CAPITOLO VIII. L’orgasmo ad Hollywood

L'opinione che si trattasse di un grande bluff ideato da Sam Woller con l'accordo dei suoi scritturati che avevan preso parte alla scena del Lago d'Oro, regnò sovrana per tutto il giorno.

Ma verso sera le cose cambiarono radicalmente d'aspetto. Il quotidiano «Hollywood News» uscì colla notizia che il «Gigante dell'Apocalisse» era stato visto da due contadini che transitavano col loro carro sulla strada conducente al loro cottage, a un chilometro dal Lago d'Oro.

Essi avevano, per alcuni istanti, scorto all'orizzonte una macchia lucente, della forma di un enorme pipistrello, nell'ora precisa riferita dai relatori dell'incredibile scena.

Poco dopo, un ragazzo aveva veduto un oggetto di color rosso ondeggiare nell'aria e posarsi su un albero, in una località presso Los Angeles, ad est del Lago d'Oro.

Il ragazzo era salito sull'albero, ed aveva raccolto una sciarpa di seta, impigliata nei rami. L'aveva portata a suo padre, maniscalco nelle vicinanze, il quale aveva appreso da un suo cliente proveniente da Hollywood la notizia del pauroso rapimento di Tanagra. La sciarpa portava, ricamato, un grande T.

Il maniscalco portò la sciarpa alla redazione dell'«Hollywood News», il quale ricamò su di essa la notizia sicura che il rapimento della stella italiana non costituiva un bluff, nè era il parto di un'allucinazione collettiva, ma un fatto reale che sconvolgeva tutto l'ordine delle cose.

«Noi siamo di fronte ad un avvenimento di importanza «mondiale – concludeva il giornale – perchè il «Gigante dell'Apocalisse» non è che il primo esperimento di un genio «infernale che minaccia con questo ratto aereo il mondo».

Dopo le testimonianze raccolte dall'«Hollywood News» e che venivano più tardi confermate dalla Polizia, uno stato di febbrile eccitazione si impadronì della metropoli filmistica.

La notte trascorse completamente insonne ad Hollywood.

Nei restaurants, nei bars, nelle sale da ballo, nelle redazioni, negli «studios», nei teatri si continuò fino all'alba a vaneggiare sull'assunzione in cielo di Tanagra.

Nell'eccitamento del jazz, l'avventura appariva sempre più favolosa ed i cervelli si estenuavano nel tentativo ossessionante di spiegarla.

Le supposizioni più fiabesche e terroristiche venivano accettate come possibili.

Mentre alcuni si fissavano nella congettura che il «Gigante dell'Apocalisse» fosse dovuto al genio di un grande criminale che iniziava in tal modo le sue gesta paurose per chiedere colossali riscatti; altri vedevano nel mostro un'azione compiuta ai danni della cinematografia americana per toglierle la supremazia mondiale. – Si era incominciato con Tanagra, si sarebbe continuato con Pola Negri, con Gloria Swanson, con Pickford: poi sarebbe venuta la volta degli astri: sarebbero stati successivamente assunti in cielo Douglas, Chaplin, Tom Mix, Al. Jonson, ecc., e poi sarebbe venuto il turno degli inscenatori, e poi dei capitalisti, e poi una squadra di Giganti dell'Apocalisse avrebbe addirittura portato via i modelli delle macchine per il «film parlante» che doveva definitivamente battere l'Europa.

Il rapimento di Tanagra significava una sola cosa: il grido di sfida del vecchio mondo alla trionfante industria americana. Visto che non si potevano conquistare i mercati con i films, si voleva uccidere la cinematografia americana per poter smerciare i prodotti europei... buoni per i ciechi.

Ma Chaplin, quella notte più catastrofico del solito, emise una sua teoria.

— Il Gigante dell'Apocalisse ci ha dato una buona lezione. Ci ha dimostrato che oramai noi abbiamo esaurito le nostre risorse di fantasia. Il film non ha più nessuna ragione di esistere, visto che la vita s'incarica di creare films più sensazionali dei nostri. Cosa bisognerà girare da oggi in poi, perchè la gente abbia il suo «brivido» in cambio del biglietto d'ingresso?

— Bisognerà saltare in Marte – suggerì Douglas Fairbank.

— Oppure arrampicarsi su uno specchio – disse Tom Mix.

Si tentava di far dello spirito, ma sta il fatto che il terrore serpeggiava per tutta Hollywood e che il solo a non esserne spaventato era Sam Woller. Egli conservava la cieca fiducia che il Gigante gli avrebbe restituita la stella, chiedendogli una buona mancia. Attendeva che gli giungesse la cifra del riscatto.

Il giorno dopo non fu certamente, come si dice in gergo cinematografico, una giornata lavorativa per Hollywood.

Tutte le troupes avevano sospeso di girare.

Le stelle stettero prudentemente nascoste, nel timore di servire di soggetto a qualche nuovo rapimento. Gli occhi hollywoodiani erano continuamente in azione verso l'alto: si temeva da un momento all'altro l'apparizione del mostruoso pipistrello.

Le edizioni dei giornali avevano abolito dalle loro colonne ogni altro argomento che non fosse il rapimento di Tanagra. Le fotografie della stella si riproducevano a milioni. I disegnatori, sui dati forniti loro dai presenziatori e specialmente dalla fantasia in trance, rappresentavano il Gigante dell'Apocalisse nelle forme più impressionanti.

La Polizia, naturalmente, aveva mobilitato i suoi migliori agenti per cercare le tracce del Gigante. Ventisette detectives scientifici studiavano il problema.

La palazzina di Tanagra fu minutamente visitata, con le lenti d'ingrandimento che ogni buon allievo di Sherlok Holmes porta con sè.

La sciarpa di Tanagra, raccolta dal ragazzo intraprendente, venne sottoposta a tutte le analisi.

Era stata abbandonata dalla rapita?

Il mostro apocalittico aveva forse gettato nel vuoto Tanagra sicchè la sciarpa potè volar via?

Come poteva respirare la ragazza nell'interno del favoloso Gigante?

Come funzionava questo orribile meccanismo? Ed era poi certo che fosse un meccanismo? Non era il caso di pensare ad una misteriosa razza di giganti volanti sorta da qualche ignorata Atlantide?

I detectives si trovavano finalmente di fronte ad un problema che esercitava le loro facoltà: perchè tutti gli altri da loro risolti erano stati un giuoco da bambini.

Trovare le impronte digitali del Gigante; ecco il problema.

Essi si recarono in massa compatta al Lago d'Oro.

Esaminarono sul terreno le impronte degli enormi piedi del mostro. Naturalmente, non vi rinvennero le linee della elegante calzatura di Menjou, ma piuttosto la sagoma di piedi d'ippopotamo.

Il cespuglio, da dove il Gigante era uscito, venne rovistato ramo per ramo, foglia per foglia.

Come vi si era nascosto?

Quale cammino aveva percorso?

Da quanto tempo attendeva di fare il colpo?

Naturalmente, nessuno rispondeva a queste domande, perchè, come tutti sanno, la prerogativa dei detectives è di parlare solo dopo che il mistero è chiarito. Come facciano a chiarirlo sempre così magicamente, è il loro segreto professionale e nessuno lo saprà mai.

È per questo che i romanzi polizieschi ottengono sempre così grande successo.

Il sopraluogo dei detectives diede senza dubbio origine in ciascuno di essi a geniali considerazioni e ad utili scoperte: ma noi non lo sappiamo. Ognuno tenne gelosamente segrete le sue trovate.

Questo fatto irritò molto il permaloso Tom Fred.

Ebbe un'idea.

Li radunò tutti ventisette in casa sua e fece loro il seguente discorso:

— Signori, voi fate male a tenere per voi le vostre scoperte, dato che ne abbiate fatte (sorriso indulgente dei ventisette Sherlok-Holmes). Io non sono detective, ma sono più generoso di voi. Voglio dirvi quanto ho scoperto questa notte (viso impassibile dei ventisette Sherlok-Holmes). Ho scoperto un indizio. Tre mesi or sono, io ebbi il piacere di somministrare una certa quantità di pugni ad un giapponese tenace che voleva ad ogni costo portare in un yacht la graziosa Tanagra. Sembra che questo brutto giapponese avesse l'idea fissa e maniaca di voler dare a Tanagra il suo nome. Questo nome io non ve lo voglio nascondere, signori detectives: il giapponese si chiamava Yoko-Hito. Oltre al chiamarsi Yoko-Hito, il giapponese aveva due denti di diamante. (I ventisette detectives accentuarono la loro suprema indifferenza, come fanno ogni qual volta si concentrano in se stessi). Questo giapponese aveva detto più volte a Tanagra: io posseggo una tremenda potenza (sette detectives accesero la pipa); parecchie volte aveva minacciato Tanagra di usare questa tremenda potenza, qualora la diva non avesse abbandonato il cinematografo per diventare la sua legittima sposa. Dal giorno in cui ho somministrato a Yoko-Hito i miei swings, Yoko-Hito è scomparso. Signori detectives, questa notte ho pensato che forse il giapponese non ha minacciato invano. Può darsi che egli possegga questa tremenda potenza. Non essendo un lanciatore di prodotti cinematografici, può darsi che queste parole non siano un bluff. Può darsi che il giapponese abbia dato un saggio della sua tremenda potenza. Signori, che ne dite?

I ventisette detectives non dissero nulla.

Certamente ciascuno di essi pensò che le rivelazioni del celebre acrobata erano di una grande importanza; che il giapponese Yoko-Hito non era un uomo da lasciare indifferente la sagacia di ciascuno di loro.

Ma non dissero nulla. Si limitarono ad accendere la pipa ed esprimere col viso un:

— Tutto qui, mister Fred?

— Che ne dite, signori? – ripetè l'acrobata.

— Siete certo che Yoko-Hito avesse due denti di diamante? – chiese uno di essi.

— Certissimo... il giorno della discesa dal cielo di Tanagra, tutti l'hanno osservato – rispose Tom Fred.

— Bene – osservò il detective – ne terrò conto.

L'indifferenza apparente dei Sherlok-Holmes per le rivelazioni da lui fatte, gli mise per un attimo la voglia matta di prenderli a pugni; ma giudicò più opportuno sfogare la sua collera in un proponimento.

— Signori – gridò – vi voglio mettere tutti in sacco! Vado io alla ricerca di Tanagra e, parola di Tom Fred, la troverò, perchè in qualche parte del mondo dovrà pur trovarsi il giapponese scomparso!

I detectives se ne andarono ciascuno per conto suo. Avevano molto lavoro da fare, per chiarire il mistero al più presto possibile.

Tom Fred, presa quella determinazione in un momento di collera generosa verso gli indifferenti detectives, prese la corsa verso l'ufficio di Sam Woller.

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