ROMA CONTRO I COMUNISTI CATTOLICI

Ma anche contro questi comunisti cattolici è scesa di recente una sentenza ecclesiastica che, per quanto non contenuta solennemente in una enciclica o in un documento comunque sanzionato da una esplicita ufficialità, ma consegnato in una laconica nota dell'«Osservatore Romano», ha avuto immediatamente i suoi effetti. I cattolici comunisti hanno preso la nuova etichetta di «sinistra cristiana» e hanno imperterriti continuato a battere la loro strada. In parecchie occasioni pubbliche hanno espresso pubblicamente la loro adesione a posizioni programmatiche del comunismo italiano organizzato e hanno partecipato anche a pronunciamenti diciamo così di piazza che coinvolgevano posizioni fondamentali della campagna antifascistica. Si potrebbe dire che il processo della epurazione sia diventato il comune denominatore di tutte le manifestazioni delle nostre correnti di sinistra avanzata.

Frattanto, però, in seguito ai più recenti avvenimenti bellici e diplomatici il problema dell'atteggiamento possibile della Chiesa cattolica romana di fronte al comunismo è sceso dalla sfera dei puri astratti principî teorici, per toccare e coinvolgere l'espressioni più concrete della vita politica internazionale europea.

Le strepitose vittorie ad oriente hanno portato ormai in maniera sovranamente preminente la Russia nel giuoco delle forze politiche europee. Con le decisioni prese a Jalta relativamente alla Polonia e ai suoi nuovi confini, il cattolicesimo romano si è venuto a trovare in una situazione nuova e piena di delicatissime e compromettenti responsabilità. La linea Curzon, su cui si è convenuto genericamente a Jalta, lascia Leopoli alla Russia. Come il Ministro Eden ha dichiarato formalmente alla Camera dei Comuni il problema di Leopoli è un problema etnico-religioso e in pari tempo economico, prima che un problema politico-territoriale. Lo si dovrebbe dimenticare meno che mai oggi. La storia di Leopoli è un po' in sintesi la storia dei movimentatissimi rapporti fra Europa orientale ed Asia occidentale nei secoli di mezzo e agli albori della modernità. Fondata a mezzo il secolo XIII da Leone Principe di Halicz vuol essere fortezza contro i Mongoli Tatari. La sua posizione ne aveva fatto già nel secolo XV un centro di rilevante importanza nello sviluppo del commercio carovaniero tra l'Occidente e gli stabilimenti commerciali genovesi in Crimea e più genericamente con gli empori commerciali del vicino oriente. La sua importanza assurse speditamente a tale alto livello e così dal punto di vista artistico, come dal punto di vista industriale e militare Leopoli raccolse in sè le più complesse correnti dell'Occidente e dell'Oriente. Quella che era stata altra volta la linea confinale dei rapporti fra romanità e bizantinismo lungo il corso del Danubio sembrò dovesse essere la Galizia nei rapporti fra cattolicesimo polacco e ortodossia slavo-moscovita. Il più popoloso fra tutti i voivodati di Polonia, il voivodato di Leopoli è uno dei più complessi dal punto di vista etnico. La percentuale dei polacchi è del 56%; mentre la percentuale dei ruteni è del 36%. Il resto è rappresentato dalle minoranze ebraiche e tedesche. Basta enunciare dati statistici di questo genere per comprendere il significato della attribuzione di Leopoli ai Russi o ai Polacchi.

Come si sa l'appellativo di Ruteni applicato indiscriminatamente agli Ucraini o ai piccoli Russi già sudditi dell'Austria, non è altro che una forma latinizzata di Russi. Sono soltanto le vicende storiche che hanno aperto fratture fra l'immenso mondo russo, e queste sezioni slave entrate più profondamente nel circolo della vita europea ad oriente del nostro continente. Lo scendere della Russia verso l'occidente non doveva portare automaticamente al tentativo moscovita di riassorbire e di assimilare queste membra sparse del vecchio ceppo etnico? Ecco il quesito più religioso e sociale che politico e territoriale coinvolto nelle decisioni di Jalta a proposito della Polonia.

Quando nel secolo XIV la Galizia e la Volinia caddero sotto il dominio della Polonia e della Lituania, le loro classi superiori furono rapidamente assimilate dalle nazioni conquistatrici, di cui adottarono la lingua e la fede cattolica. Roma spiritualmente vinceva Bisanzio. Le classi inferiori però e soprattutto il contadiname rimasero fedeli alla loro lingua e alla loro fede ortodossa. Ma la decadenza del loro clero, l'allentarsi dei contatti e dei rapporti con la metropoli religiosa dello slavismo, portarono adagio adagio i ceti inferiori a seguire l'esempio delle classi alte e ad avvicinarsi a Roma. Con l'unione di Brest-Litovsk dell'ottobre 1596, i Ruteni furono accettati in blocco nella chiesa cattolica. Sorgeva così la cosidetta chiesa Uniate. I Ruteni mantennero la loro liturgia slavonica e la massima parte delle loro tradizionali forme derivate dalla chiesa ortodossa greca, compreso ad esempio il matrimonio dei preti. Riconobbero pertanto il primato spirituale e disciplinare del Pontefice romano, in una maniera però che non mancò mai di tradire crepe e incertezze più che superficiali. Le due liturgie ebbero ufficialmente in Polonia uguaglianza di trattamento. Questo non vuol dire però che i Ruteni non fossero costantemente riguardati dalla gerarchia e dall'aristocrazia polacche come inferiori e mantenuti in uno stato lamentevole di ignoranza e di povertà dovuto in parte all'esose esazioni dei loro signorotti feudali, in parte all'oppressione nazionale, in parte alle loro strane consuetudini per cui ad esempio, accettando in pari tempo le feste dei due calendari così il giuliano, come il gregoriano, contano in un anno non meno di duecento giorni festivi. I Ruteni in Polonia son circa quattro milioni. Per decenni essi cercarono di ottenere dall'Austria una università separata. Non l'ottennero mai. Soltanto nel 1877 una cattedra di ruteno fu istituita a Leopoli quando già da settant'anni esisteva colà un patriarca ruteno che ha rappresentato sempre il corifeo e il simbolo vivo di tutte le secolari avversioni anti-polacche. La Polonia sotto il governo di un comitato patrocinato sostanzialmente dalla Russia con la perdita di quella parte della Galizia che ha in Leopoli il suo centro etnico-religioso, non rappresenta una perdita considerevole, forse irreparabile, del prestigio cattolico e romano nell'oriente europeo? Ecco perchè la questione astratta dei rapporti fra il cattolicesimo e il comunismo si è trasformata improvvisamente in una questione concretissima di diplomazia e di politica internazionale, ed ecco perchè allo indomani di Jalta, Roosevelt ha spiccato un suo emissario di fiducia a Mosca, per avviare si è detto trattative in vista di una possibile instaurazione di rapporti diplomatici fra la Santa Sede e il Kremlino. Si giungerà ad un risultato?

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