CAPITOLO III. Il segreto di Von Krämer

All'indomani mattina, Tanagra; dopo una notte di buon riposo, si svegliò ilare e fiduciosa nel suo destino.

Prima di aprire la porta che chiudeva nella sua camera il Barone, la stella di Hollywood fece una visita al sotterraneo, che aveva appena sommariamente veduto.

Esso era composto di parecchi locali tutti permanentemente illuminati dalla luce elettrica.

La sala delle dinamo l'interessò moltissimo. Le potenti macchine produttrici dell'energia che azionava il Gigante e che poteva generare i terribili fulmini di cui Yoko-Hito si era servito per assalire l'Edison, non funzionavano se non quando si agiva sulla tastiera.

La sala attigua conteneva il motore la cui forza veniva enormemente moltiplicata – secondo quanto le aveva spiegato il giapponese – dal geniale sfruttamento d'un potente esplosivo. Il motore, pure, non funzionava che quando si agiva sulla tastiera.

La luce illuminante i locali era dovuta ad accumulatori.

Come e quando fosse stato eseguito l'impianto colossale che permetteva di inviare, da un'isola deserta e sperduta, il prodigioso Gigante pel mondo, certo era questo un mistero.

Quale scopo aveva avuto l'inventore nel costrurre «Terror»? E perchè il giapponese si era unito al tedesco?

Dallo sfogo collerico del Barone, ella aveva compreso che il piano stabilito dai due soci doveva essere di una spaventosa grandiosità.

Il Barone aveva parlato di un esercito di giganti meccanici da lanciare sul mondo per impossessarsene! Ma chi doveva fornire i fondi per questa colossale impresa?

Ella si propose di soddisfare la sua curiosità interrogando il Barone stesso.

Dopo il suo giro di istruzione nei silenziosi locali costruiti per animare d'una spaventosa vita il mostro colossale, Tanagra andò ad aprire la porta che rendeva prigioniero in camera sua il Barone Von Krämer.

Questo era già alzato e sembrava impaziente di rimettersi al lavoro. I suoi occhi lucevano di bagliori strani. Tanagra ne ebbe un'impressione di inquietudine. Certamente il tedesco durante la notte doveva aver meditato qualche cosa. Tanagra pensò di intensificare l'attenzione e la vigilanza.

Entrarono nel Gabinetto delle trasmissioni.

— Barone, alla tastiera, per favore – ordinò Tanagra.

Il Barone sedette e mise in azione il motore.

Sullo schermo apparvero Tom Fred e Pepy, che vicini a «Terror» agitavano le mani in segno di saluto. Il diffusore, messo in azione contemporaneamente alla televisione, trasmise il buon giorno dei due viaggiatori.

— Avete dormito bene, miss Tanagra? Da un'ora noi esploriamo negli occhi del bestione un segno di vita! – gridò Tom Fred. – Temevamo che vi fosse successo qualche cosa.

— Tutto bene nel covo di Mister Giga? – chiese Pepy.

— Il Barone si appresta a portarvi a volo. Yoko-Hito e Siko sono chiusi a chiave ed io non abbandono mai la rivoltella. Bene, siete pronti?

— Prontissimi!... Abbiamo collocato in dispensa i resti del nilgò arrostito, ci siamo abbondantemente abbeverati e non aspettiamo altro che le buone grazie di Mister Giga.

Il Barone manovrò sulla tastiera. Poco dopo sullo schermo la terra rapidamente scompariva abbassandosi e l'immensità del cielo e del mare si apriva... Nel libero spazio, il Gigante alato procedeva con velocità spaventosa verso la sua mèta.

— Tra sei ore giungeranno all'Isola, fece il Barone, tenendo fermo l'indice della destra su un tasto e quello destro su un altro tasto all'estremità della tastiera.

— Sono sufficienti i due tasti per il volo di «Terror»? – chiese Tanagra.

— Sì, poichè il Gigante viaggia ora colla forza propria del suo motore interno... La pressione delle mie due dita serve soltanto a mantenere la direzione e la quota... Volendo cambiare direzione, evitare, ad esempio, un ostacolo, bisogna premere altri tasti... Ma se tutto procede come ci mostra ora il quadro di proiezione, non ci sarà da mutar tasti per tutto il percorso...

— Cosa c'è nella testa di «Terror»? – chiese Tanagra.

— L'apparecchio della televisione... attraverso gli occhi passano i raggi luminosi che un infinito numero di cellule fotoelettriche convertono in visione sullo schermo.

— Se si infrangessero gli occhi di «Terror»?

— Noi non vedremmo più nulla...

—Perchè avete costrutto questo mostro? – chiese Tanagra senza aver l'aria di dare alla sua domanda alcuna importanza.

Gli occhi di Von Krämer lampeggiarono.

— Perchè? – ripetè. – Perchè sognavo l'ora in cui la Germania avesse la sua vendetta.

— La sua vendetta?

— Miss Tanagra – disse Von Krämer con un accento in cui vibrava un enorme, fanatico, indomabile odio. – Credete voi che la Germania abbia dimenticato? L'intervento dell'America fu la causa della nostra sconfitta. L'America fa pagar caro all'Europa il suo intervento che fu un colossale business, un colossale affare. Ebbene, io voglio far pagare carissimo all'America il suo business: voglio semplicemente sopprimerla.

— Sopprimere l'America! – fece gaiamente la stella di Hollywood. – Ma se non ci fosse, bisognerebbe inventarla, come dice il mio principale Sam Woller.

— Non ridete, Tanagra – esclamò freddamente il Barone. – Voi credete che io scherzi. No. Se questo idiota di Yoko-Hito non si innamorava di voi; se non lo ossessionava il desiderio di vendicarsi della vostra ripulsa facendovi rapire da «Terror», altri cento giganti sarebbero ora costruiti... fra due anni cinquemila altri sarebbero stati pronti... fra quattro, centomila giganti sarebbero improvvisamente calati sull'America sterminandola di fulmini, gettando il terrore sulla spudorata fabbrica di dollari e di stupide films... In mezzo a questo terrore, sarebbe riuscita facile al Giappone l'invasione.

— È questo un piano combinato tra la Germania ed il Giappone? – chiese Tanagra.

— Forse! – rispose il Barone Von Krämer. – Ad ogni modo voi avete tutto messo in pericolo.

— Io? – gridò Tanagra.

— Il folle proposito di Yoko-Hito di volervi far sua, è, ripeto, un grave pericolo. Fu la causa del nostro conflitto... Quando fu di ritorno da Hollywood, era in uno stato orribile per la vostra ripulsa. Mi disse: «Von Krämer, voglio usare «Terror» per rapire Tanagra». – «Sei pazzo! – risposi. – Nessuno deve conoscere l'esistenza del mio Gigante, per ora, all'infuori dell'Altissimo tedesco e dell'Altissimo giapponese che tu sai. L'apparizione prematura di «Terror» in America tutto rovinerebbe e l'azione combinata delle due potenze per distruggerla sarebbe compromessa». Egli non volle comprendere ragione. Nacque un forte diverbio... una lotta feroce e... fui chiuso in una camera alla mercè di Yoko-Hito!... Ed eccomi ora rovinato!... Ecco che presto si conoscerà il segreto che avrebbe cambiato faccia al mondo!...

Come se un tal pensiero avesse tolto al tedesco ogni spirito vitale, il suo capo si piegò, le sue mani tremarono e mormorò:

— Mi sento morire, Tanagra... se non volete perdere i vostri due amici... sostituitemi... premete i tasti... io manco...

Un brivido di orrore percorse il corpo di Tanagra: il suo cuore si strinse...

Pervasa tutta dal pensiero che l'abbandono della tastiera precipitava nell'oceano «Terror» ed i suoi due ospiti, depose sul tavolo la rivoltella, si alzò dalla poltrona e sostituì le sue dita a quelle di Von Krämer: questo si lasciò scivolare sul pavimento dalla sedia girevole e Tanagra ne prese il posto.

Il volo del mostro non deviò di un centimetro: ma l'istante successivo alla sua caduta, il Barone Von Krämer fu in piedi e la rivoltella luccicò in suo pugno.

— Voi m'avete chiesto il mio segreto, miss, ed io ve l'ho rivelato – disse il Barone con voce freddamente cinica. – Ora potete comprendere il motivo della mia loquacità. Ora domino la situazione e mi rifaccio della mia sconfitta. Non uscirete mai più di qui... Non abbandonate i tasti, se non volete affogare i vostri amici... Lasciate che essi giungano sopra l'Isola, poi, premendo i tasti che vi indicherò, i viaggiatori faranno il loro atterraggio...

— Per averne qual sorte? – chiese Tanagra, pallida e smarrita, senza muovere le due dita che guidavano il volo del mostro.

— Quella che avrete voi stessa e tutti coloro che sbarcheranno nell'Isola, in questa isola tedesca – rispose freddamente il Barone, tenendo impugnata la rivoltella.

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