CAPITOLO V. Una scena ultra-sensazionale fuori programma

La lavorazione del film tanto atteso era pervenuta alla sua buona metà, quando un avvenimento fantastico venne improvvisamente a troncarlo.

Il mese di settembre volgeva al termine.

Di buon mattino, tre maestose Roll-Joyce filavano rapidamente verso il Lago d'Oro, a nove chilometri da Hollywood.

Tanagra, Charley Brenon, Marcus Alliston, Tom Fred, l'operatore Din Gimmy e sette artisti, tra i quali il tenero Gaston Wing, l'arbiter elegantiarum di Hollywood, sedevano nelle lucenti macchine per recarsi ad eseguire un «esterno» sensazionale. Charles Brenon non si attendeva però di presenziare, senza alcuna facoltà di dirigerla, una scena così sensazionale come quella che Din Gimmy fu costretto a «girare» sulle sponde del Lago d'Oro.

Tutto era ordinato per l'assalto di quattro banditi in marsina che dovevano gettarsi nell'automobile in corsa con a bordo Tanagra; rapire questa colla usuale destrezza dei predatori cinematografici e portarla su una barca approdata al lago, mentre Tom Fred giungeva dalla prateria per gettarsi in acqua e rincorrere a nuoto i rapitori...

Charley Brenon, dopo avere spiegato più volte la scena, diede l'ordine di incominciarne l'esecuzione e gridò:

— Azione!

Da un elevato ammasso di alberi, di liane e di cespugli che si trovava sulla riva del lago, uscì una voce stentorea, di un forte timbro metallico, vibrante e chiara: una voce che pareva centuplicata da un potente moltiplicatore:

— Pronto!

La muraglia vegetale si scosse, si aprì ed un gigante di spaventosa altezza, di color grigio-chiaro, con due enormi spalle quadrate, due grandi lenti circolari per occhi ed una spaccatura nera e rettangolare per bocca, apparve improvviso e terribile, su due gambe rigide, gettando i presenti in una immediata, gelida angoscia stupefatta! Il mostro incredibile misurava certamente tre metri e mezzo di altezza. Le mani piatte ed enormi, con lunghe dita uncinate, divaricavano le frondi e spezzavano i rami ed il gigante, a passi immensi, le braccia tese in avanti, si avanzò verso l'automobile...

Un'aureola di nebbia leggermente azzurra si sprigionò dal grande corpo, come avvolgendolo e nascondendone i contorni.., Non un grido uscì dal petto degli astanti.

Il terrore aveva sospeso tutti i fiati e tutti i battiti dei cuori.

Tutti rimasero immobili, invasi da una stupefazione anchilosante. Solo l'operatore Din Gimmy diede un segno di vita continuando automaticamente a girare la manovella della macchina di presa: ma i suoi occhi, vitrei di inaudito orrore, fissavano l'avanzarsi inesorabile del gigante fantasmagorico verso l'automobile che portava Tanagra, immobile come una omonima statuetta.

L'automobile pure si era fermato, come se una potenza occulta avesse agito sul freno e sul motore, gettando la macchina stessa in una stupefazione orribile.

I quattro banditi in marsina, nell'atteggiamento di gettarsi su Tanagra, ai due lati della Roll-Joyce, fissavano con occhi magnetizzati l'incredibile apparizione.

Tom Fred aveva sospeso la sua corsa salvatrice a mezzo della prateria. Pareva che il paesaggio tutto fosse stato improvvisamente invaso da una conscia angoscia di morte.

Nessuno di coloro che presenziavano la scena, credeva certamente alla sua realtà.

Quel che succedeva aveva i caratteri d'un incubo, e tutti provavano la sensazione di vivere in un sogno dal quale vanamente tentavano di svegliarsi.

Il gigante aveva raggiunto l'automobile in panna.

Con una mano – mostruosa piovra movente i tentacoli – sollevò dal sedile Tanagra come un fuscello; uno sportello si aprì nello stomaco del gigante: la mano orribile vi nascose dentro la ragazza: lo sportello si richiuse, mentre dai fianchi del colosso si allargavano due ali mostruose che occultavano le braccia. Il gigante spaventoso prese la forma di un immenso pipistrello ritto sulle zampe.

Poi, come un immenso pipistrello azzurrino si innalzò, producendo un movimento d'aria che scosse le erbe e fece volare sciarpe e cappelli dalle auto...

Quale spaventoso pipistrello, l'apocalittica apparizione si elevò, in mezzo ad un silenzio di tomba!

Gli occhi seguirono magnetizzati da un terrore bianco l'ascesa dell'inverosimile mostro alato.

Man mano che si allontanava da terra, il gigante diventava invisibile: la sua sostanza, che pareva di chiaro metallo, diventata diafana, finì per confondersi coll'azzurro del cielo...

Allora tutti gli astanti ebbero una scossa, come se uscissero da un sogno opprimente.

Si guardarono l'un l'altro, poi guardarono l'automobile vuota, dalla quale era così prodigiosamente sparita la gioconda compagna.

Din Gimmy, gli occhi fissi in alto e orribilmente ingranditi, continuava a girare la manovella come un ridicolo automa mosso da una carica d'orologeria...

Quanto tempo trascorse dal momento della apparizione tremenda al risveglio dall'incubo?

Nessuno ne aveva coscienza.

Nessuno avrebbe potuto dire se era trascorso un quarto d'ora o un secolo. Forse c'era stata un'eternità tra i due momenti.

Tom Fred fu il primo a dar segno di vita.

E quando Tom Fred dava segno di vita, lo faceva sempre con una generosa distribuzione di pugni.

Poichè non era giusto che operasse questa distribuzione sulle spalle dei suoi compagni di lavoro ed il gigante rapitore era sparito, Tom Fred caricò se stesso di pugni.

— Stupido Tom Fred, che cosa hai fatto? Ti sei lasciato portar via Tanagra sotto il naso! Prendi questo, cretino; prendi quest'altro, oca!...

E continuò a pugilare se stesso, finchè, avendo in tal modo ristabilita la circolazione del sangue, finì per vedere una buffissima scena intorno a sè.

Ma che cosa facevano costoro fermi ed intontiti come marmotte?

E quel balordo che continuava a girare la manovella?

In un balzo fu sopra all'operatore e gli fermò la mano.

— Smettila di girare l'arrosto, Din Gimmy! – esclamò. – Tu sprechi una quantità inverosimile di pellicola per girare una diecina di rimbambiti come me che guardano in cielo!

Marcus Alliston, l'autore dello scenario, si passò una mano tremante sulla fronte e ne deterse il gelido sudore che brillava al sole.

— Ma questo è un sogno! – mormorò lo scrittore.

— Voi lo credete, Marcus Alliston? – gridò Tom Fred. – Voi credete di sognare? Può darsi che voi abbiate ragione... Bisogna accertarsene.

Si avvicinò a Marcus Alliston e gli diede un pizzicotto al braccio.

Lo scrittore emise un grido.

— No, voi non sognate, mister Alliston! Nessuno di noi ha sognato!... Abbiamo tutti realmente veduto rapire, da un gigante alto quattro metri almeno, la nostra cara Tanagra... l'abbiamo veduto portarsi via la bella nostra compagna... ed ora rimaniamo qui come tanti babbuini... Suvvia, signori!... Azione! movetevi! Affrontate la realtà!... Un gigante infernale ci ha portato via Tanagra!

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