Il caso Minocchi.

La sera del 19 gennaio il Giornale d'Italia pubblicava a Roma questo breve resoconto di una conferenza tenuta a Firenze dal Minocchi.

Il Paradiso terrestre e il dogma del peccato originale.
Su questo interessante argomento, il dotto Rev. Prof. Salvatore Minocchi ha tenuto oggi una conferenza che richiamò un pubblico assai numeroso.
Premessa la lettura del secondo e terzo capitolo della Genesi, con brevi annotazioni qua e là dove la interpretazione genuina del testo, nel senso voluto esprimere da' suoi antichissimi scrittori, lo esigeva, Salvatore Minocchi ha precisato i termini della questione voluta risolvere dei due capitoli col racconto del paradiso terrestre, della creazione dei primi padri, della loro caduta e del peccato originale.
Il problema, innanzi tutto, che la coscienza moderna si pone, circa il noto racconto della Genesi, è tale: abbiamo noi in questi due capitoli una vera narrazione storica di un fatto avvenuto così e così, nel tempo e nello spazio, qualche migliaio di anni fa, nel senso che noi diamo alla parola storia? Ormai, dopo tante scoperte e dimostrazioni delle scienze geologiche, antropologiche e storiche, dare il valore di storia ai due capitoli della Genesi non è più possibile in verun modo. Non è quistione qui, dice il Minocchi, di modernismo o di tradizionismo; è quistione per uno studioso di sincerità. Il racconto della Genesi non è storico e non pretende d'esserlo, nè dal punto di vista filosofico, nè da quello archeologico e critico.
Bensì le tradizioni religiose dell'antico Oriente, particolarmente quelle della letteratura babilonese, ci danno a sufficenza, anzi ci obbligano a riconoscere gli argomenti e i motivi dell'origine del racconto genesiaco. Com'è avvenuto nel primo capitolo della Genesi, che le concezioni religiose politeistiche dell'antica Babilonia – diffuse tra gli Ebrei – sulla creazione dei mondo sono state dallo scrittore biblico usufruite e trasformate allo scopo di esprimere la verità del suo monoteismo; così altri scrittori hanno preso e trasformato, in senso monoteistico per esprimere un'altra verità dogmatica, le precedenti tradizioni religiose politeistiche, relative ai primi giorni d'esistenza del genere umano.
«Tra i Babilonesi, dice il prof. Minocchi, esse erano la espressione grossolana di un'idea politeistica più o meno mitologica; nella Bibbia si spogliavano d'ogni equivoco simile e d'ogni erroneo valore, per assumere il carattere monoteistico e contribuire, col loro colorito popolare, all'affermazione dell'unica verità religiosa. Là si aveva il mito, qui si ebbe il dogma». Ci dispiace di non poter riferire per esteso il particolare e convincente esame dal Minocchi istituito fra i miti babilonesi, persiani, cananei, e il racconto della Genesi; la relazione del mito di Gilgamesc e del mito di Adapa è stata di speciale evidenza. Il racconto della Genesi suppone un mito cananeo, che lo abbia preceduto. È una constatazione di fatto, che in questo caso la verità è preceduta dall'errore.
Questo è così certo ormai, che se il cattolicismo, osserva il Minocchi, per ammettere il dogma del peccato originale dovesse ammettere per forza la storicità del racconto della Genesi, sarebbe finita per il dogma e per il cattolicismo. Contro l'esperienza dei fatti stabiliti dalla critica, nessun argomento metafisico può aver valore. Ma in realtà, dimostra il Minocchi che si può credere, come egli crede, al dogma del peccato originale, anche non ammettendo la storicità del fatto narrato dalla Genesi. Questa parte, però, della interessante conferenza – limitata alla sola discussione scientifica – non è stata più particolarmente dichiarata dal Minocchi, il quale ha detto tuttavia che ne tratterà di proposito ed ampiamente nel commento alla sua nuova versione della Genesi in corso di pubblicazione, e già pubblicata in parte a norma di queste idee. Le quali, aggiunge il Minocchi, per quanto nuove in Italia, non sono una assoluta novità fra i cattolici; poichè da dieci anni e più sono state accolte e dimostrate in Francia, nella Revue Biblique del 1897, del Padre Lagrange, domenicano, gloria della scienza cattolica e insigne maestro di verità antica sinceramente armonizzata col sapere moderno.
Tutto questo dimostra, conclude il Minocchi, come nel cattolicismo germogli e fruttifichi la vita dei dogmi, l'apprensione umana limitata, relativa, imperfetta di arcane realtà dello spirito, su cui la logica dell'uomo sa dire poco o nulla. Sono quelle realtà delle quali ha bisogno l'uman genere per sollevarsi oltre le pesanti catene della visibil materia, nelle invisibili, ma più vere e più vive, regioni dello spirito dove ogni passo ci conduce a Dio.
La dotta, profonda conferenza fu ascoltata con grande attenzione e vivamente applaudita e ammirata.
Il 24 gennaio, La Nazione, poi, pubblicava questa lettera:
Egregio signor Direttore,
Firenze, 24 gennaio 1908.
Tenni, com'ella sa, domenica scorsa, presso la Biblioteca Filosofica, una conferenza di carattere puramente scientifico, circa il racconto della Genesi sul Paradiso terrestre. Debbo anzi ringraziarla del breve riassunto che volle pubblicarne anche lei nel suo pregiato giornale. E da quel sunto medesimo appariva abbastanza chiaro, come io considerassi nel racconto della Genesi due elementi diversi, e fra loro scindibilissimi; l'uno concernente la sostanza e la realtà del fatto, che vale quanto dire il dogma del peccato originale, e l'altro la forma esteriore e simbolica di cui rivestito era il fatto medesimo: come sarebbe a dire il giardino dove Dio passeggia al fresco della sera, e il serpente che parla, e il pomo d'Eva, e le foglie di fico, ecc. E in questo senso dicevo che il racconto era simbolico e non istorico, mentre tuttavia come credente riconoscevo la verità obiettiva e reale del dogma cattolico in esse forme contenuto.
Non starò qui a dimostrare, che questo simbolismo nel celebre racconto della Bibbia è stato sempre liberamente discusso e accettato fra i dotti cattolici di tutti i tempi. Quindi mi reputavo lecito di accettarlo, tanto più oggi che esso è matematicamente provato dalle più decisive scoperte delle scienze antropologiche e storiche. Invece, mi permetto di renderle noto, che questa rev.ma Curia, in base unicamente al presunto scandalo dato dai giornali, e senza voler nulla intendere a mia discolpa e giustificazione, mi ha intimato la sospensione a divinis qualora io non avessi dichiarato storico il racconto della Genesi, proprio nel senso in cui io l'ho detto simbolico, in pieno accordo con tanti dotti cattolici, non mai perciò condannati. Com'Ella può figurarsi, io ho respinto con tutta l'anima un'ingiunzione simile, e ho preferito soggiacere al decreto di sospensione, piuttosto che farmi reo di un atto così contrario alla mia coscienza di studioso e di cattolico.
E tutto ciò non le dico per oppormi alle esigenze legittime dei miei superiori locali, dai quali anzi sono stato sempre accolto con benevola cortesia; ma bensì per smentire, se ne fosse il caso, qualsiasi dichiarazione o affermazione che sarà per apparire a mio riguardo nei giornali «cattolici», nei quali si tentasse per avventura di coonestare la misura presa contro di me, col motivo che io ho ricusato di aderire alla dottrina intera della Chiesa circa il dogma del peccato originale.
Rimango, con profondo ossequio,
Suo dev.mo
Salvatore Minocchi.

La sera stessa del 24, nel suo numero del sabato 25 gennaio, l'Unità Cattolica di Firenze conteneva in principio la seguente

COMUNICAZIONE.
Nella domenica scorsa, 19 gennaio 1908, il sacerdote professore Salvatore Minocchi tenne una conferenza in Firenze sul secondo e terzo capitolo del Genesi, svolgendo teorie contrarie all'insegnamento della Chiesa in proposito, e sostenendo che dietro le scoperte geologiche, antropologiche e storiche, non era più possibile dare il valore di storia propriamente detta ai due mentovati capitoli. Dietro ciò, per riparare lo scandalo dato ai fedeli con simili teorie modernistiche e razionalistiche, fu richiamato dall'Autorità Ecclesiastica Diocesana ed invitato caritatevolmente a fare una dichiarazione in senso prettamente cattolico; al che essendosi rifiutato, gli fu intimata la sospensione a divinis, finchè non abbia ritrattato la suddetta erronea teoria e date quelle soddisfazioni che l'Autorità Ecclesiastica crederà opportuno di chiedergli.

Contemporaneamente a Roma la sera del 24 usciva il Giornale d'Italia (25 genn. 1908) con questa

DICHIARAZIONE.
Caro Sig. Direttore,
Domenica scorsa tenni qui a Firenze la nota conferenza col titolo: L'Enigma della Genesi: il Paradiso terrestre, presso la Biblioteca Filosofica; una istituzione questa severamente scientifica, e aliena da pregiudizi settari o irreligiosi d'ogni sorta. Anche l'anno scorso vi tenni due conferenze, una delle quali sul primo capitolo della Genesi.
E questa conferenza non la feci senza tenere per guida, in così difficile tema, il pensiero di dottissimi cattolici, come il gesuita padre Hummelauer e il domenicano padre Lagrange; anzi, prima di farla, credetti opportuno di presentare il mio scritto alla competente e legittima revisione diocesana. Poichè l'ebbi tenuta, anche il suo giornale ne fece un breve sunto, nè la ecclesiastica autorità trovò nulla a ridirvi.
Così precisamente mi son creduto lecito di poter fare anche quest'anno un'altra conferenza sulla Genesi, presso la Biblioteca Filosofica, prendendo a guida i lavori del P. Hummelauer e particolarmente quelli più dotti e giusti, del P. Lagrange, e di più presentando un quindici o venti giorni prima alla revisione il mio lavoro. In tal guisa i miei superiori avrebbero avuto modo e tempo di consigliarmi o distogliermi dall'impegno preso. E però domenica scorsa dinanzi a un pubblico ristrettissimo e aristocratico d'intelligenza, capace di comprendere tutto il mio pensiero, tenni l'accennata conferenza, di cui anche il suo giornale volle pubblicare un breve sunto.
Ciò premesso. Ella può ben figurarsi quanto grande e legittima stata sia la mia sorpresa, nel sentirmi chiamare dall'autorità diocesana, presso questa Curia ecclesiastica fiorentina, in ordine e a proposito della mia conferenza di domenica. Il colloquio fra me e l'autorità diocesana si è svolto brevemente in questi termini: essere stato di grave scandalo la relazione, intorno alla mia conferenza, del Giornale d'Italia, secondo cui il racconto della Genesi sul Paradiso terrestre non avrebbe a dirsi «storico:» dovere io perciò fare una pubblica dichiarazione a questo riguardo, capace di toglier lo scandalo; dovere essere quella dichiarazione stesa nei termini voluti dall'autorità, pena altrimenti la proibizione di più oltre celebrare la Messa.
Ora, è facile comprendere, che io personalmente non posso rimaner responsabile del sunto di un giornale, anche ben fatto, su un tema così delicato e difficile. Più di settanta grandi pagine io ho dedicato allo studio del racconto della Genesi, di cui solo una parte lessi alla Biblioteca; figuriamoci se potrei stimare abbastanza chiarito il mio pensiero dalle poche parole apparse nel suo giornale a questo proposito. L'autorità esigeva da me che dichiarassi «storico» il racconto della Genesi. Ma in che senso? Ho pregato l'autorità di prendere cognizione diretta delle bozze di stampa offerte alla Censura sino dal quattro gennaio, per vedere e stabilire in che senso mi poteva essere conceduto, o no, di dire storico il racconto del Paradiso terrestre.
Sento però il dolore di doverle dire che l'autorità diocesana si è nettamente rifiutata di prender cognizione del mio lavoro, persistendo nel volere da me unicamente, che dichiarassi storico in ogni e qualsiasi modo il racconto della Genesi. Si voleva, cioè, che io, in coscienza di galantuomo e di prete cattolico, dicessi tenere per istorico, cioè sensibilmente e materialmente avvenuto ed esistito, poche migliaia d'anni fa, il giardino dove Dio aveva la sua reggia e si recava a passeggiare al fresco della sera (Genesi III, 8) un uomo formato di terra, per nome Adamo, una donna di nome Eva, formata da un costola di lui, un serpente che parlava, un albero dei cui frutti essi mangiarono, e le foglie di fico... E avendo io sdegnosamente replicato, che una simile dichiarazione non l'avrei firmata mai, monsignor Vicario generale, a nome dell'arcivescovo mi ha intimato la sospensione a divinis.
Questa la cronaca. Ed ora, signor Direttore, mi consenta una breve spiegazione. Ed è, che se mi si richiede, per ogni vero o farisaico scandalo, una dignitosa e chiara professione di pubblica fede nella pura dottrina della Chiesa, circa il dogma del peccato originale, io sarò pronto ognora a farla, come fo. Io credo a questa misteriosa e profonda realtà e verità – analogicamente uguale alla realtà di Dio e dell'anima umana – che la coscienza morale del genere umano, al principio del suo essere, dinanzi a Dio creatore, sedotta da arcani poteri e traviata nella volontà di peccare, ha perduto la sua verginità spirituale, la grazia, la beatitudine per sè e per noi tutti: e che questa grazia e beatitudine si riottiene per la redenzione di Gesù Cristo signor nostro: e questa verità io la credo e voglio intenderla nel senso che ad essa dette sempre la Chiesa cattolica, dal punto di vista dogmatico.
Io ho ben definito, mi sembra, in che senso ho negato la storicità del racconto della Genesi nel lavoro che l'autorità diocesana ha rifiutato di esaminare: l'ho negato perciò che ho detto essere il racconto del Paradiso terrestre come la rappresentazione plastica, per via di simboli, l'espressione sensibile di un fatto di coscienza che nessuna storia ha mai potuto verificare, perchè nessuno potè mai riferire la storia degli albori della nostra coscienza morale. Ma il riconoscimento delle espressioni simboliche nel racconto della Genesi fu sempre dottrina liberamente discutibile, e del tutto estranea al contenuto dogmatico, nella Chiesa cattolica da Origene a Sant'Agostino, a San Tommaso, al Cardinale Caietano, al gesuita Padre Hummelauer, al domenicano Padre Lagrange. Io non le infliggerò, signor Direttore, una lunga dimostrazione di ciò che tutti i cattolici in buona fede concordemente ammettono. Bensì non le nascondo che mi resta ancora da spiegare, circa il racconto della Genesi, quest'altro enigma, che una dichiarazione categorica di cosiffatta storicità del Paradiso terrestre oggi – dopo tante e così decisive scoperte delle scienze antropologiche e storiche – si voglia imporre a me, studioso onesto e sincero. Mai e poi mai io farò questa dedizione vilissima della mia coscienza cattolica ad opinioni scientifiche, che so di certo essere falsissime. Mai non offenderò Iddio, rinnegando la verità conosciuta, per compiacere agli uomini. E perciò, come cattolico ossequente ai voleri dell'autorità, mi inchino alla decisione dei miei superiori, malcelando la gioia di dare per Iddio e per Gesù Cristo, con questa affermazione di coscienza, testimonianza alla pura verità del cristianesimo.
Salvatore Minocchi.

Così il clero italiano ha avuto un secondo suo membro sospeso dal più sacro esercizio delle funzioni sacerdotali, per causa di una franca professione di libertà scientifica. Dopo questo scambio di dichiarazioni fra la curia e il Minocchi non c'è stata, a quanto sappiamo, altra comunicazione. L'antico direttore degli Studi religiosi ha ripetuto in varie città italiane la sua conferenza, provocando il facile sdegno clericale.

Noi pensiamo che se questo atto di coraggio rappresenta un nobilissimo gesto, con il quale il Minocchi ha riscattato le sue precedenti debolezze, forse non valeva la pena farsi sospendere per una conclusione biblica ormai acquisita al patrimonio scientifico, anche dei cattolici. E che ad ogni modo, guadagnata la sua piena libertà d'azione, il Minocchi doveva andare ben più avanti nelle affermazioni del suo apostolato religioso. Egli ha sciupato un'ottima situazione, e noi stiamo ancora aspettando l'uomo capace di personificare il movimento.

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