CAPITOLO VI. Il Gigante rapitore di stelle

Alla rumorosa intemerata di Tom Fred ed alla sua poco rispettosa minaccia di prendere a pugni l'intera troupe se questa non si risvegliava, a poco a poco tutti si scossero.

Charley Brenon si asciugò lui pure un gelido sudore che gli imperlava la fronte e mormorò:

— Sam Woller ha ragione. La vita ci ha superati. Questa scena sensazionale vale tutti i nostri films!

— Mi convinco che tutto è possibile, anche l'assurdo – fece Marcus Alliston con voce tremante. – E la critica trova le mie «sensazioni» inverosimili! Sentiremo che cosa diranno di questa.

— La negheranno...

— Diranno che noi siamo stati vittime di un'allucinazione – suggerì l'arbiter elegantiarum, il sorridente signor Wing.

— Oppure che noi abbiamo simulato un rapimento per clangore di réclame – soggiunse Marcus Alliston.

— Questo non potranno dirlo – sorse a dire Din Gimmy – perchè io ho girato la scena.

— Bravo, Gimmy! – disse Brenon. – Hai avuto una meravigliosa presenza di spirito!

— Non lodatemi troppo – corresse modestamente l'operatore. – A dire tutta intera la verità e null'altro che la verità, io non l'ho fatto apposta, a «girare». Non me ne sono nemmeno accorto.

— E se io non lo facevo smettere, girerebbe ancora adesso – esclamò Tom Fred.

— Comunque, la scena fantastica è presa osservò Brenon. – Saranno forse cento metri di negativo, ma quei cento metri hanno un valore straordinario.

— Noi li sbatteremo sul muso di coloro che vorranno negare la scena del Lago d'Oro – soggiunse Tom Fred. – Nessuno potrà dire che noi abbiamo sognato o che abbiamo gettato Tanagra nel lago per sopprimerla o nascosta sotto terra per gelosia di mestiere. Ma sapete piuttosto che cosa diranno di noi?

— Son curioso di saperlo – disse Brenon.

— Diranno semplicemente che siamo dei molluschi, dei buoni a nulla, dei paurosi – gridò Tom Fred. – In diciotto persone non se n'è trovata una capace di inviare una palla a quel ladro di stelle!

— Ho la convinzione che non avrebbe servito a nulla – opinò Gaston Wing. – Le pallottole delle nostre rivoltelle si sarebbero schiacciate su quel corpo.

— Bisognava gettarci tutti contro quel demonio! – fece Tom Fred con una voglia pazza di prendersi ancora a pugni per castigare la sua «vigliaccheria».

— Il terrore ci ha immobilizzati!

— Tutta Hollywood non solo, ma tutta l'America se fosse stata presente alla scena, avrebbe conservato la nostra marmorea immobilità – fu l'opinione dell'inscenatore Charley Brenon. Un simile exploit ha in sè la forza di terrorizzare centomila cavalieri senza paura! Quando ho udito quel pronto, subito seguìto al mio ordine di azione, mi son sentito un brivido percorrermi tutto il corpo; quando poi ho veduto il gigante avanzare verso l'automobile, ho pensato che una simile apparizione apocalittica annunciava certamente la fine del mondo. Poi, mi son sentito come elettrizzato ad alta frequenza.

— Il mostro dovette certo emanare una strana irradiazione azzurra – fece Marcus Alliston.

— Lo credo anch'io – disse Brenon, – tanto è vero che anche l'auto si fermò subito. È vero Kambira?

Lo chauffeur di Tanagra era ancora sbalordito dalla mostruosa apparizione. Si scosse ed esaminò il motore.

Nessun guasto si era prodotto.

— Che cosa hai sentito, tu, Kambira; al volante? – chiese Brenon.

— Ho sentito come una mano invisibile che agisse sui freni e sul volante: io non ho fatto alcun movimento per fermare la macchina.

— Tanagra non ha mandato un grido – osservò Marcus Alliston.

— Il demonio l'ha sollevata come una piuma...

— E l'ha nascosta nel suo orribile seno! – urlò Brenon con raccapriccio.

— Per portarla dove? – chiese Tom Fred.

— E chi potrà mai saperlo?

— Povera Tanagra! – fece Tom Fred. – Così fragile e così piccina!

— Ma così piena d'ardire! – disse Brenon.

Con passo ancora rattrappito il direttore di scena si accostò all'automobile e rinvenne al posto occupato da Tanagra, la di lei elegante borsetta d'oro. La raccolse e se la mise in tasca.

Marcus Alliston guardava smarritamente in cielo, nella vana speranza di vedere qualche indizio di Tanagra; i quattro attori in marsina, che raffiguravano i rapitori della ragazza, erano accasciati.

— Ce l'ha fatta, il mostro! – disse uno di essi.

— L'ha rapita lui, invece di noi! – fece un altro.

— Che cosa dirà Sam Woller quando gli daremo la notizia? – chiese Din Gimmy.

— È capace di esclamare: Che bel colpo di réclame per l'«Universal»!...

— E di chiederci se il Gigante era fotogenico per poterlo scritturare!

— Io credo piuttosto che egli crederà di sognare, come lo crediamo noi – opinò Charley Brenon.

— Come, mister Brenon? non siete ancora rinvenuto dalla vostra idea fissa? – fece Tom Fred. – Voi credete ancora di sognare? Suvvia... fatevi animo. Date ordine a Kambira di trar fuori dal cassetto della macchina la bottiglia del whisky... Ne abbiamo tutti bisogno.

Bevettero il whisky, ma questo non giovò a rimettere a posto i loro nervi terribilmente scossi.

Il paesaggio attorno al Lago d'Oro appariva desolato. Un soffio di inverosimile dramma era passato su di esso, come sui nervi degli spettatori.

Che cosa rappresentava questo mostro colossale che era piombato su Tanagra, per rapirla e farla scomparire nel cielo?

Era un orribile fantoccio, senza dubbio: ma aveva agito colla precisione di un essere umano. E per qual motivo aveva scelto la sua vittima nella gioconda fanciulla in procinto di diventare la più fulgida stella di Hollywood?

Tutti rimasero assorti in una sconclusionata meditazione e nessuno riusciva a convincersi che la scena a cui avevano assistito appartenesse al mondo reale.

L'unico che considerava il fatto come avvenuto materialmente, era Tom Fred: gli altri ci credevano, senza certezza.

— Che cosa aspettiamo qui? – fece Tom Fred. – Che Tanagra ci cada un'altra volta dal cielo?... Magari che la piccina ci facesse questa sorpresa! Ma temo che in questo momento essa viaggi molto lontano di qui. Vorrei sapere dove abita di casa quel fantoccio, per andarlo a scovare e prenderlo a pugni.

— Ti romperesti le nocche, Tom Fred... – disse Marcus Alliston. – Quello è un fantoccio infernale che darà del filo da torcere a tutti i detectives del mondo... Credo che ci abbia fatto l'onore di scegliere noi come un primo gruppo di spettatori delle sue prodezze. Non è che un saggio. Ci riserva senza dubbio qualche altra sorpresa.

— Quella, per esempio, di andare a deporre Tanagra presso un'altra Compagnia cinematografica rivale – opinò Tom Fred...

— Non facciamo altre supposizioni – suggerì Charley Brenon. – Lasciamo questo compito ai giornali. Domani si getteranno sulla «Donna sparita in cielo» con un'avidità cento volte maggiore di quella dimostrata quando si gettarono sulla «Donna caduta dal cielo»! Ne sentiremo di ogni colore!...

— Qualcuno ci accuserà di aver fatto sparire Tanagra!

— Ah, questo no! – rispose fieramente Din Gimmy togliendo dalla macchina di presa la scatola del negativo. – Qui c'è la prova del rapimento.

— Ed anche i precisi connotati del rapitore! – esclamò Tom Pred in un nuovo impeto di furore... – Ma se lo ritrovo il Gigante, voglio romperglieli, i connotati!...

Charley Brenon diede l'ordine della partenza.

Le tre Roll-Joyce abbandonarono il Lago d'Oro, il triste luogo dov'era apparso il Gigante rapitore di stelle, a cui nessuno crederebbe, ma di cui il negativo girato da Din Gimmy avrebbe provato la realtà inoppugnabile.

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