CAPITOLO IV. Gli gnostici della leggenda.

La preoccupazione di raggruppare e ordinare le varie manifestazioni della gnosi è stata vivissima fin negli antichi eresiologi. Teodoreto già distingue le sètte a base monistica da quelle a base dualistica: ma lo gnosticismo è prevalentemente monistico. Gli storici moderni, capaci forse per la lontananza di dominare nel suo sviluppo d'insieme questa mostruosa effervescenza di pensiero religioso, han preferito altre classificazioni. Neander prendeva come punto di divisione l'atteggiamento di fronte alla legge mosaica: ma il punto di vista era radicalmente errato, perchè la gnosi è germogliata su terreno pagano, e l'opposizione alla legge mosaica è comune a quasi tutte le sue forme: quelle poche che non l'accettano, son forme intermedie, pencolanti fra il classicismo gnostico e il giudaismo ebionitico. Baur tenne presente i tre elementi della gnosi, pagano, giudeo, cristiano, ma la sua opera è insufficiente dopo il ritrovamento dei documenti gnostici originali. Gieseler divideva le sètte gnostiche secondo i paesi d'origine: Egitto, Siria, Asia minore. Ma da questa disposizione geografica non è possibile ricavare una distinzione netta e precisa. Noi crediamo che lo stesso tentativo di separare e catalogare sia, nel nostro caso, vano. Lo gnosticismo è un immenso fenomeno di psicologia religiosa morbosamente esaltata, che muovendo da umili origini, ha assunto adagio adagio in un ambiente favorevole come l'atmosfera intellettuale romana del II e III secolo, proporzioni allarmanti. Inutile è quindi frazionarlo, sezionarlo, analizzarlo nei suoi coefficienti: è fenomeno complesso, che raccoglie da mille fonti il suo elemento, che getta in mille disposizioni psicologiche diverse i suoi tentacoli insinuanti. Val meglio quindi studiarlo in ordine cronologico, nel suo divenire progressivo, nel suo accrescimento interiore, nelle sue propaggini ramificantisi all'infinito.

1. E cominciamo dagli gnostici più antichi, la cui figura, la cui opera, la cui dottrina si perdono in una penombra di storia e di leggenda, svaniscono in una nebbia indistinta di ricordi fantastici, sopraffatti dall'accumularsi dei dettagli inventati, dopo che il movimento, nato inizialmente da loro, è divenuto fatto sociale e stato diffuso: cominciamo da Simon Mago, l'enigmatico patriarca della gnosi.

Così ci parlano di lui gli Atti (VIII, 9-24):

— Ora vi si trovava già (in una città della Samaria, in cui Filippo si era recato dopo la persecuzione di Gerusalemme) un uomo chiamato Simone, che praticava la magia, e che faceva stupire il popolo della Samaria, spacciandosi per un grande personaggio. Tutti, piccoli e grandi, gli prestavano attenzione. Questo uomo, dicevano, è la Virtù di Dio, quella precisamente che si chiama grande. Essi si erano dunque affezionati a lui, perchè, da lungo tempo, li aveva sedotti con i suoi incantesimi. Ma quando ebbero posto la loro fede in Filippo, il quale annunziava il regno di Dio e il nome di Gesù Cristo, uomini e donne si fecero battezzare. Simone stesso credette e, fattosi battezzare, seguì Filippo, mentre i miracoli e i grandi prodigi di cui era testimone lo colpivano di meraviglia. Gli apostoli che erano rimasti a Gerusalemme, avendo inteso che la Samaria aveva accolta la parola di Dio, vi mandarono Pietro e Giovanni. Questi, giunti fra i samaritani, pregarono per essi, affinchè ricevessero lo Spirito Santo. Perchè non era ancora disceso in alcuno di loro: erano stati solamente battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora Pietro e Giovanni imposero loro le mani e ricevettero lo Spirito Santo. Quando Simone vide che lo Spirito Santo era donato con l'imposizione delle mani degli apostoli, offrì loro del denaro, dicendo: «Date anche a me questa facoltà, affinchè ogni uomo a cui io avrò imposto le mani, riceva lo Spirito Santo». Ma Pietro gli disse: «Vada con te il tuo danaro in perdizione: perchè ritenesti possibile il possedere il dono di Dio mediante il denaro! Non vi è per te luogo in questa grazia, perchè il tuo cuore non è puro al cospetto di Dio. Pentiti dunque della tua iniquità, e prega il Signore di perdonarti, se è possibile, questa brama del tuo cuore. Perchè io mi accorgo che tu sei in un fiele amaro e nei legami della colpa». Simone rispose: «Pregate voi il Signore per me, affinchè non mi capiti nulla di quel che voi avete detto». —

Dopo questa breve e incerta narrazione, le traccie di Simone si perdono completamente nel campo storico, per riapparire trasformate e irriconoscibili, nel campo della leggenda. Perchè è realmente singolare il destino di questo misterioso personaggio, che, sotto il peso di una maledizione apostolica, circondato dalla luce equivoca d'incantatore, è servito di vessillo alle più vivaci lotte di parte, che abbiano dilaniato il seno della cristianità nascente! Quella maledizione offriva il destro di attribuire a lui quelle dottrine che si desiderava più aspramente combattere; quella luce, dava la possibilità a un gruppo di esaltati di dichiararsi suoi eredi. Ed ecco come Simone è diventato il protagonista di due movimenti, che io ritengo radicalmente antitetici: l'ebionita e lo gnostico. Tale concetto esigerebbe una lunga dimostrazione, anzi una discussione preliminare della più alta importanza, che ha di recente messo a rumore il campo dell'apologetica religiosa: qual'è il contenuto sostanziale della predicazione di Gesù? Non possiamo qui dilungarci in essa: ma ammesso come dimostrato che la predicazione di Gesù ondeggi fra i caratteri morali e i caratteri escatologici della concezione del regno, con una spiccatissima prevalenza di questi ultimi, la corrente ebionitica è la corrente conservatrice, che ha più tenacemente difeso gl'ideali terreni del concetto messianico giudaico, mentre lo gnosticismo non è che l'esagerazione spinta fino al paradosso, della corrente novatrice introdotta da Paolo nella predicazione cristiana, per spogliare il Vangelo di tutti i detriti strettamente giudaici, per ravvivare la sua idealità parousiaca, non con la rinuncia all'imminente regno, ma con la estensione universale di esso e colla sua temporanea trasposizione nel foro interno delle coscienze. Se dopo ciò riflettiamo che in secoli di profonda ignoranza delle energie cosmiche e di vivissima esaltazione religiosa, il potere magico sui fenomeni naturali, anche se frutto di un volgarissimo trucco, eccitano l'ammirazione appassionata delle folle, noi intendiamo come Simone abbia potuto sopravvivere al breve cenno neo-testamentario, e sia potuto entrare, trionfante, nel cielo della leggenda cristiana. Tanto più che attraverso quel breve cenno, egli si rivela, più che interessato speculatore di miracoli, uomo forse realmente preoccupato di dominare le energie ribelli della materia; spirito vago di possedere su di esse un dominio intelligente, una superiorità spirituale. Anche prescindendo dallo strano abbaglio di Giustino, che ha creduto di scorgere sull'isola del Tevere a Roma una statua elevata a Simone samaritano, questi ha avuto realmente dei monumenti nelle memorie delle prime generazioni credenti. Le clementine (nucleo principale secondo secolo), han personificato in lui Paolo, reo di avere infranto la tradizione socialisticamente sognatrice della chiesa di Gerusalemme; gli gnostici contemporanei di Ippolito si sono dichiarati suoi seguaci e gli hanno attribuito una grande opera, l'Apophasis megale. Noi abbiamo detto che tutti i documenti gnostici che costituiscono il dossier eretico del rivale di Calisto, rivelano segni di simultanea origine, non antica. Quindi non possiamo adoperare i frammenti di questo documento come fonti attendibili per conoscere la vera posizione di Simone di fronte al pensiero eretico: noi ce ne serviremo, quando, parlando degli epigoni della gnosi, descriveremo il fermento delle innumerevoli sètte sull'albeggiare del terzo secolo. Per ora dobbiamo constatare che l'origine della gnosi dal mago della Samaria è frutto di un grossolano equivoco: la figura evanescente del prestigiatore, che, mentre la propaganda morale cristiana rinnovava la vita e sprigionava nella febbre del misticismo capacità meravigliose nei fedeli, ha creduto a un nuovo ritrovato della magia, anzichè a una nuova estimazione dei valori morali; che ha abbracciato il cristianesimo più come scienza d'iniziati, che come nuovo patrimonio di idealità morali, ha dovuto esercitare un gran fascino su coloro che hanno precisamente rinnovato e difeso questa concezione del cristianesimo. E la leggenda è venuta creando intorno a lui l'aureola di vero interprete di Cristo, fino a farlo apparire il confidente e il custode di una Grande rivelazione. È difficile seguire il cammino della leggenda gnostica simoniana attraverso il secondo secolo. Noi vedremo quali idee gli sono attribuite ai tempi d'Ippolito. Per ora è bene conoscere a quale stadio era giunta la cristallizzazione leggendaria ai tempi di Ireneo, attraverso Giustino (Adv. haer. I, 23).

«Simon autem samaritanus, ex quo universae haereses substiterunt, habet huiusmodi sectae materiam. Hic Helenam quamdam ipse a Tyro civitate Phoenices quaestuariam quum redemisset, secum circumducebat, dicens hanc esse primam mentis eius conceptionem, matrem omnium, per quam initio mente concepit Angelos facere et Archangelos. Hanc enim Ennoiam exsilientem ex eo, cognoscentem quae vult pater eius, degredi ad inferiora et generare angelos et potestates, a quibus et mundum hunc factum dixit. Posteaquam autem generavit eos, haec detenta est ab ipsis propter invidiam, quoniam nollent progenies alterius cuiusdam putari esse. Ipsum enim se in totum ignoratum ab ipsis: Ennoiam autem eius detentam ab iis, quae ab ea emissae sunt potestates et Angeli; et omnia contumeliam ab iis passam, uti non recurreret sursum ad suum patrem, usque adeo ut et in corpore humano includeretur, et per saecula veluti de vase in vas transmigraret in altera muliebria corpora. Fuisse autem eam et in illa Helena, propter quam Troianum contractum est bellum: quapropter et Stesichorum per carmina maledicentem eam, orbatum oculis: post deide poenitentem et scribentem eas, quae vocantur, palinodias, in quibus hymnizavit eam, rursus vidisse. Transmigrantem eam de corpore in corpus, ex eo et semper contumeliam sustinentem, in novissimis etiam in fornice prostitisse: et hanc esse perditam ovem.

«Quapropter et ipsum venisse, uti eam assumeret primam, et liberaret eam a vinculis, hominibus autem salutem praestaret per suam agnitionem. Quum enim male moderarentur Angeli mundum, quoniam unusquisque eorum concupisceret principatum, ad emendationem venisse rerum, et descendisse eum transfiguratum, et assimilatum Virtutibus, et Potestatibus et Angelis: ut et in hominibus homo appareret ipse; quum non esset homo; et passum autem in Iudaea putatum, quum non esset passus. Prophetas autem a mundi fabricatoribus Angelis inspiratos dixisse prophetas: quapropter nec ulterius curarent eos hi, qui in eum et in Helenam eius spem habeant, et ut liberos agere quae velint: secundum enim ipsius gratiam salvari homines, sed non secundum operas iustas. Nec enim esse naturaliter operationes iustas, sed ex accidenti; quemadmodum posuerunt qui mundum fecerunt Angeli, per huiusmodi praecepta in servitutem deducentes homines. Quapropter et solvi mundum, et liberari eos, qui sunt eius, ab imperio eorum qui mundum fecerunt, repromisit.

«Igitur horum mystici sacerdotes libidinose quidem vivunt, magia autem perficiunt, quemadmodum potest unusquisque ipsorum. Exorcismis et incantationibus utuntur. Amatoria quoque et agogima, et qui dicuntur paredri et oniropompi, et quaecumque sunt alia perierga apud eos studiose exercentur. Imaginem quoque Simonis habent factam ad figuram Iovis et Helenae in figuram Minervae; et has adorant».

Abbiamo voluto riferire per intero questo tratto, perchè lo riteniamo di decisiva importanza, per ricostruire le traccie della formazione progressiva della leggenda simoniana. Di fronte all'asciutta notizia di Giustino (Ap. I, XXVI e ps. Tert. 46), queste parole dettagliate di Ireneo, ci fanno intendere che per un processo psicologico familiare sempre allo spirito collettivo, familiarissimo in epoche di turbamento religioso, la gnosi dei grandi maestri, fioriti nel II secolo, aveva provocato uno stato diffuso d'incertezza storica e di eccitazione intellettuale, per il quale si erano riportati indietro, fino al misterioso compratore di doni spirituali, i caratteri essenziali della speculazione eretica: trasposizione dei problemi morali nel campo delle astrazioni logiche; vivissime preoccupazioni cosmologiche; isolamento della redenzione intellettuale e sua separazione dal concetto della purificazione etica, mediante il rinnovamento della vita pratica; fiducia morbosa nell'azione taumaturgica delle formole; pretesa di dominare le forze brute, e sicurezza che tale dominio fosse il distintivo della santità e della perfezione.

2. Prossimo a Simone in ordine di tempo, simile a lui per la indeterminatezza dei suoi contorni, per la esuberanza evidentemente leggendaria dei suoi ricordi, è Menandro. Gli eresiologi lo pongono concordemente al seguito del mago: come lui samaritano, ma venuto a far prova delle sue facoltà miracolose ad Antiochia. Giustino ce lo dipinge in atto d'incantare le folle con le sue operazioni, e di promettere ai suoi seguaci l'immortalità. Ireneo aggiunge questo dettaglio sulla sua dottrina, simile del resto a quella di Simone: ammette il mondo come fatto dagli Angeli, emanati a loro volta da Ennoia o imagine della suprema virtù ineffabile. Il vescovo di Lione raccoglie anche qui le voci del pubblico, che addita in Menandro un satellite del pianeta: di Simone.

3. Su Cerinto la copia delle notizie non è molto più abbondante. Secondo la tarda testimonianza di s. Girolamo (De vir. ill. 9), contro di lui Giovanni avrebbe scritto il Vangelo e le lettere. Gli alogi invece attribuivano questi scritti precisamente a lui (Ep. 51). Ireneo descrive il suo sistema dualista, negando la divinità di Gesù, in cui, al momento del battesimo, sarebbe disceso, inviato dalla Virtù suprema, il Cristo, che ospitò in lui, operò miracoli, e risalì al cielo prima della Passione. Il prete romano Caio (al tempo di Zeffirino) (Eus. III, 28. 2) scrivendo contro Proclo, nomina anche Cerinto come promettitore del regno millenario.

4. Infine intorno a Nicolao e ai Nicolaiti, la leggenda ha compiuto un lavoro di trasformazione complicatissimo. Abbiamo già, nel capitolo sulle fonti, accennato ai libri nicolaitici ricordati da Epifanio e Filastrio. Ma sul contenuto loro dottrinale e sui costumi della sètta, e molto più sulla identificazione del capo scuola, le notizie sono disparatissime. Ireneo (I, 26, 3) l'identifica con uno dei sette diaconi (Act. 6, 5): con lui concordano lo pseudo-Tert. (46), Epifanio (h. 25), Filastrio (h. 33). La dottrina nicolaita secondo le descrizioni di questi eresiologi, sembra dominata da idee sessuali pervertite: imaginando come principio di esistenza una serie di eoni, dai cui mostruosi accoppiamenti sarebbero scaturite le cose visibili. Gli scrittori ecclesiastici sembrano avere una preoccupazione costante di rinnovare contro questi eretici le maledizioni dell'Apocalisse (2, 6), stendendo un velo pietoso sui loro eccessi di immoralità.

In quanto a Cleobulo e Dositeo, di cui il ricordo manca in Ireneo, per apparire nel Sintagma di Ippolito e nelle opere derivate da questo, sono personaggi leggendari. Epifanio fa di Dositeo un encratita (h. 13); un rappresentante cioè del movimento ascetico del secondo secolo.

Noi crediamo che su questi gnostici della leggenda sia completamente inutile fermarsi; sono personaggi più o meno fantastici, e a cui, un'incipiente opposizione alla chiesa direttamente apostolica, ha fatto sì che si attribuisse la germinazione della gnosi. Storicamente, tale attribuzione è del tutto leggendaria e la loro qualsiasi singolarità di opinione non può aver avuto consistenza di sistema, o sforzo di proselitismo. Ribelli sporadici ed iniziatori malsicuri, hanno solo cronologicamente dato origine al movimento gnostico, il quale è tutta cosa del secondo secolo, e tutta creazione di filosofi alessandrini. Solo il bisogno di riportare ad antiche origini ogni moto sociale, ha fatto risalire a loro la paternità della cosmologia valentiniana o delle immoralità carpocraziane. Essi sono innocenti forse dell'una come delle altre. Essi si son mossi in una vaporosa incertezza di dottrine, o pencolanti al millenarismo, come Cerinto, o alla mistagogia, come Simone. La vera gnosi invece non ha questi caratteri antitetici; è febbrilmente allegoristica, tenacemente conservatrice, radicalmente contraria ad ogni aspettativa di rinnovamento sociale.

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