Nel suo dialogo con Trifone giudeo, Giustino (c. 35) dice che molti portano il nome di cristiani, ma non aderiscono realmente al Cristo: che la loro vita e la loro fede è una smentita al loro nome; tanto vero che essi ormai han bisogno di contradistinguersi col nome dei loro corifei, e si chiamano: «Marcionistae, Valentiniani, Basilidiani, Satorniliani». Questo passo è di una grande importanza. Esso ci mostra innanzi tutto che quando Giustino scriveva il suo dialogo, vale a dire tra il 155 e il 160, gli eretici erano già organizzati in sètte separate dalla grande chiesa, cosa che ancora non appare pienamente dalla I Apologia (150-155), nella quale (c. XXVI) gli eretici sono nominati come personaggi singoli, che attendono alla propaganda delle proprie idee, ma ancora non sono riusciti ad organizzare un forte nucleo di discepoli. Di più questo testo ci mostra la sètta di Satornilo allato a quella dei Valentiniani e dei Marcionisti. Notizie cronologiche più precise non ci è dato raccogliere da alcun'altra fonte.
Sul campo della sua attività pratica c'informa invece Ireneo. Satornilo (Saturnino), egli dice (I, 24, 1), nativo di Antiochia di Siria, concepì e diffuse qui la sua dottrina. Egli immaginava un Dio supremo, Padre misteriosamente incognito, nella sua essenza impenetrabile. Questi creò gli angeli, gli arcangeli, le virtù e le potestà. Il mondo poi con tutta la varietà delle sue parti, fu da sette angeli chiamato all'esistenza. In quanto all'uomo, esso fu come il prodotto necessario dell'immagine della somma potestà, riflessa negli angeli ed incapace d'essere da essi trattenuta. Ma l'uomo informe, uscito a pena dal soffio di questi angeli imperfetti, strisciò vilmente sulla superficie della terra, finchè la scintilla della vita, comunicatagli da una virtù misericordiosa, non lo sollevò dal fango e aprì la sua intelligenza alla contemplazione dei suoi destini. Ma gli angeli avevano plasmato una doppia specie umana: l'una buona, l'altra malvagia. Alla distruzione di questa, a preparare il trionfo di quella, a sciogliere i vincoli imposti dal dio giudaico, è venuto il Salvatore, innato, incorporeo, privo di figura, e solo nell'estimazione degli uomini apparso nella carne.
Queste idee, che Ireneo e Ippolito (Ph. VII, 28) attribuiscono concordemente a Satornilo, mostrano che questo discepolo di Menandro sta, per le sue idee cosmologiche e morali come anello di congiunzione fra il pensiero caotico degli eterodossi del primo secolo, e i sistemi complicati di Basilide e di Valentino.