La "Società Internazionale Scientifico-Religiosa"

Il «Programma dei modernisti» fu la prima manifestazione di attività di una società scientifico religiosa fra modernisti, costituitasi in Roma dopo l'enciclica «Pascendi». Con il nuovo anno, la società iniziò la pubblicazione di un periodico quindicinale, intitolato "Nova et vetera". Il periodico mostrò fin dai primi numeri di volere svolgere un programma il più ardito e il più coerente di cui il modernismo fosse capace. Nel primo numero, in un proemio dedicato ai lettori, era detto:

Noi siamo tenacemente avvinti con le radici più profonde della nostra religiosità alla tradizione del cristianesimo cattolico: ma nello stesso tempo ripudiamo ogni solidarietà, che non sia quella dell'individuo adulto in rapporto alla sua adolescenza, con i sistemi dell'intellettualismo scolastico. Noi pensiamo che il fatto religioso debba essere esclusivamente studiato attraverso la psicologia umana, come sua espressione culminante; e valutato in funzione di tutta l'operosità umana, individuale e collettiva. Infine crediamo che non riusciremo a farci una sana coscienza religiosa finchè non avremo criticamente vagliato le tradizioni dottrinali e disciplinari del cattolicismo. Il periodico che iniziamo con il luminoso precetto che la parabola evangelica rivolge all'onesto padre di famiglia di estrarre «dal tesoro domestico, od ora ad ora, le cose vecchie e le nuove», vuole appunto contribuire a compiere, in questa primavera spirituale che illumina oggi il nostro orizzonte, l'innesto del nuovo sul vecchio; e nel nuovo vuole esprimere del vecchio tutte le latenti energie, attuare tutte le benefiche possibilità, svolgere tutti gli inestimabili valori.
In particolare il «Nova et Vetera» vuole offrire alle anime in cui palpita una religiosità affine a quella dei suoi redattori, ma ancora nascosta nelle penombre di una semi-consapevolezza, il mezzo di leggere distintamente nei loro sentimenti più intimi. Vuole essere, per queste anime, loro interprete a sè stesse. Vuole inoltre che l'eco della elaborazione religiosa affidata alle sue pagine raggiunga altre anime che non sono ancora del nostro ovile, e le investa, e le tragga a sè, suscitando simpatie imperiose, solidarietà attive, stati spirituali analoghi.
Questi propositi di propaganda non potranno fare a meno di imprimere al periodico un carattere vivacemente polemico. Noi incontreremo da una parte le resistenze di coloro che abituati a esprimere la loro religiosità nelle formole e nei riti della consuetudine – anche a noi comuni, – si scandalizzeranno per la interpretazione più intima che noi ne diamo.
A queste anime noi dovremo dimostrare che il nostro movimento non vuole isterilire i santi istinti della religiosità, bensì salvarli, svolgerli, farli rivivere più intensamente in simboliche nuove e nuovamente interpretate.
Noi incontreremo altresì – e forse più numerose – anime che le deformazioni del cattolicismo hanno allontanato da ogni esperienza religiosa. Ad esse noi avvicineremo la nostra coscienza, satura di religiosità, e cercheremo di far sì che il contatto sia contagioso. Siamo convinti che una vita irreligiosa è vita mutila e scheletrica: tale convinzione diffonderemo. Più volte, forse, per inculcare questa verità ci basterà riportare alla superficie di tante anime propositi buoni e aspirazioni disconosciute, dormienti sotto la cenere delle piccole animosità di parte. Il periodico, così, sarà polemico, perchè ricostruttivo edespositivo.
Il periodico sarà prammatista nel più bel senso della parola. Si ispirerà cioè a questi concetti fondamentali. L'esperienza cristiana generata cioè dall'assimilazione dello spirito messianico che è nel Vangelo – è il tesoro che noi dobbiamo conservare gelosamente e fedelmente tramandare. Quindi, se le formole, a cui questa esperienza si è nei secoli scorsi, per un processo naturale, connessa, tramontano corrose da una critica superatrice e abbandonate dalle esigenze di una società in evoluzione, è necessario segnalare la loro funzione nel passato, scrutarne l'origine psicologica, tuttora operante, suggerire delle formole equivalenti o superiori, e ad ogni modo rispettare le passate, finchè da una nuova esperienza collettiva non sorgano designazioni più precise di un rinnovato pensiero religioso.
Questa esperienza cristiana che noi sentiamo di dover proteggere innanzi tutto, si risolve in una concezione ottimistica della vita (ogni religiosità iniziale è pregna di ottimismo), nella quale la conoscenza dei fini della vita presieda alla ricerca delle origini, e il quo dell'universo illumini l’unde di esso; si riduce al sentimento perenne di un bene che si attua progressivamente nel mondo; equivale al senso della provvidenza immanente, di cui ogni uomo percepisce l'assistenza amorosa in ogni sforzo che compie per la Verità e la Bontà, in ogni passo che muove verso il Regno di Dio.

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Sul punto di iniziare fidenti il nostro lavoro, noi pensiamo a una dolce parola messianica. Avendo Giovanni inviato due suoi discepoli per domandargli se Lui fosse l'atteso, Gesù rispose indirettamente, con le parole profetiche, accennanti alle opere meravigliose che dovevano accompagnare la apparizione del Cristo. Fra le altre c'è questa: i poveri sono evangelizzati!
Questo periodico vuole contribuire anch'esso modestamente alla continuazione di questo programma troppo dimenticato: vuole essere una evangelizzazione di anime impoverite nei loro ideali dal formalismo o dal disgusto. A tutti gli spiriti rattrappiti sotto il ciarpame di una ideologia barocca e di un legalismo farisaico; a tutti gli spiriti che la rigidezza immobile della tradizione ecclesiastica ha allontanato dalla vita del Vangelo, noi vogliamo, da fratelli, mormorare la vecchia buona novella – pura e limpida fonte nascosta fra i ciottoli di un terreno alluvionale.
Così profondo amore della verità ci muove, che osiamo aggiungere, pure col Vangelo: beato chi non si sarà scandalizzato di noi!

I sei numeri finora apparsi del periodico sono stati senza dubbio una manifestazione di viva religiosità e di arditi propositi di rinnovamento. Segnaliamo gli articoli del Tyrrell sull'autorità nella Chiesa, del Vinci sui caratteri del sacerdozio, del Nelli sulla conciliabilità dello spirito critico e dello spirito religioso nel modernismo, e uno notevolissimo di Angelo Crespi sulla sua evoluzione religiosa ed intellettuale, del positivismo al cristianesimo, attraverso le idee moderniste.

Notevole specialmente la solidarietà mostrata dal periodico verso il Loisy, dopo la recente scomunica lanciata contro di lui. Questa è stata così commentata da “Nova et Vetera” nell' ultimo numero:

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