CAPITOLO IV. Pioggia di pugni

E così nacque la celebrità di Tanagra. La nuova fulgida stella, caduta dal cielo nel bel mezzo di Hollywood, del cielo di Hollywood minacciava di oscurare tutte le stelle!

Tanagra agiva dinanzi all'obbiettivo con una semplicità che valeva l'arte delle attrici più consumate.

Il suo sguardo profondo e vellutato, venne subito definito la malìa di Hollywood, e perciò del mondo intero, poichè la fantastica metropoli del cinematografo si innalza nel centro del mondo.

Il sorriso di Tanagra pareva diffondersi dal bel viso infantile a tutta la persona e da questa a tutta la scena circostante.

Sam Woller si era affrettato a stipulare con l'audace volatrice italiana un contratto sbalorditivo.

Il giorno dopo l'amministratore delegato dell'«Universal» aveva regalato a Tanagra una magnifica villa, nella più splendida località di Hollywood, fornendola di mobili eleganti e di tutta una modernissima batteria di cucina, come aveva desiderato la ragazza per sfogare la sua abilità di cuoca.

Naturalmente, Sam Woller non aveva trascurato di arredare il garage del villino «Tanagra» di una lussuosa Hispano, condotta dall'esperto chauffeur malese Kambira.

Tanagra trascorreva le ore che la scena le lasciava libere nel leggere e nello scrivere lunghe lettere alla mamma che essa aveva lasciato a Roma e che lei insistentemente pregava di venire in America a godersi la sua onorata vecchiaia.

Scriveva anche qualche lettera al suo cugino, l'ardimentoso pilota che l'aveva «calata» ad Hollywood e che ora continuava le sue scorrerie aeree.

Ella aspettava da una settimana all'altra Nello Sorasio che le aveva promessa una visita ad Hollywood. I due giovani si erano fidanzati fin da ragazzi ed una dolce e tranquilla affettuosità li univa. Tanagra gli aveva promesso di sposarlo, non appena avesse realizzato il suo sogno che era di diventare la più celebre stella cinematografica del mondo. Il momento stava per giungere, perchè il film «La donna caduta dal cielo» era quasi ultimato ed avrebbe costituito il suo «starring vehicle», come si dice nel gergo di Hollywood, il «veicolo della stella».

Il film che Charley Brenon stava inscenando con grandiosità di messa in scena e sbalorditiva profusione di mezzi, era atteso con straordinaria curiosità dal mercato dei due mondi ed era già stato venduto a prezzi favolosi.

Naturalmente, il fenomeno Tanagra aveva suscitato non poche gelosie in quel mondo eclettico: e non poche stelle da parecchi anni fisse sul cielo di Hollywood, dicevano che l'artista improvvisata non poteva resistere alla critica. Ma i compagni della gioconda e semplice fanciulla che era Tanagra, l'amavano di cuor sincero.

Tom Fred, l'ardito acrobata che nel film era destinato a salvare una quindicina di volte Tanagra, diceva che avrebbe arrischiata la vita volentieri per salvarla nella realtà.

Fu così, che una sera, Tom Fred ebbe a somministrare una ragguardevole quantità di pugni ad un personaggio che non gli era riuscito molto simpatico la prima volta che lo aveva veduto sul terrazzo dell'«Universal-films» e che ora gli riusciva antipaticissimo nel giardino della villa di Tanagra.

Le cose erano successe così:

Tom Fred si era fermato davanti alla cancellata della villa per dare la buona sera a Tanagra, prima di recarsi al «Café Montmartre». Un dialogo, che si svolgeva dietro un folto cespuglio di fiori, attrasse la sua attenzione.

Ascoltò.

— È perfettamente inutile quanto voi mi offrite, signor Yoko-Hito – diceva una voce femminile che Tom Fred riconobbe subito per quella di Tanagra. – Voi sapete che io sono fidanzata.

— Lo so: ma voi a vostra volta sapete che mi avete reso pazzo.

— Infatti, voi siete pazzo nel propormi di abbandonare Hollywood e fuggire con voi nel vostro yacht. – Io non lo farò mai. Vi prego di uscire... siete penetrato nel mio giardino con astuzia, corrompendo la cameriera... andatevene e non insistete oltre.

— Non prima di avervi pregato ancora una volta di ascoltarmi... Io sono immensamente ricco: posso darvi cento volte le ricchezze che vi dànno questi istrioni: vi dirò di più, Tanagra, io posso darvi un regno, perchè posso conquistare per voi un regno quando lo creda opportuno... voi non conoscete la mia terribile potenza...

— No, ma conosco la vostra noiosa persecuzione: voi mi avete seguita a Roma, a Napoli... ad Hollywood.

— Ad Hollywood non vi ho seguita... vi ho preceduta.

— Perchè, origliando e spiandomi, siete venuto a conoscere il mio progetto di tentare la conquista di Hollywood.

— Comunque, io son qui per dirti: Tanagra, o mi sposi, o succede qualcosa che la tua fantasia non prevede!...

Ed in quel mentre il giapponese aveva dovuto fare qualche atto poco gradito a Tanagra, perchè questa gridò:

— Andatevene, o grido!

— Tu non griderai, Tanagra!

— No, ma sarai tu che griderai!

Quest'ultima frase non era più partita dal cespuglio, ma dal petto di Tom Fred.

Coll'agilità che aveva formato l'ammirazione dei due mondi, il celebre Tom Fred aveva scavalcato la cancellata, con un balzo si era gettato oltre il cespuglio, piombando addosso al giapponese e caricandolo di pugni.

Poi, con una forza che non era punto il frutto di un abile trucco cinematografico, il popolare attore sollevò mister Yoko-Hito e lo gettò oltre la cancellata.

Il figlio del Sol Levante, come un gatto, cadde sulle sue zampe. Non mandò un grido di protesta. Volse uno sguardo terribile alla villa e scomparve.

La scena si era svolta così rapidamente, che Tanagra non aveva avuto il tempo di raccapezzarsi: ma comprese che Tom Fred l'aveva liberata, e forse definitivamente, da un importuno odioso.

— Grazie, Tom Fred – disse.

— Forse sono stato un po' vivace, ma temevo che il giapponese vi facesse del male.

— Avete fatto bene... Egli non mi perseguiterà più... Gli ho detto tante volte di volermi lasciar tranquilla!

— Ma chi è infine questo giapponese? – domandò Toni Fred.

— Non lo so: a quanto pare è un miliardario. L'ho incontrato a Roma, al Pincio e non mi ha più lasciata in pace. Di quando in quando mi parlava, come mi ha parlato un momento fa, della sua potenza terribile... Non comprendo a che voglia alludere...

— I denari sono senza dubbio una grande potenza, ma non posseggono quella di distogliere Tanagra dalla sua arte – disse Tom Fred.

— E nemmeno quella di fermare i solidi pugni di Tom Fred – aggiunse ridendo la ragazza. – Gliene avete dati, caro Tom!

— Forse troppi, per quel corpo esile... ma il rimorso è ora inutile: non posso ritirarglieli.

— Bene, ed allora lasciateglieli! – fece Tanagra. – Dopotutto se l'è meritati. È strano però che egli se ne sia andato senza fare alcuna minaccia, senza un lamento...

— Che pretendete, Tanagra? Che avesse richiesto un'altra porzione di pugni?

— Via, non pensiamoci più... Grazie, e buon tabarin, Tom Fred...

— Voi non venite mai.

— No... io sono una signorina casalinga.

— Ho capito... vi preparate all'esame di gastronomia... Buona sera, Tanagra, ed arrivederci domani in teatro... Un pugno dato non è mai perduto, dice il proverbio. Quando poi i pugni sono molti, si deve ammettere che tutti insieme possono avere qualche buon risultato.

Ed il risultato fu che da quella sera Tanagra non vide più mister Voko-Hito.

Dove era scomparso?

Tanagra non se lo chiedeva. Era troppo felice di non più vedere quel viso odioso che le gettava nell'animo un senso inesplicabile di disagio, fatto di odio, di timore e presentimenti non troppo lieti.

Il giapponese aveva finalmente rinunziato al sogno chimerico di sposare la nuova stella di Hollywood e portarla lungi dalla gloria e, come diceva lui, da quel mondo istrionico.

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