, per i provvedimenti legislativi, più utili, ad un tempo, agli emigranti e al paese.

E perchè il Bodio ha dimostrato che la Colonizzazione interna, considerata come un modo di deviare e di arrestare la corrente migratoria, è un sogno, fors'anche un bandierone messo fuori ogni tanto fra la turbe faziose, a noi non rimane che studiare i modi, perché gli emigranti vadano all'Estero ben preparati all'aspra lotta del più duro lavoro, e producano, là dov'è possibile, nell'interesse della Patria, conservando in essa (secondo la geniale idea di uno statista siciliano) qualche forma di diritto politico.

Ma tutti questi provvedimenti, molti dei quali hanno carattere di urgenza, mentre ben pochi finora hanno potuto ricevere qualche principio di attuazione, non toccano la radice del grande fenomeno migratorio. A questo, come ad altri gravi problemi economico-sociali, il rimedio fondamentale è da ricercarsi nell'istruzione popolare, la prima vera distributrice della ricchezza fra le classi che si chiamano diseredate.

4. Ed è questa la ricchezza, che simile ai pani miracolosi del Vangelo, più è divisa e più si moltiplica. Associata con le forze della natura, illumina le volontà, ed eccita, come direbbe un insigne economista filosofo, «le forze prorompenti dalle vocazioni sociali».

Il popolo deve essere redento dalla massima delle servitù, che è quella dell'ignoranza dei primi rudimenti della lingua e del sapere; e le leggi del lavoro devono essere così saggie e così umane da permettergli di non essere escluso dalla vita dello spirito, aiutandolo anzi alla lettura con lezioni siano pure cinematografiche, come quelle istituite recentemente in Francia e accolte dal pubblico con grande e crescente favore.

Fu già detto che al tesoro della sapienza scientifica si contrappone in Italia la più folta caligine dell'ignoranza: e vaneggia lo spazio a traverso il quale si dovrebbero congiungere tutte le Regioni nella solidarietà del sapere di tutti gli ordini di cittadini.

Noi dobbiamo creare appunto la solidarietà del sapere e quella della volontà, se vogliamo conseguire quell'unità economica che deve suggellare, colla forza irresistibile dell'interesse comune, l'unità politica.

Anche Luigi Luzzatti, nel suo poderoso discorso inaugurale del Congresso della Società delle Scienze in Padova, dopo aver dimostrato il profondo contrasto fra noi dell'alta cultura colla insufficienza della scuola, specialmente della scuola popolare – pur non avendo mostrato di essersi accorto della importanza del progresso fatto in Italia dagli studi geografici specialmente intorno alla massima opera di Giovanni Marinelli – lamenta giustamente la generale ignoranza della Geografia come una dalle più tristi caratteristiche dell'ignoranza italiana.

L'istruzione popolare, adunque, deve essere tutta penetrata di spirito geografico, deve essere tutta informata ad un insegnamento nuovo della Geografia, che per noi Italiani, ripetiamolo pure, è associato all'immagine e al sentimento del mare: poichè il mare è elemento di forza, educazione di libertà operosa e fonte inesauribile di privata e di pubblica ricchezza.

5. Alla Geografia, non già sotto la forma inorganica di una repugnante nomenclatura, ma considerata nell'ampiezza degli orizzonti che schiude alle menti dei giovani, e nella virtù educativa derivante dai mille stimoli forniti alla loro volontà, dobbiamo assegnare un posto di primissimo ordine in un sistema coerente di restaurazione economica e anche civile. La Geografia, intesa nel senso di una più larga visione nelle cose, sciolta dai vincoli sistematici che, nelle scuole la inaridiscono, deve essere fondamentale preparazione ad un'Italia prospera e forte sul mare.

E, per quanto riguarda l'emigrazione, occorre subito un' istruzione speciale sui paesi ai quali è diretta, e sui mezzi di tutela e di difesa: occorre in ogni regione l'opera concorde di tutte le amministrazioni locali per organizzare questa istruzione specializzata. Poichè, o Signori, se la fatalità economica vuole che tanta parte del lavoro nazionale migri lontano, è di supremo interesse per tutti che vi arrivi ben difesa contro «l'esportazione del delitto» che proietta un'ombra così triste sulla vasta e benefica opera di lavoro delle colonie italiane delle due Americhe.

La prima economia che si deve fare, dice il Ruskin, è quella del delitto, che è il nostro più costoso articolo di lusso. E questa economia può esser fatta (soggiunge l'esteta economista inglese) per mezzo di scuole educative che non insegnino solo il mestiere, ma le leggi della salute fisica con le abitudini della gentilezza e della giustizia.

Il problema dell'istruzione è stato largamente agitato nei nostri Congressi, nei riguardi della Geografia, ma per la parte puramente pedagogica, in ispecie delle scuole medie classiche e tecniche: forse non è mai stato considerato da questo punto di veduta più ampio, nel quale alla Geografia, in mezzo alle plebi irredente, si affida un apostolato civile e umano.

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