Con questo nome noi vogliamo designare tutti quei gruppi gnostici che pullularono con una prolificità meravigliosa, negli ultimi anni del II secolo e sugli albori del III secolo, dal solco dischiuso dalla propaganda da grandi maestri. Ippolito (noi non lo possiamo ritenere vittima di una volgare contraffazione) raccolse alcuni dei loro libri di setta e ne tramandò l'eco frammentaria nella sua grande confutazione. Scoperte recenti ci han dato in mano opere voluminose, a cui è affidato il frutto della loro speculazione, e la descrizione minuta dei loro riti sacramentali. Tali documenti sono istruttivi al più alto grado. Essi ci mostrano che lo gnosticismo non si è sottratto alla legge di ogni fenomeno sociale: la legge di evoluzione.
Sorto da brevi e nebulose ideologie, contemporanee degli apostoli; arricchitosi di pensiero e di culto nella propaganda dei maestri del II secolo; seguendo la logica del sistema e le correnti del pensiero romano in dissoluzione, ora, al cadere del II secolo e all'aprire del III, svolge ancor più ampiamente le astrazioni della sua cosmologia e della sua antropologia; elabora fino all'esagerazione più morbosa e più paradossale i suoi misteri e le sue pratiche rituali. Noi vediamo così lo gnosticismo toccare quegli estremi limiti consentiti a ogni sistema religioso, oltre i quali, svanito in una ridicola mistagogia ed esaurito in una metafisica affannosamente parolaia, è destinato a perire per mancanza assoluta di respiro vitale. Gli epigoni della gnosi hanno spinto verso le fatali conseguenze i principii posti dagli gnostici del II secolo: hanno seguito, fino al suicidio di sè stessi, le tendenze malsane da essi inaugurate. Ultimi rampolli di una dinastia in esaurimento, hanno sventolato fino all'ultimo il proclama dei loro capostipiti. Noi riporteremo qui alcuni frammenti di questo tempo, dove sono rispecchiate contemporaneamente la filosofia, la mistica, il senso religioso, che è sempre vivo, degli ultimi rappresentanti di questo movimento, destinato a tramontare inglorioso dinanzi al progredire trionfale, perchè più sano ed equilibrato, del cristianesimo cattolico.
Noi abbiamo già accennato alle più notevoli questioni critiche, sollevate dai libri gnostici della Pistis Sophia e di Jeû. Abbiamo sostenuto, secondo i risultati più probabili, che la P. S. racchiude in sè, come in successive stratificazioni, alcuni frammenti più antichi ed altri più recenti. Fra quelli, bisogna collocare le cinque odi così dette salomoniche, la cui ispirazione temperata, il cui accento semplice e devoto, contrastano rudemente con l'esaltazione degli altri inni del libro. D'altra parte, la loro attribuzione salomonica, il loro metro imitato dal V. T. non permettono di farne risalire la data ai primi fervori della gnosi, così piena di avversione al giudaismo. È senza dubbio una grande fortuna che la stessa opera contenga documenti che testimoniano di due generazioni gnostiche, lontane l'una dall'altra per una evoluzione logica sì, ma profonda. Riferiremo, affinchè il lettore possa da sè intendere la diversità, prima le cinque odi nel latino dello Schwartze e poi qualche tratto dei documenti posteriori, d'indole teorica e pratica, contenuti pure nei codici Askewiano e Bruciano.
Ecco, nella loro trasparente imitazione dal V. T. (Schm. p. 73; Harnack, p. 35), le 5 odi:
I.
1. Gratias tibi agam, domine, quia tu es deus meus. Ne relinquas me, domine, quia tu es spes mea.
2. Dedisti mihi iudicium tuum gratis, et liberatus sum a te.
3. Cadant persequentes me, et non videant me.
4. Nubes fumi tegat oculos eorum et nebula aëris obtenebret eos, neve videant diem, ne prehendant me.
5. Consilium eorum fiat inefficax, et quae consultarunt, veniant super eos.
6. Meditati sunt consilium, neve succedat illis.
7. Et vicerunt eos potentes, et quae praeparaverunt malitiose, descenderunt in ipsos.
8. Spes mea est in domino, et non timebo, quia tu es deus, servator meus.
II.
1. Dominus super caput meum sicut corona, neque ero absque eo (ea).
2. Plexerunt mihi coronam veritatis et ramos tuos in me germinare fecit.
3. Nam non similis est coronae aridae, quae non germinat; sed vivis super caput meum.
4. Et germinasti super caput meum; fructus tui pleni et perfecti sunt, pleni salute tua.
III.
1. Egressa est emanatio et facta est magnum flumen dilatatum.
2. Attraxit eos omnes et conversa est super templum.
3. Non potuerunt eam capere in locis munitis et aedificatis; neque potuerunt eam capere artes eorum, qui intercipiunt (aquas).
4. Duxerunt eam super omnem terram; et ipsa comprehendit eos omnes.
5. Biberunt, qui habitabant in arena arida; sitis eorum soluta est et extincta, cum daretur illis potus ab Altissimo.
6. Beati sunt diaconi potus illius, quibus credita est aqua domini.
7. Converterunt labia, quae arida erant accipiebant gaudium cordis, qui soluti erant; comprehenderunt animas, halitum immittentes, ne morerentur.
8. Restituerunt membra quae ceciderant; dederunt robur parrhesiae eorum et lucem oculis eorum.
9. Nam omnes illi se cognoverunt in domino, et salvati sunt per aquam vitae aeternae.
IV.
1. Liberatus sum e vinculis; fugi ad te, domine, quia fuisti mihi ad dextram, salvans me.
2. [Et salvans me] et adiuvans me prohibuisti adversarios meos, neque se manifestaverunt.
3. Quod facies tua mecum erat, liberans me gratia tua.
4. Accepi contumeliam coram multitudine et fecerunt me; fui sicut plumbum coram iis.
5. Fuit mihi robur per te adiuvans me.
6. Quia posuisti lucernas ad dextram meam et ad sinistram meam.
7. Ne neutra parte luminis expers essem.
8. Texisti me sub umbra gratiae tuae et superavi vestimenta pellicea.
9. Dextra tua exaltavit me, et abstulisti infirmitatem porro a me.
10. Fui corroboratus veritate tua, purgatus iustitia tua.
11. Procul remoti sunt a me adversarii mei, et iustificatus sum iustitia tua, quia requies tua est in saecula saeculorum.
V.
1. Is, qui duxit me deorsum e locis altis, coelestibus, et duxit me in loca, quae in fundamento inferiori sunt.
2. Is, qui abstulit ibi haec, quae in medio sunt, et docuit me ea.
3. Is, qui dispersit inimicos meos, et adversarios meos.
4. Is, qui dedit mihi potestatem super vincula ad solvenda ea.
5. Is, qui percussit serpentem septem capita habentem manibus meis: constituit me super radicem eius, ut exstinguerem semen eius.
6. Et tu eras mecum, adsistens mihi.
7. Omni in loco circumdedit me nomen tuum.
8. Dextra tua perdidit venenum male loquentis.
9. Manus tua planavit viam fidelibus tuis.
10. Liberasti eos e sepulcris, et transtulisti eos e medio cadaverum.
11 Accepisti ossa mortua, induisti iis corpus, et, qui non movent se, dedisti eis ἐνεργειαν vitae.
12. Via tua facta est expers perniciei et etiam facies tua, duxisti eona tuum in perniciem, ut dissolverentur omnes et renovarentur.
13. Et ut lumen tuum duplicaretur, iis omnibus, superstruxisti divitias tuas super eos, et facti sunt habitaculum sanctum.
Ed ora ecco un passo cosmologico e soteriologico, in cui traspaiono le estreme aberrazioni della gnosi:
Frammento gnostico (Schmidt, p. 335 e segg.).
... Lacuna ...
1. Egli stette là dove essi combattono contro la città, in cui si trova la sua immagine; e in essa si muovono e vivono; essa è la casa del Padre, e la veste del Figlio, e la forza della Madre, e la immagine del Pleroma.
Questo è il primo padre di tutte le cose; questo è il primo Esistente; questo è il re delle cose irraggiungibili; è colui nel quale il Tutto si perde. Questo è, in cui egli ha dato la forma a tutte le cose; è il luogo che è cresciuto da sè stesso, che è nato da sè stesso; è l'abisso di tutte le cose; è il grande e il vero abisso; è colui nel quale il tutto è arrivato e ha taciuto per lui; esso non l'hanno nominato, perchè è innominabile e impensabile. È la prima fonte; è colui, la cui voce raggiunge tutti i luoghi; è il primo suono, affinchè il tutto intenda e comprenda; è colui le cui membra formano una miriade di miriadi di potenze, mentre ciascuna è in sè stessa.
2. Il secondo luogo è quello che si chiama Demiurgo, Padre, Logos, Fonte, Nous, Uomo, Eterno, Infinito. È la colonna; è il sorvegliante; è il padre di tutte le cose; è colui sulla testa del quale gli eoni formano una corona emettendo i loro raggi. Il contorno del suo volto è inconoscibile nei mondi esteriori, che ricercano in ogni tempo il suo volto, desiderando di conoscerlo, perchè il suo Verbo è pervenuto sino ad essi, ed essi desiderano di vederlo. E la luce dei suoi occhi penetra fino ai luoghi del Pleroma esteriore, e il Verbo esce dalla sua bocca, giunge in alto e in basso. I capelli della sua testa sono in numero eguale ai mondi nascosti, e i tratti del suo viso sono il riflesso degli Eoni; e i peli della sua barba sono in numero eguale a quello dei mondi esteriori, e l'estensione delle sue mani è la manifestazione della croce, la distesa della croce è la Enneade a destra e a sinistra: quel che germina dalla croce è l'uomo ineffabile. Questi è il Padre, questa è la fonte che fa scaturire il Silenzio, questi è che si cerca in ogni luogo. E questi è il Padre, da cui è uscito la Monade, come una scintilla di luce, in cui confronto tutti i mondi sono come un nulla..., mentre essa (la Monade) è, ha posto tutte le cose col suo irradiamento. Ed esse han ricevuto la gnosi, la vita, la speranza, il riposo, la fede, la rinascita e il sigillo. È l'enneade che è scaturita dal Padre delle Signorie, Padre e Madre a sè stesso, che il Pleroma circonda con i dodici abissi.
1. Il primo abisso è la Fonte universale, da cui tutte le fonti sono derivate.
2. Il secondo abisso è il Tutto sapiente, da cui tutti i sapienti sono usciti.
3. Il terzo abisso è il Mistero universale, cioè quello da cui tutti gli altri misteri son derivati.
4. Il quarto abisso è la Gnosi universale, da cui ogni gnosi è uscita.
5. Il quinto abisso è la Purezza universale, da cui ogni purità è derivata.
6. Il sesto abisso è il Silenzio, da cui ogni silenzio è nato.
7. Il settimo abisso è l'universale Essenza, da cui tutte le essenze sono germogliate.
8. L'ottavo abisso è il Pro-pater, da cui tutti i Pro-patres ricevono esistenze.
9. Il nono abisso è il Padre universale e l'Auto-padre, di cui è ogni paternità, mentre egli è Padre di tutti.
10. Il decimo abisso è l'Onnipotenza da cui sono scaturite tutte le potenze.
11. L'undecimo abisso è colui in cui si trova il primo Invisibile, da cui son sortiti gli invisibili.
12. Il duodecimo abisso è la Verità, da cui è emanata ogni verità. Questa è la verità che tutti ricopre: è l'immagine del Padre, lo specchio di tutte le cose, la madre di tutti gli eoni, quella che circonda tutti gli abissi. Questa è la Monade, inconoscibile e non conosciuta: questo carattere, in cui sono tutti i caratteri, benedetta in eterno. È l'eterno Padre: l'indescrivibile, l'inconoscibile, il non pensabile, l'indesignabile Padre, questi è, in cui il tutto diventa vano; e esso si è rallegrato e ha gioito e generò nella sua gioia miriadi di miriadi di eoni; essi son divenuti l'origine della gioia, perchè il tutto si è rallegrato col Padre. Son questi i mondi, in cui si è spinta la croce, e in cui l'uomo è uscito dalle sue membra corporali.
Questo è il Padre e la fonte di tutto, da cui sono state prodotte le membra, e tutti i nomi son derivati dal padre, sia Ineffabile, Incorruttibile, Invisibile, Semplice, Solitario, Potente, Onnipotente, ogni nome che è nel silenzio, ogni nome che viene dal Padre, che tutti i mondi esteriori vedono, come le stelle del firmamento nella notte: come gli uomini desiderano vedere il sole, così i mondi esteriori desiderano vederlo per l'invisibilità che lo circonda. Egli dà in ogni tempo la vita agli Eoni, e per il suo Verbo ha l'Indivisibile imparato a conoscere la monade, e a conoscere sè stesso (?), e mediante il suo Verbo è esistito il santo Pleroma.
3. Questi è il padre, il secondo demiurgo; mediante il soffio della sua bocca la Pronoia ha operato in favore di coloro che non esistevano ancora. Il non esistente per la sua volontà ha avuto esistenza, poichè egli ha ordinato a tutte le cose di esistere. Egli ha creato il santo pleroma in questa maniera: quattro porte, e nel pleroma si trovano quattro monadi, una monade per ogni porta: e sei aiutanti (παραστάται) per ogni porta: cioè 24 Parastati e 24 miriadi di potenze ad ogni porta: 9 enneadi per ogni porta, 5 pentadi di potenze ad ogni porta, e dieci decadi per ogni porta, e dodici dodecadi per ogni porta, e un sorvegliante, il quale ha tre faccie: una faccia innata, una faccia vera e una faccia ineffabile, ad ogni porta. Una di queste faccie guarda fuori della porta gli eoni esteriori, e la seconda guarda nel Setheo, e la terza guarda in alto, alla Figliolanza, in ogni monade; là si trova con i suoi dodici giusti Afredone, là si trova il Pro-pater, là si trova Adamo, quegli che appartiene alla luce, con i suoi 365 eoni, là si trova Nous perfetto, mentre essi circondano un altro abisso d'immortalità. Il viso ineffabile del sorvegliante guarda nel santo dei santi, cioè nell'infinito, il capo della santità. Questo capo ha due faccie di cui una è aperta dalla parte dell'abisso, e l'altra dalla parte del sorvegliante, che si chiama «il fanciullo». C'è un abisso il quale si chiama Luce o Lucifero, nel quale un Monogene è nascosto, il quale manifesta tre potenze e in tutte le potenze è operante.
Questo è l'invisibile; questi è che non si divide mai: questi è colui al quale tutto è manifesto, perchè le potenze son sue. Ha tre faccie: una faccia invisibile, una faccia onnipotente, e una faccia – Afredone, che si chiama Aphredon Pexos, e in essa un monogene è nascosto, che è la triplice potenza. Se l'idea esce dall'abisso, allora prende l'Epinoia per condurla al monogeno e il monogeno la conduce al «fanciullo», a tutti gli eoni, al luogo della triplice potenza, per perfezionarla, per salire al luogo dei cinque innati.
4. V'è anche un altro luogo che si chiama abisso. Vi si trovano tre Paternità. Il primo (Padre) è il nascosto, cioè il misterioso Iddio; nel secondo Padre vi sono cinque alberi, e in mezzo a loro si trova una tavola, e un verbo monogeno sta su questa tavola, e il Nous del Tutto ha dodici faccie, e la preghiera di ciascuno è portata a lui. Questi è, sul quale il Tutto si rallegra, perchè si è manifestato; e questi è, per conoscere il quale l'Indivisibile si è adoperato, questi è per volontà del quale l'uomo è apparso. Nel terzo Padre si trovano il Silenzio e la Fonte, in cui dodici giudici guardano e in cui si vedono. E in lui si trovano anche l'Amore e il Nous del Tutto e cinque sigilli e di più la Madre universale, in cui si è rivelata l'Ennoia, di cui questi sono i nomi πρωτία, πανδία, πανγενία, δοξοφανία, δοξογενία, δοξοϰρατία, ἀρσενογενία, λωΐα, ϊούηλ. Questa è la prima Inconoscibile, la madre dell'Enneade, la quale si completa in una Decade con la monade dell'Inconoscibile.
5. Quindi vi è un altro luogo, più esteso e più grande, in cui è nascosta una grande ricchezza, cioè l'incommensurabile abisso, in cui è una tavola, sulla quale son raccolte tre potenze; un solitario, un inconoscibile e un infinito, in mezzo ai quali si trova una Figliolanza, che si chiama «Cristo, il glorificatore». Il quale glorifica ciascuno, e gl'imprime il sigillo del Padre, che introduce tutto il mondo nell'eone del primo padre, che è solo, colui a causa del quale tutto esiste, e senza il quale nulla esiste. E questo Cristo ha 12 faccie: un faccia infinita, una faccia ineffabile, una faccia inesauribile, una faccia semplice, una faccia imperitura, una faccia solitaria, una faccia inconoscibile, una faccia invisibile, una faccia tridinamica, una faccia intangibile, una faccia innata, una faccia pura.
Ogni luogo ha dodici fonti, che si chiamano «fonti logiche» piene di vita eterna, che anche «gli abissi» son chiamate; son chiamate anche «i dodici spazi» perchè ricevono tutte le Paternità e i frutti del Tutto, che è stato fatto. Questi è il Cristo che riceve il Tutto.
6. Dopo tutto ciò (viene) l'abisso del Setheo, il quale è in tutti loro, e che 12 Paternità circondano; si trova nel loro mezzo; ogni Padre ha 3 faccie:
La prima di esse è l'Indivisibile: 3 faccie; una infinita, una invisibile, una ineffabile.
Il secondo padre, ha un viso Inesauribile, uno Intangibile, uno Incorruttibile.
Il terzo padre ha un viso Inconoscibile, uno Imperituro, uno Aphredon.
Il quarto padre ha un viso Silenzio, un viso Fonte, un viso Impalpabile.
Il quinto padre ha un viso Solitario, un viso Onnipotente, un viso Non-generato.
Il sesto padre ha un volto Pantopater, un volto Autopater, e uno Pro-generatore.
Il settimo padre ha un viso Mistero universale, un viso Onniscienza, un viso Fonte-universale.
L'ottavo padre ha un viso Luce, uno Riposo, uno Resurrezione.
Il nono padre ha un viso Nascosto, uno Protovisibile, uno Autogenerato.
Il decimo padre ha un viso Τρισάρσης, un viso Adamo, un viso Puro.
L'undecimo padre ha un viso Tripotente, un viso Perfetto, e uno Σπινθήρ cioè scintilla.
Il duodecimo poi ha un viso Verità, un viso Pronoia, un viso Epinoia.
Questi sono i dodici padri, che circondano il Setheus, e formano un numero di 36: da essi quelli dell'esterno han preso il carattere, e perciò ad essi si dia gloria in tutti i tempi. Ve ne sono altri dodici che circondano la sua testa e portano una corona sulla loro: lanciano raggi sui mondi circostanti, grazie alla luce del monogeno che è nascosto in colui che si cerca.
7. A noi non è dato conoscere l'oggetto. Son di fatto grandezze troppo superiori alle Potenze, perchè possano farsi obbedire mediante un pensiero. Solo essendo uscito da quei luoghi, si può conoscerli. Ma appunto l'uomo, di tutte le cose cerca la radice: perchè l'uomo è il parente dei misteri, perciò egli ha intuito il mistero...
Il Monogene tiene nella sua destra dodici padri sul tipo dei dodici apostoli...
E quando Phosilampe pensa a lui (il Tutto), dice: «A causa di lui è veramente quel che esiste e quel che non esiste...».
Lui è il Dio Monogene... Di lui Giovanni ha detto: «A principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e Dio era il Verbo; colui senza il quale nulla è esistito, e quel che è stato fatto in lui, è la Vita...». Lui il Pleroma ammira per la sua bellezza e per la sua dignità; intorno alla sua testa, il Tutto, l'interno forma una corona; quelli dell'esterno sono sotto i suoi piedi, e quelli del mezzo lo circondano, benedicendolo e acclamando: «Santo, Santo, Santo è questi: ααα ηηη εεε οοο υυυ ωωω. Tu sei vivo fra i viventi, santo fra i santi, esistente fra gli esistenti, padre fra i padri, Dio fra gli Dei, Signore fra i Signori, Luogo fra i Luoghi...».
11. Il Pleroma intiero è turbato, l'abisso con tutto ciò che contiene è commosso, ed essi sono fuggiti verso l'eone della madre, e il Mistero ha ordinato di trarre i veli degli eoni, finchè il sorvegliante avesse arrestato gli eoni un'altra volta. E il sorvegliante fermò gli eoni un'altra volta, come è scritto: «Ha fermato la terra e non sarà scossa».
E allora il Tridynamos uscì: il Figlio era nascosto in lui, e la corona di confermazione era sulla sua testa, mentre miriadi di miriadi di glorie gridavano: «Rendete retta la via del Signore, e trovate la grazia di Dio. E tutti gli eoni, che vi appartengono, saranno riempiti dalla grazia del Figlio Monogeno». Il Padre santo e ogni perfetto è sotto all'abisso incommensurabile. In lui si trova ogni perfezione: «dalla sua pienezza noi abbiamo ricevuto la grazia...».
Ecco un saggio della teologia gnostica della decadenza: nebbia fitta e fastidiosa, attraversata, come da rapidi bagliori, da reminiscenze bibliche e invocazioni liturgiche. Gli gnostici, anonimi compositori di questi scritti, eco del resto di pratiche e di pensiero vissuti, hanno complicato la semplicità del dogma cristiano con le elucubrazioni del loro allegorismo fantastico. L'esigenza naturale di un pensiero religioso organico ha qui trasmodato in una morbosa prolissità di miti cosmogonici. Valentino aveva parlato di una Sofia peccatrice. Qui se ne tesse l'epopea redentrice: epopea fatta di passaggi metafisici e di reintegrazioni eoniche.
Credo che i miei lettori ne avranno a sufficienza di queste asserzioni senza senso e senza valore. Ma ho dovuto citarne un largo tratto perchè la comprensione della metafisica gnostica fosse fedele. L'interpretazione di questi e simili passi (empiono tutto il grosso volume dello Schmidt) è straordinariamente difficile. Forse è impossibile darla. Giunta a un certo punto di esaltazione l'intelligenza umana non si cura della chiarezza e del significato, pure di moltiplicare i fantasmi delle sue aberrazioni.
Molto più interessanti sono i tratti rituali del libro di Jeû e della Pistis, perchè essi possono servire di base ad una obiezione frequente fatta dai razionalisti al cattolicismo, reo secondo essi, di aver preso da questi fatui manipolatori di riti, i misteri sacramentali.
2° L. di Jeû, c. 45 (Sch., t p. 308): Accadde dopo questo discorso che Gesù chiamò i suoi discepoli, e disse loro: «Venite tutti e ricevete i tre battesimi prima che io vi comunichi il mistero degli arconti». Vennero tutti i discepoli e le donne che lo seguivano, e tutti insieme circondarono Gesù. E Gesù disse loro: «Salite verso la Galilea, e trovate un uomo o una donna, in cui la massima parte delle iniquità sia morta – se è un uomo, che non abbia più rapporti carnali con donna, o se è donna, che lasci di fare l'ufficio di donna, e di avere un commercio carnale – e prendete due vasi di vino dalle loro mani in questa maniera, portateli a me in questo luogo, e prendete per me dei tralci».
I discepoli portarono i due vasi di vino e i tralci. Gesù fece un'offerta, collocò uno dei vasi di vino a sinistra dell'offerta, e l'altra a destra: sull'offerta collocò del ginepro, della cannella e del nardo; involse tutti i suoi discepoli in panni di lino, e mise nella loro bocca dei grani di cinocefalo, collocò nelle loro mani la cifra delle sette voci, cioè 9879, e nelle loro mani pose l'erba del sole; e dispose i suoi discepoli dinanzi all'offerta. Gesù stesso stette presso l'offerta: stese in un luogo dei panni di lino, vi pose sopra un bicchiere di vino, quindi dei pani in numero uguale e quello dei suoi discepoli, coprì il luogo dell'offerta con rami d'olivo, e con questi coronò tutti. E Gesù impresse sui suoi discepoli questo sigillo (un segno grafico crociforme).
La sua interpretazione è: Θηζωζαζ: il suo nome è: σαζαφαρας.
Gesù si rivolse con i suoi discepoli ai quattro angoli del mondo, ordinò loro che ciascuno stringesse i suoi piedi all'altro, e disse la seguente preghiera:
ιωαζαζηθ αζαζη ασαζεθ, Amen, Amen, Amen.
ειαζει ειαζει ζηθ ζαηθ ζαηθ, Amen, Amen, Amen.
αρβαζαζαζα βαωζαζαζ ζαζζοως, Amen, Amen, Amen.
αζααχαζαραχα ζαραχα ζαρβαθω ζαρβαθωζ ζαραει ζαραει ζαραει αζαραχα χαρζα βαρχα θαζαθ θαζαθ θαζαθ Amen, Amen, Amen.
Ascoltami, mio padre, padre di ogni paternità, tu luce infinita che si trova nel tesoro della luce: che vengano i quindici Aiutanti, che servono le sette vergini del tesoro della luce, che son preposti al battesimo di vita e di cui ecco i nomi ineffabili: Astrapa, Tesphoiode, Ontonios, Sinetos, Lachon, Potidamos, Opakis, Phädros, Odontuchos, Diaktios, Knesion, Diomos, Enidetos, Polypaidos, Entropon. Che vengano e battezzino i miei discepoli nell'acqua della vita delle sette vergini del tesoro di luce, che rimettano loro i loro peccati, che li purifichino delle loro iniquità, che li inscrivano nel numero degli eredi del regno di luce. E se tu mi ascolti, se tu hai avuto pietà dei miei discepoli, se essi sono annoverati fra gli eredi del regno di luce, se tu rimetti loro i peccati, se tu cancelli le loro iniquità, fa un prodigio e che Zorokothora faccia scaturire l'acqua del battesimo di vita in uno di questi vasi di vino».
E in questo momento ebbe luogo il miracolo di cui Gesù aveva parlato: il vino che era a destra dell'offerta fu cambiato in acqua: e i discepoli vennero a Gesù, ed egli li battezzò, distribuì loro l'offerta, e l'impresse con questo sigillo (altro segno crociforme). E i discepoli erano in grandissima gioia, perchè i loro peccati erano stati rimessi, le loro iniquità ricoperte, ed essi erano stati inscritti nel numero degli eredi del regno di luce, battezzati nell'acqua vivificante delle sette vergini e avevano ricevuto il santo sigillo.
C. 46. E accadde, che Gesù continuò a parlare e disse ai suoi discepoli: «Portatemi dei tralci, affinchè voi riceviate il battesimo di fuoco». E i discepoli gli portarono dei tralci che Egli collocò sull'incenso: ci mise sopra della mirra, vi aggiunse l'incenso del Libano, della resina di balsamo, del nardo in spighe, dei fiori di cannella, del terebinto, dell'essenza di mirra, stese sul luogo dell'offerta un velo il lino finissimo, sopra, una coppa di vino e pani in numero uguale a quello dei discepoli. E fece a tutti suoi discepoli rivestire abiti di lino e cinse il loro capo con una corona di erbe, di verbena, e nella loro bocca pose l'erba di cinecefolo, e pose nelle loro due mani la cifra delle sette voci, cioè 9879, e mise nelle loro due mani i crisantemi e collocò sotto i loro piedi del poligono, li dispose dinanzi all'incenso che aveva situato, e fece avvicinare i loro piedi l'uno all'altro. E Gesù si mise dietro l'incenso che aveva posto, e impresse su loro questo sigillo (altro complicato segno crociforme).
Questo è il suo nome: θωζαηζ, questa è la sua interpretazione: ζωζαζηζ.
Gesù si rivolse coi suoi discepoli ai quattro angoli del mondo e pronunziò la seguente preghiera:
«Ascoltami, o mio Padre, tu padre di ogni paternità, tu infinita luce, rendi i miei discepoli degni di ricevere il battesimo di fuoco, rimetti i loro peccati, purifica le iniquità che han commesso con coscienza o senza saperlo, dalla loro infanzia fino ad oggi, le loro parole leggere, le loro maldicenze, le loro false testimonianze, i loro furti, le loro menzogne, le loro calunnie, i loro inganni, le loro fornicazioni, i loro adulteri, i loro cattivi desideri, la loro avarizia, tutto quel che han fatto di male dalla loro infanzia fino ad oggi. Cancella tutto ciò, purifica tutto, e fa che Zorokothora Melchisedecco venga a loro in segreto, che venga con l'acqua del battesimo di fuoco della vergine di luce. Ascoltami o mio padre; io invoco il tuo nome incorruttibile che si trova nell'eone di luce: αζαραϰαζα α... αμαθϰρατιταθ ιω ιω ιω Amen, Amen, ιαωθ ιαωθ ιαωθ φαωφ φαωφ φαωφ χιωεφοζυε χενοβινπθ ζαρλαι λαζαρλαι λαιζαι Amen, Amen, Amen ζαζιζαυαχ νεβεουνισφ φαμου φαμου φαμου αμουναι αμουναι Amen, Amen, Amen ζαζαζαζι εταζαζα ζωθαζαζαζ.
«Ascoltami, o mio padre, o padre di ogni paternità, luce infinita, io invoco il tuo nome incorruttibile che è nell'eone di luce: lascia venire Zorokothora, invia l'acqua del battesimo di fuoco della sua vergine di luce, affinchè io ne battezzi i miei discepoli. Ascoltami ancora o mio padre, tu padre di ogni paternità, tu luce infinita: che venga la vergine di luce a battezzare i miei discepoli col battesimo di fuoco, a perdonare i loro peccati: purifica le loro iniquità, poichè io invoco il tuo nome incorruttibile, cioè ζοθωωζα θοιθα ζαζζαωθ Amen, Amen, Amen. Ancora ascoltami, o vergine di luce, o arbitra, rimetti i peccati dei miei discepoli, purifica le iniquità che essi hanno commesso con coscienza o inconsapevolmente dalla loro infanzia fino ad oggi, e che siano compresi nel numero degli eredi del regno di luce. Se tu dunque, o mio padre, rimetti i loro peccati, se tu cancelli le loro iniquità, e son compresi fra gli eredi del regno di luce, manda un segno sul fuoco di questo incenso di gradevole odore». E in quel momento si compì sul fuoco il prodigio da Gesù invocato. E Gesù battezzò i suoi discepoli, distribuì loro l'oblazione, impresse sulla loro fronte il sigillo della vergine di luce e li fece entrare nel novero degli eredi del regno di luce. I discepoli si rallegrarono di aver ricevuto il battesimo di fuoco e il sigillo che rimette i peccati, di essere stati numerati fra gli eredi del regno di luce. Ecco il sigillo (altro segno).
C. 47. Accadde poi che Gesù disse ai suoi discepoli: «Ecco, voi avete ricevuto il battesimo d'acqua e il battesimo di fuoco, venite affinchè io vi doni il battesimo dello spirito santo».
Egli dispose l'incenso del battesimo dello spirito santo, diede poi tralci, ginepro, fiori di cannella, croco di Safran, resina di balsamo, cinnamomo, mirra, miele, e collocò due vasi di vino, uno a destra dei profumi che aveva raccolto, l'altro a sinistra, e al di là collocò dei pani in numero uguale a quello dei discepoli. E Gesù contrassegnò i discepoli con questo sigillo (altro segno crociforme).
Questo è il suo nome: ζαϰλωζα: questa è la sua interpretazione: θωζωνωζ.
Accadde dunque, quando Gesù con questo sigillo li ebbe contrassegnati: stette presso l'incenso che aveva collocato, dispose i suoi discepoli dinanzi, li fece tutti rivestire con abiti di lino, mentre il numero delle sette voci nelle loro due mani era, cioè 9879.
Pregò Gesù, e parlò così: «Ascoltami, mio padre, tu padre di ogni paternità, tu luce infinita, poichè io invoco il tuo nome incorruttibile del tesoro di luce: ζαζαζαου ζωθζαζωθ θωζαζαζωθ χενοβινυθ αθαηηυ ωζηωζαηωζ ϰροβιαλαθ. Ascoltami, o mio padre, tu padre di ogni (paternità), tu infinita luce, perchè io ho invocato il tuo nome incorruttibile del tesoro di luce. Rimetti i peccati dei miei discepoli, cancella le loro iniquità, quelle che consapevolmente e inconsapevolmente hanno commesso, dal tempo della loro infanzia fino ad oggi; e fa che siano compresi nel numero degli eredi al regno di luce. Se tu dunque, o mio padre, avrai rimesso i peccati dei miei discepoli, se tu avrai purificato le loro stoltezze, e li avrai ammessi fra gli eredi al regno di luce, concedimi un prodigio sull'offerta».
E nello stesso momento accadde il miracolo, che Gesù aveva invocato, ed egli battezzò tutti i suoi discepoli con il battesimo dello spirito santo, distribuì loro l'offerta, e segnò la loro fronte col sigillo delle sette vergini di luce che li annoverarono fra gli eredi del regno di luce. E si rallegrarono i discepoli in una gioia senza confini, perchè avevano ricevuto il battesimo dello spirito santo e il sigillo che rimette i peccati, e le loro iniquità purifica, e li fa entrare fra gli eredi del regno di luce.
Questo è il sigillo...
E Gesù eseguì questo mistero, mentre tutti i suoi discepoli erano rivestiti di abiti di lino, coronati di mirto; e avevano nella loro bocca il cinocefalo ϰριστη (?) e nelle mani un ramoscello di artemisia, e i loro piedi erano l'un l'altro appressati, mentre erano volti verso i quattro angoli del mondo.
C. 48. E accadde dopo ciò, che Gesù dispose l'incenso per il mistero che distrugge la malizia degli arconti nei discepoli. Egli fece loro collocare un incensiere sulla pianta, collocò quindi tralci, ginepro, cinnamomo, kuoschi (?), amianto, un'agata, incenso del libano, e fece vestire tutti i suoi discepoli di abiti di lino. Li fece coronare di artemisia, e pose incenso nelle loro bocche, e il numero del primo Amen: 530, nella loro mano: avvicinarono i piedi l'un l'altro e si collocarono davanti all'incenso che aveva disposto. Gesù segnò i suoi discepoli con questo sigillo...
Questo è il suo vero nome: ζηζηζω ιαζωζ; questa è la sua interpretazione: ζωζωζαι.
Dopo che Gesù ebbe segnato i suoi discepoli con questo sigillo, si collocò dinanzi all'incenso, che aveva disposto, e disse questa preghiera:
«Ascoltami, o mio padre, tu padre di ogni paternità, tu luce infinita, perchè io invoco il tuo nome incorruttibile del tesoro di luce: νηρητηρ ζοφονηρ ζοιλθιζουβαω ξουβαω Amen, Amen, Amen. Ascoltami, mio padre, tu padre di ogni paternità, luce infinita ascoltami. Ascoltami e obbliga Sabaoth, Adamo e tutti i suoi capi, affinchè vengano e la loro malizia nei miei discepoli annientino».
E quando ebbe finito questa preghiera, ai quattro angoli del mondo, egli e i suoi discepoli, egli segnò i suoi discepoli con questo sigillo del secondo Amen...
Questo è il suo vero nome: ζαχζωαχωζ, e questa è la sua interpretazione: ζχωζοζω.
E quando Gesù ebbe finito d'imprimere questo sigillo sui suoi discepoli, allora gli arconti soppressero tutte le iniquità dei discepoli, e questi si rallegrarono cordialmente per questo, che tutta l'iniquità degli arconti era stata distrutta in loro, ed essi divennero immortali, i discepoli che avevano seguito Gesù, in tutti i mondi dove entrarono. —
(Schmidt, C. 51, p. 321) 2° libro di Jeû:
...Quando Gesù ebbe finito di dire tutte queste cose ai suoi discepoli, e che ebbe loro spiegato tutti i misteri che aveva compiuto, disse ai suoi discepoli: «È ora necessario che voi siate iniziati al mistero della remissione dei peccati, affinchè diveniate figli di luce e siate perfetti in tutti i misteri».
Ma quando Gesù ebbe finito di spiegare ai suoi discepoli tutte queste cose, e d'insegnare ad essi i misteri, i discepoli gli dissero: «O nostro Signore e Maestro, noi ti preghiamo, insegnaci il mistero della remissione dei peccati, con le sue apologie, il suo sigillo e la sua cifra, affinchè diveniamo figli di luce e non siamo più sottoposti agli arconti degli eoni, che son fuori del tesoro di luce, e affinchè noi siamo così compresi fra gli eredi del regno di luce e diventiamo perfetti in tutti i misteri».
Disse Gesù ai suoi discepoli: «Abbiate pazienza e io ve lo dirò: poichè io già vi ho detto che prima di manifestarvi questo mistero, io vi avrei insegnato quello dei dodici eoni, con i loro sigilli e la maniera di invocarli per penetrare nei loro mondi. Ascoltate dunque ora, perchè il mistero dei dodici eoni, il mistero del battesimo dell'acqua di vita, e quello del battesimo del fuoco, e il mistero (del battesimo) dello spirito santo e il mistero dell'annientamento della malvagità (degli arconti) in voi avete accolto, – io dunque vi ho detto che vi darò le loro apologie, e la maniera (di invocarli) e anche questi sigilli; ascoltate, dunque, affinchè io vi insegni le loro apologie, con le quali potrete ingannarli».
C. 52. «Quando voi avrete abbandonato il corpo, e sarete arrivati al primo eone, e gli arconti di questo eone verranno innanzi a voi, allora contrassegnatevi con questo sigillo: (qui c'è una figura bizzarra di croce attraversata nel suo punto d'incontro da un'altra croce trasversa): questo è il suo nome: ζωζεζη, ditelo una volta, prendete con le vostre due mani questo numero: 1109. Quando voi sarete contrassegnati da questo sigillo, e avrete pronunciato il suo nome una volta solamente, dite allora questa apologia: — Rizzatevi προτεθπερσομφων χους voi arconti dal primo eone, perchè io invoco ηαζα ζηωζαζζωζεωζ. — Ma quando gli arconti del primo eone avranno inteso questo nome, si riempiranno di grande spavento, si ritireranno, fuggiranno verso l'occidente, verso sinistra, e voi salirete su... —
E suggerendo in simile maniera vocaboli insulsi e numeri misteriosi, Gesù insegna a sconfiggere gli arconti dei dodici eoni.
Ma in mezzo alle stranezze di una mistogogia così sfrenata, quanto profondo sentimento religioso in questi documenti gnostici! I riti sono senza dubbio illusioni di allucinati, e non hanno nulla a vedere con la semplicità della liturgia ortodossa, ma il loro misticismo è profondo e comunicativo.
Il libro del grande ϰατὰ μυστήριον λόγος, per esempio, comincia con questa magnifica introduzione:
Io vi ho amato, io ho desiderato di darvi la vita. Gesù, il vivente, è la conoscenza della verità...
Ecco il libro della gnosi dell'invisibile Dio, secondo i misteri nascosti, che mostrano il cammino alla razza eletta, nella quiete della vita del Padre, – nella rivelazione del Salvatore, del riscattatore delle anime, che han ricevuto in sè la Parola della vita, elevata al di sopra di ogni vita, – nella conoscenza di Gesù, il vivente, che è disceso dal fianco di suo padre nell'eone di Luce, nella pienezza del pleroma, – nella scienza che nessun altro dà e che Gesù, il vivente, ha insegnato ai suoi apostoli, dicendo: «Questa è la scienza nella quale è contenuta ogni conoscenza».
Gesù, il vivente, si levò e disse ai suoi apostoli: «Felice è colui, che ha crocifisso il mondo, e che non si è lasciato crocifiggere dal mondo».
Gli apostoli gli risposero ad una voce, dicendo: «Signore, insegnaci il modo di crocifiggere il mondo affinchè esso non ci crocifigga, e noi non andiamo in perdizione e non perdiamo la nostra vita».
Gesù, il vivente, rispose e disse: «Colui ha crocifisso il mondo che ha osservato la mia parola e ha compiuto la volontà di colui che mi ha mandato».
Gli apostoli Gli risposero, dicendo: «Parlaci, o Signore, che noi ti ascoltiamo. Noi siamo che ti abbiamo seguito con tutto il cuore, abbiamo lasciato padre e madre, abbiamo lasciato vigne e campi, abbiamo lasciato ricchezze, abbiamo lasciato la signoria del re, e ti abbiamo seguito, affinchè tu c'insegnassi la vita di tuo padre che ti ha mandato».
Gesù, il vivente, rispose e disse: «La vita di mio Padre è questa: che voi riceviate la vostra anima dal genere dello spirito, che essa cessi di essere terrestre, e divenga spirituale per mezzo di ciò ch'io vi dico nella serie dei miei discorsi, affinchè voi li seguiate, e siate salvati dall'arconte di questo eone e dalle sue astuzie che non hanno fine. Ma voi, miei discepoli, affrettatevi a ricevere la mia parola con ferma fede, imparatela, affinchè l'arconte di questo eone non vi combatta, colui che non ha trovato in me alcun comando che sia suo, affinchè voi pure, o miei apostoli, compiate in me la mia parola; e io stesso vi ho fatto liberi, e voi siete in una libertà sana, in cui non è colpa. Come lo spirito del Paracleto è sano, così sarete santificati mediante la libertà dello spirito del Santo Consolatore».
Risposero tutti gli apostoli insieme, Matteo e Giovanni, Filippo e Bartolomeo e Giacomo e dissero: «O Signore Gesù, tu vivente, la cui bontà si riversa su coloro che hanno ottenuto la tua sapienza e la tua somiglianza, nella quale tu ti rifletti, – o Luce, che nella luce hai illuminato i nostri cuori, fino a che ricevessimo la Luce della vita, – o Logos verace, che mediante la gnosi, ci insegni la scienza nascosta del Signore Gesù, il vivente».
Gesù, il vivente, rispose e disse: «Felice è l'uomo che ha conosciuto queste cose, ha trasportato il cielo in basso, ha preso la terra, l'ha elevata al cielo, ed è divenuto il mezzo che non esiste».
Risposero gli apostoli, dicendo: «Gesù, tu vivente, o Signore, spiegaci in che modo si può far discendere il cielo, poichè noi ti abbiamo seguito, affinchè c'insegnassi la vera luce».
Gesù, il vivente, rispose e disse: «Il Verbo era nel cielo prima che la terra esistesse, quella che si chiama Cosmo: – ma voi, se voi conoscete la mia parola, voi farete scendere in basso il cielo, e il verbo abiterà in voi. Il cielo è l'invisibile Verbo del Padre; se voi ne avete conoscenza, voi farete discendere il cielo.
Per elevare poi la terra al cielo, io vi mostrerò la maniera di conoscerla: la terra che si solleva al cielo, è colui che ascolta la parola della gnosi, che ha cessato di essere lo spirito di un uomo terrestre ed è divenuto uomo celeste: il suo spirito ha cessato di essere terrestre ma è divenuto celeste. Così voi sarete immuni dall'arconte di questo eone, ed egli diverrà il mezzo, poichè questo non esiste».
E parlò di nuovo Gesù, il vivente: «Se voi diverrete (celesti?), se voi diverrete il mezzo, poichè non ne esiste, allora i principati e le malvagie potenze... combatteranno con voi e vi conserveranno odio, perchè mi avete conosciuto, perchè io non sono di questo mondo e i principati e le potenze non mi rassomigliano e tutte le cose malvagie non mi appartengono, e inoltre perchè colui che giace nella carne della iniquità, non partecipa al regno del Padre mio, e inoltre perchè colui che mi ha riconosciuto secondo la carne, non può avere speranza nel regno di Dio il Padre».
Risposero (gli apostoli) a una voce e dissero: «Gesù, (tu vivente), o Signore, siamo stati noi generati secondo la carne, e ti abbiamo conosciuto secondo la carne? Parlaci dunque, o Signore, perchè noi siamo turbati!»
Gesù, il vivente, rispose (e disse) ai suoi apostoli: «Io non parlo della carne nella quale abitate ma della carne della (ignoranza) e della mancanza di conoscenza, che si trova nella ignoranza, che svia tanto dal sentiero della (parola) di mio Padre».
Gli apostoli risposero alla (parola) di Gesù, il vivente, e dissero: «Dicci di qual natura è l'ignoranza, affinchè noi ci guardiamo da essa, se no, noi così andremo...»
Gesù, il vivente, rispose e disse: «Chiunque porta la mia verginità e il mio... e la mia veste senza che mi abbia conosciuto e mi pensi, bestemmiando il mio nome, io ho... la perdizione, egli è nuovamente divenuto figlio terrestre, perchè egli non ha appreso la mia parola attentamente, questa (parola) che il Padre ha detto, affinchè per me stesso quelle dottrine, che io ho nella perfezione del Pleroma, il quale mi ha inviato, conoscessero».
Gli apostoli risposero, e dissero: «O Signore, Gesù, il vivente, (insegnaci) la perfezione, questo ci basta».
Ed egli disse: «La parola, che io a voi do...» (Lacuna).
C. 143 (Schm. p. 245): Dissero i discepoli a Gesù: «Rabbi, rivelaci il mistero della luce di tuo padre, poichè noi ti abbiamo sentito dire: vi è ancora un battesimo di fuoco, e vi è ancora un battesimo del santo spirito della luce, e vi è una unzione pneumatica, la quale conduce le anime nel tesoro di luce. Dicci dunque il mistero, affinchè noi ereditiamo il regno di tuo padre».
Disse Gesù a loro: «Non v'è nessun mistero più eminente di quei misteri, sui quali m'interrogate: poichè esso innalzerà la vostra anima alla luce delle luci, ai luoghi della verità e della bontà, al soggiorno del Santo di tutti i santi, nel quale non si trova nè maschio, nè femmina, nè forme, ma una imperitura, inesplicabile Luce. Nulla dunque si dà più elevato di questi misteri, sui quali muovete questione, se non il mistero delle sette voci, delle loro quarantanove potenze, e delle loro cifre: nessun nome è più eccelso del loro nome, il Nome in cui tutti i nomi e tutte le luci e tutte le energie son raccolte. Chi dunque conosce quel nome, quando esce dal corpo materiale, nessun fuoco, nè tenebra, nè potenza, nè arconte della sfera del destino, nè angelo, nè arcangelo, nè virtù, potrà trattenere l'anima che conosce questo nome; ma se uscendo dal mondo dirà questo nome al fuoco, il fuoco si spegnerà e le tenebre svaniranno: e se lo dirà ai demoni e a quelli che sono nelle tenebre esteriori, ai loro arconti, alle loro potenze, e alle loro virtù; essi rovineranno tutti, la loro fiamma li brucierà, essi grideranno: "Santo, santo sei tu, tu più santo di tutti i santi". E se si pronuncierà quel nome a tutti coloro che giacciono nei giudizi malvagi, alle loro potenze, a tutte le loro virtù e anche a Barbelo e al Dio invisibile, e alle tre virtù di Dio, non a pena sarà stato loro pronunciato questo nome, saranno rovesciati gli uni sugli altri, saranno disciolti, grideranno: o luce di tutte le luci, luce che sei nelle luci illuminate, ricordati di noi e purificaci».
E quando Gesù ebbe detto queste parole, i suoi discepoli mandarono alti gridi, scoppiarono in singhiozzi e dissero... (Lacuna)
La Pistis poi ha intercalati meravigliosi inni, di cui diamo qui un saggio:
1. O Luce delle luci, a cui io dal principio ho creduto, odi ora il mio pentimento; salvami, o Luce, poichè cattivi pensieri sono in me entrati.
2. Io guardai, o Luce, alle inferiori parti e vidi là una luce, mentre pensavo: io voglio andare a quel luogo, sicchè io quella luce prenda. E io andai, e mi trovai nella tenebra, che è nel caos inferiore, e non era in stato di fuggirne e andare al mio luogo: poichè io ero premuto da tutte le emanazioni del Prepotente, e la forza con l'aspetto di leone prese la mia luce che si trovava in me.
3. Ed io gridai per aiuto, e la mia voce non ha rotto fuori della tenebra; e guardavo all'alto, sicchè a me venisse in aiuto la luce alla quale avevo creduto.
4. E come io guardavo in alto, vidi tutti gli arconti degli eoni come essi ripetutamente su me guardavano e si rallegravano sopra di me, sebbene io ad essi nulla di male avessi attribuito: ma essi mi odiavano senza ragione. E come l'emanazioni dell'Authades videro gli arconti degli eoni rallegrarsi sopra di me, essi seppero che gli arconti degli eoni non mi verrebbero in aiuto, e preso ardire, quelle emanazioni che con forza mi premevano, la luce che io non avevo preso loro, essi hanno preso a me.
5. Ed ora, o vera Luce, tu sai che io questo nella mia innocenza ho fatto pensando che la luce con aspetto di leone a te appartenesse. E il peccato e la colpa che io ho commesso, è manifesta innanzi a te...
*
Dopo aver così ampiamente esposto lo gnosticismo dei documenti copti (setta dei severiani), è necessario che ora diciamo una parola anche delle altre sètte gnostiche, più tardivi rampolli del terzo secolo incipiente, di cui Ippolito ha conservato così accurato ricordo, ed Epifanio ha così abbondantemente moltiplicato la serie. Naturalmente non esporremo le minutissime note che individuano ciascuna sètta: analizzeremo la professione di fede filosofica delle principali. Ippolito non segue nella sua opera un ordine cronologico: o meglio, ne segue uno inversamente cronologico, per ciò che riguarda la gnosi. Comincia col descrivere e confutare gli eretici del suo tempo, sètte inferiori della gnosi, per risalire ai grandi maestri: chiudendo però l'opera con l'eretico la cui confutazione gli sta più a cuore, Calisto! Come saggio di tarde sètte gnostiche, descritte da lui, accennerò ai Naasseni o Ofiti o gnostici serpentini, così detti per la parte che il serpente aveva nelle loro figurazioni religiose (IV, 1-11), e ai Perati (IV, 11-15). Gli ofiti, secondo Ippolito, riconoscono come principio delle cose l'uomo e il figlio dell'uomo. Quest'ultimo è nello stesso tempo maschio e femmina; e in onore di questo ermafrodito cantano inni, presso a poco così: «A te pater et per te mater, duo immortalia nomina, aevorum sator, civis caeli, inclyte homo». Lo scompongono in tre elementi: uno razionale, l'altro spirituale, il terzo corporale. La cognizione di esso è reputata come l'inizio della conoscenza divina. Dicono infatti: «Initium perfectionis est cognitio hominis, Dei autem cognitio est absoluta perfectio». Questi tre elementi si raccolsero insieme in Gesù, nato da Maria. Parlavano questi tre elementi in lui, secondo la propria potenzialità. E poichè l'umanità è divisa in tre categorie: angelica, spirituale, materiale, così dall'opera di Gesù sorsero tre chiese: angelica, spirituale, corporale: i nomi delle tre chiese sono: eletta, chiamata, prigioniera. Ippolito ci riferisce un salmo ofitico, sintesi della metafisica della setta:
La prima legge generatrice del mondo, fu Nous:
la seconda quella della partoriente il confuso Chaos;
la terza anima ricevette la legge potente.
Onde in forma di cervo tentenna,
vincendo l'opera della morte.
Ora, forte per dominio, intravede la luce;
ora gettata nella miseria, piange;
ora, dopo il pianto, gode;
ora piange, è giudicata;
ora è giudicata, muore;
ora diviene prigioniera, misera;
entrata nel labirinto, vi vagola senza fine.
Ma Gesù disse: Guarda, o Padre:
i mali sulla terra lanciati
dal tuo soffio, si diffondono;
tenta di fuggire amareggiato il caos,
e non sa come passerà.
Per cui manda me, o Padre;
discenderò con i miei sigilli,
attraverserò tutti i secoli,
rivelerò tutti i misteri,
dimostrerò i segreti degli dei,
e confiderò gli arcani della santità,
comunicando la scienza.
I perati accettavano, come gli ofiti, la triplice partizione degli esseri: ma la loro cosmologia si complicava con un largo elemento astrologico, per il quale assegnavano ad ogni regione, come ad ogni cittadino, efficacie dominatrici dal cielo.
Gli altri gnostici che Ippolito combatte si mostrano ugualmente preoccupati dai problemi cosmologici: le soluzioni che ne offrono, sono come tante variazioni su un tema musicale unico. I simoniani affermano che il principio elementare dell'universo è il fuoco: ma non ritengono ch'esso sia una sostanza semplice. Distinguono in esso una duplice potenzialià, e la chiamano, l'una il nascosto, l'altra il manifesto, confusa in un'unica esistenza. Ippolito nota che questa dicotomia applicata agli esseri corrisponde alla distinzione fatta da Aristotile tra la δύναμις e l'ἐνέργεια, e da Platone fra il νοητόν e l'αἰσθητόν. Secondo lo gnostico Giustino i principi dell'universo sono tre: due mascolini e uno femminile. Di quelli, uno è cosciente, l'altro no; il principio femminile ha sembianze di vergine, ma con l'estremità terminanti in un serpente.
Da questo triplice essere nacque il mondo, come da radice: e il male che è in esso derivò dal desiderio concepito dalla vergine di assimilarsi al principio buono e cosciente. L'irregolare brama generò una quantità di esseri malefici, infestanti l'universo. Secondo i Sethiani, il mondo è una spaventosa confusione di luce e di tenebre. A separare questi elementi che lottano, venne Gesù: perciò egli ha detto: «non veni pacem mittere in terram sed gladium», vale a dire a separare le sostanze commiste. Monoimo infine immagina come formatore del cosmo un'entità metafisica, che è come l'idea universale, platonicamente sussistente, dell'uomo. Ippolito si diffonde a confutare queste tesi di metafisici fantastici, rintracciando i loro precedenti dottrinali. Quel che importa a noi di notare è la somiglianza generica dei sistemi gnostici analizzati, che si aggirano costantemente intorno al problema del mondo e della sua origine.
Queste varie manifestazioni della gnosi dei documenti copti, come della confutazione di Ippolito, mostrano che lo gnosticismo ha avuto uno sviluppo: e che queste ne sono le estreme e più raffinate amplificazioni. Paragonate infatti alle dottrine dei primi maestri si mostrano come affini ad esse, ma ampliate secondo l'irregolare esigenza di una religiosità che fermenta, e di un pensiero non limpido che rumina tenacemente sè stesso.