La Lega Democratica Nazionale.

Suo scopo – Sua posizione di fronte al cattolicismo – Sua posizione nella vita pubblica.

Ma è necessario che noi interrompiamo la esposizione di questi dibattiti apologetico-filosofici per accennare brevemente all'operosità spiegata con nuova energia in questo periodo di tempo dalla Lega democratico-cristiana autonoma.

Io ho scritto in una delle mie lettere che ormai la democrazia cristiana è morta e sepolta. Prendendo nota ora delle manifestazioni di vitalità date dalla Lega, non mi contradico nè mi ricredo. Io intendevo parlare di quella democrazia organizzata da D. Romolo Murri verso il 1902 e che rappresentava un gruppo così ligio al Vaticano e così anacronisticamente attaccato alle sue rivendicazioni temporali, da poterlo veramente chiamare, con un appellativo simile a quello che D. Murri dedica oggi a qualche società democratica addomesticata, la democrazia di S. Santità. Quella specie di democrazia cristiana, che credeva di poter entrare nella vita politica nazionale nel più perfetto idillio coi dirigenti la politica vaticana, al grido: «Con Roma, e per Roma sempre» quella sì, è morta e sepolta sul serio. Se rinascerà, o è rinata, non si distingue in alcun modo dal clericalismo puro.

La Lega nazionale invece è partita dall'assioma di quel grande cristiano che fu O' Counell: La religione da Roma, la politica più tosto da Costantinopoli, – e ha manifestato il suo proposito nettissimo di svolgere i principi di politica democratica nella più completa indipendenza dal Vaticano, a cui però promette di aderire per tutto ciò che riguarda le direzioni religiose, dogmatiche o disciplinari. Forse si potrebbe rilevare l'impossibilità pratica di scindere questo duplice potere vaticano, l'uno politico l'altro religioso e di protestare sudditanza all'uno rifiutandola all'altro. Almeno in Italia, per un complesso di ragioni storiche che appaiono non facilmente mutabili, una tale separazione non sarà mai tollerata nè dalla gerarchia nè dal cattolicismo delle altre nazioni. Ad ogni modo, posto l'assioma della autonomia, la Lega ha potuto esercitare una benefica efficacia nel seno del cattolicismo italiano, ed io, che ho segnalato le deficienze organiche della primitiva democrazia cristiana, posso auspicare una sua ampia diffusione, e salutare nei tuttora tenui manipoli le prime cellule di quella che sarà forse nell'avvenire la vera democrazia religiosa. Perciò riporto i principi fondamentali del suo statuto.

1° Rimaner fedeli alla democrazia, in quanto essa è moto che tende alla elevazione ed alla liberazione dei salariati, compiuta per l'azione diretta e cosciente del proletariato medesimo, ed accompagnata, preparata e integrata da corrispondenti mutazioni negli istituti e nei rapporti economici e nell'ordinamento dello Stato, cioè della collettività dei cittadini operanti pel governo dei pubblici affari;
2° Accettare e promuovere il cristianesimo, non come speciale forma o pretesto o programma dettagliato di raggruppamento politico, ma come spirito e precetto di amore e di bene che deve essere, in maniera assai più larga e perfetta che non fu pel passato, norma e vita di coscienze ripugnanti a qualunque forma di oppressione e di maleficio umano ed operanti secondo l'amore fraterno, principio di vera solidarietà ed eguaglianza spirituale.

*
* *

I rapporti della Lega con la particolare società religiosa che è il «cattolicismo» (e in Italia non ce n'è altra), e con l'autorità ecclesiastica, e con quei cattolici che, come tali, si attribuiscono e si stabiliscono degli uffici o degli scopi da raggiungere mediante le loro attività associate nel campo della vita pubblica, hanno una doppia origine; di diritto, cioè, e di fatto. Di diritto, prima; poichè, proponendosi i soci di mettere in valore il cristianesimo come norma della coscienza morale, misura autorevole del giusto e dell'ingiusto, e come spirito e principio di vita interiore e di volontà buona (dal quale procede poi nelle opere esteriori la solidarietà e la fratellanza, vale a dire la disposizione d'animo non solo a dare a ciascuno quel che gli spetta, ma a collaborare con gli altri pel raggiungimento di beni comuni) non possono ciò ottenere che operando nello spirito e col tramite di quella società religiosa che verifica, per essi, e possiede questa virtù innovatrice delle coscienze, ed alla quale essi appartengono. Il che vuol dire che essi agiscono anche come cristiani, proponendosi di raggiungere con l'azione loro degli effetti, alcuni dei quali sono di carattere religioso e voluti direttamente come tali. Ne segue perciò che, in quanto fanno opera di cristiani e mirano a un risultato di «cristianesimo vissuto» essi agiscono come membri d'una società religiosa, liberamente accettata e seguita; e con la stessa volontà con la quale accettano questa, aderiscono alle norme varie che di essa definiscono lo spirito e la direzione.

I giovani democratici cristiani pensano che il cristianesimo, praticato e vissuto nella società religiosa che è la Chiesa cattolica, sia un efficacissimo ed essenziale fattore di vita democratica e di progressi spirituali, e per questo, nell'interesse stesso dei fini politici e sociali per i quali si associano, essi lo promuovono, accettandolo quale è, ed in sieme quale va divenendo nel suo normale sviluppo di dottrine e di applicazioni.

Quindi:

1° La Lega, come associazione politico-sociale, non discute il cristianesimo, non è un partito religioso, non s'immischia in questioni dibattute nel seno del cattolicismo, ma accetta questo, come gli viene presentato per le vie normali e legittime, dalle competenti autorità;
2° La Lega difende e promuove gli interessi veramente religiosi e i diritti della coscienza cattolica, secondando in ciò i rappresentanti autorizzati di questa e seguendo le loro direzioni;
3° I soci, dato il loro dovere generico di promuovere, come forze concorrenti e solidali di progresso e di elevazione umana, il cristianesimo, la cultura e la democrazia, si occuperanno secondo la loro coscienza ed i loro mezzi, anche della conservazione e del risveglio dello spirito religioso e prenderanno parte attiva alla vita intima della società cristiana.

Ora è noto come sull'iniziativa che nella Chiesa cattolica può spettare al laicato cattolico, quanto circa alla discussione di dottrine libere, alla parte da prendere nell'organizzazione di culto e nei rapporti fra società religiosa e stato laico, quanto al diritto di critica rispettosa, di dar consigli, di promuovere per iniziativa propria il rifiorire della vita religiosa, vi sono due diverse dottrine, l'una delle quali, che si fonda sulla consuetudine degli ultimi tre secoli, esagerandola e teorizzandola, divide la Chiesa, con un taglio netto, in due parti: la docente o guidante, e la discente o guidata: ed impone al laicato, che è appunto di questa seconda, una posizione tutta passiva e recettiva di fronte al clero, in ciò che riguarda lo sviluppo del pensiero o della vita religiosa. L'altra dottrina, la quale risale alla consuetudine più antica ed ha per sè una maggiore somma di tradizione viva, è quella che, pur distinguendo, con la sana teologia, il sacerdozio, nelle sue varie gradazioni, dal corpo dei fedeli, e riconoscendo a quello la facoltà di pascere, considera poi la Chiesa vivente come un unico corpo di credenti, nel quale è egualmente diffuso lo spirito vivo, e fermenta quindi, e diviene, sotto l'impulso dello spirito stesso, il pensiero e l'azione cristiana; così che ai laici spetterebbe non solo una parte passiva, ma anche attiva, di manifestazione di pensiero e di attività, benchè sottomessa al governo ed al controllo della legittima autorità. A questa seconda dottrina si ispira piuttosto, nel complesso, l'uso della Chiesa, e ad essa si ispirano i soci della Lega, per quel che riguarda la loro azione.

Da ciò apparisce ora in qual senso la Lega rivendichi e proclami la propria autonomia. Essa è autonoma non in quanto nella Chiesa stessa costituisca come un gruppo distinto di fedeli che vogliano in un modo qualsiasi sottrarsi ai loro doveri di cristiani; nel quale rispetto invece riconosce la giusta dipendenza dei fedeli dall'autorità ecclesiastica come qualsiasi altra associazione di cristiani; ma è autonoma in quanto contiene nel suo programma dei fini che non riguardano la vita religiosa e l'autorità ecclesiastica e quindi allo stesso modo, precisamente, che è autonomo qualsiasi altro gruppo non espressamente religioso, qualsiasi individuo, anzi.

*
* *

Il merito principale della Lega è quello di essersi opposta con tutte le sue forze a quelle alleanze clerico-moderate che costituiscono senza dubbio il più velenoso inquinamento della nostra vita politica attuale e la vergogna più indecorosa del cattolicismo ufficiale in quest'alba di secolo.

Nemico di ogni civiltà e di ogni progresso, il Vaticano ha osato compromettere, ancora una volta, davanti alla storia, i destini del cristianesimo, vincolandoli a quelli delle forze reazionarie. Incapace di scorgere nel più prossimo avvenire, esso non ha valutato le conseguenze disastrose della sua tattica, quando le forze del progresso, momentaneamente paralizzate dal muoversi delle folle credule, ignoranti e superstiziose al cenno dei loro pastori, riprenderanno il sopravvento e si vendicheranno dell'obbrobrioso ricatto. Se la Lega non avesse avuto altro merito che di insinuare come un cuneo le sue schiere nell'alleanza clerico-moderata, avrebbe già ben meritato per la causa della civiltà italiana.

Ma l'atto più coraggioso compiuto dalla Lega è senza dubbio il programma di politica ecclesiastica lanciato verso il 20 settembre, mentre tutti i partiti si accingevano a formulare le loro proposte concrete a proposito dell'anticlericalismo e delle sue conseguenze legislative. Lo riportiamo come molto sintomatico:

Libertà religiosa e libertà civile.

Noi riteniamo essenziale alla libertà ed ai progressi dello spirito umano la distinzione delle due grandi società, la religiosa e la civile. La identità di esse nella società antica toglieva al cittadino ogni diritto di agire e di pensare all'infuori dei limiti che gli fissava lo Stato; la divisione dei due poteri nella età di mezzo fu una grande conquista del cristianesimo, il quale affermò primo, con tre secoli di lotta, la libertà della coscienza dinanzi al potere civile; e in tutto quel tempo la lotta fra la Chiesa e lo Stato fu presidio alle libertà individuali e locali, lo stretto accordo fra essi fu sempre principio di tirannide. Un passo innanzi, e le due associazioni agiranno su due piani interamente diversi, con mezzi più appropriati, concorrendo a svolgere ed aumentare il valore della persona e della associazione umana. La Chiesa, società di spiriti nella quale si entra per una adesione doverosa, ma essenzialmente volontaria, (è grande e aperta a ognuno la porta per entrare e per uscire, poichè più nuoce il restarvi in mala fede che uscirne in buona): libera cooperazione spirituale per i progressi della vita interiore, della cultura, della bontà e dell'amore umano in tutte le loro manifestazioni; grande educatrice di anime, nella quale e dalla quale la democrazia, considerata nel suo più profondo e verace aspetto, che è l'associazione delle coscienze liberate dall'egoismo e dall'illusione materialistica, avrà il più vivo e possente impulso. Lo Stato, o la società civile, equilibrio di interessi in lotta, creazione della norma giuridica per opera della classe che più direttamente ed efficacemente preme sui poteri pubblici, tutela e governo dell'iniziativa esteriore in tutti i campi dell'attività umana; principio di forza e di coazione che potrà solo avvicinarsi alla giustizia tanto più quanto più direttamente e veracemente sarà l'emanazione degli interessi del maggior numero; ma sempre governo di maggioranze prevalenti, alle quali deve essere risolutamente vietato il violare la libertà ed i diritti personalissimi anche di un solo cittadino. Quindi lo Stato è incompetente in materia di religione; esso deve rispettare la libertà di credenza e di organizzazione religiosa, e lasciare libera la società dei credenti nello svolgimento della sua attività, con i mezzi e nelle forme che le sono proprie.

Scuola ed educazione

Il più grande problema, nel quale avvengono oggi assai spesso i maggiori conflitti, è quello dell'educazione e dell'istruzione della gioventù. Intensa è in questo campo l'attività di ogni fede e di ogni partito, profondo e tenace il conflitto di interessi, di vedute, di principii.

L'ufficio di educare spetta innanzi tutto alla famiglia. La educazione deve essere insieme tecnica (o più propriamente di cultura) ed etica; per la prima lo Stato ha il diritto e il dovere di aiutare, unificare, dirigere l'opera della famiglia, prestando ad essa i mezzi opportuni e le norme comuni; per l'altra, la famiglia deve rivolgersi per aiuto alla società religiosa alla quale essa appartiene e nella quale vuole educati i figliuoli. Lo Stato moderno è incompetentein fatto di educazione religiosa; ma esso deve riconoscere esser la religiosità il principio del dovere etico, il rispetto di tradizioni morali trasmettenti lo sforzo fatto dall'umanità per vincere e moderare i suoi istinti inferiori, elemento essenziale di ogni verace educazione.

Di qui i seguenti criteri:

Libertà di insegnamento in tutti i gradi di questo.
Controllo, da parte dello Stato, dell'istruzione elementare e secondaria di tutti gli istituti di educazione, per la osservanza dei programmi vigenti e dell'igiene.
Abolizione dell'insegnamento religioso nelle scuole elementari. Scuole paterne o confessionali di religione e di morale.
Esami di abilitazione sotto il controllo dello Stato.

Nell'insegnamento superiore lo Stato italiano, in nome della sua laicità, ha abolito lo studio delle materie attinenti alla religione, sotto pretesto che esse erano di spettanza dell'autorità delle singole credenze e non della ragione. Tutta la cultura moderna si ribella a questo paradosso. Come ogni altra forma e manifestazione dell'attività dello spirito, l'attività religiosa è oggetto di esame storico, critico, comparativo, filosofico. Questo esame, in quanto raccolta, analisi e sistemazione di dati positivi, è aconfessionale, e rientra nel campo della cultura superiore. Quindi:

Ricostituzione dell'insegnamento della storia comparata delle religioni, della filosofia della religione e della storia del cristianesimo, nelle maggiori università dello Stato.

Separazione amministrativa.

La libertà effettiva della Chiesa e la reciproca piena indipendenza delle due società portano con sè l'abolizione di molte forme di intromissione dello Stato negli affari interni della società religiosa. Tuttavia la libertà riconosciuta dallo Stato a questa ha un limite nelle stesse esigenze essenziali della vita della società civile. Con la facoltà illimitata di acquistare e di possedere, una società religiosa può divenire economicamente così forte da perdere via via i caratteri di chiesa per mettere capo a una potente organizzazione di possesso e di interessi economici e civili, a uno Stato nello Stato. Lo stabilire i limiti oltre i quali il possesso e l'organizzazione dei beni esterni nella Chiesa diviene un pericolo per lo Stato ed anche per lo stesso spirito religioso della società dei credenti fu sempre occasione di acerbi conflitti fra i due poteri. Come via di mezzo, adatta alle condizioni presenti della coscienza dei popoli civili, noi proponiamo le norme seguenti:

Separazione economico-amministrativa della Chiesa dallo Stato. Abolizione del Fondo culto e del R. Placeto Exequatur, dei Regii Patronati. Consegna dei beni della Chiesa, convertiti in titoli mobiliari, alle associazioni di culto, e libera amministrazione di essi da parte di queste. I beni della Chiesa cattolica non potranno essere assegnati (cessato che sia ogni rapporto ufficiale e diretto fra lo Stato e la gerarchia ecclesiastica) che ad associazioni di culto cattoliche, aventi così insieme esistenza legale e canonica.
Libertà di associazione a scopo e per la convivenza religiosa. La facoltà di possedere, limitatamente agli immobili di uso diretto ed immediato (come sono case, chiese, ospizi, ecc.), sarà riconosciuta, dentro limiti da determinarsi per legge, ad associazioni che depongano i propri statuti e chiedano il riconoscimento legale. È interesse delle due società che queste associazioni abbiano in certi casi carattere temporaneo, purché la devoluzione dei beni sia poi fatta secondo lo spirito dei fondatori e degli istituti.

*
* *

L'adozione di questi criteri generali, da noi sommariamente accennati, porterà con sè varie altre modificazioni nel diritto pubblico ecclesiastico, modificazioni che sarebbe lungo specificare. In Italia, per uno stato di fatto che è impossibile misconoscere, lo Stato deve garantire alla Chiesa romana tutto quello che è indispensabile alla libera esplicazione della sua attività e dei suoi rapporti con i cattolici di tutti i paesi. Una speciale legge di guarentigie sarà perciò necessaria entro i limiti ed allo scopo suindicato; quindi:

Revisione della legge delle guarentigie.

Un critico troppo esigente potrebbe forse, in questo programma, trovare qualcosa a ridire, circa la incongruenza che vi esiste tra le premesse teoriche e i criteri pratici. Può infatti fare l'impressione di aggirarsi in una contraddizione, chi da una parte afferma l'assoluta separabilità della società civile da quella religiosa, e dall'altra invoca l'intervento dello Stato nella sorveglianza degli istituti di educazione o nella amministrazione e nella legislazione economica delle congregazioni religiose. Ma se prescindiamo da ciò, se anzi trascuriamo le premesse teoriche di questo programma, per attenerci esclusivamente alle norme pratiche che esso suggerisce onde ovviare ai gravissimi danni nazionali che una potente organizzazione clericale può produrre, noi non possiamo fare a meno di sottoscrivere a due mani e benedire questa alta affermazione di libertà, che in nome della religione invoca una opportuna repressione degli abusi clericali. Un'altra affermazione della lega mi piace segnalare, d'indole del tutto sociale, ed è la seguente:

La Direzione della Lega d. n. nella sua adunanza del 22 decembre 1907, votava il seguente ordine del giorno:

«Il Consiglio Direttivo della Lega d. n.: persuaso che sia urgente, nell'interesse del proletariato, liberare le organizzazioni dai politicanti, convinto che le condizioni attuali del movimento operaio richiedono un'unità di agitazioni e di atteggiamenti positivi, rivolti specialmente a tutelare gli interessi economici degli operai, compromessi fino ad oggi dagli uomini politici che dirigono le organizzazioni professionali; convinto che ciò origina dal fatto che gli operai sono nella quasi completa deficienza di dirigere da sè i loro interessi economici, ritiene dannosa al proletariato l'opera spesso spiegata dal partito socialista nelle Camere del lavoro, opera che disgrega i lavoratori, portando nelle Camere quelle questioni di tendenza che lo travagliano sul terreno politico; disapprova le affermazioni politiche delle organizzazioni operaie e della Confederazione del lavoro, che dai suoi dirigenti si tenta ridurre a clientela di riformisti socialisti; afferma la persuasione della necessità di mantenere alla Confederazione un carattere apolitico, onde vi possano convergere tutte le forze operaie di qualunque tendenza politica esse siano; delibera di dirigere l'attività della Lega alla cura dell'educazione degli operai, per renderli idonei a sciogliersi da ogni tutela estranea ai loro interessi; di prestare l'opera propria perchè il proletariato trovi nella Confederazione del lavoro l'espressione organica e l'unità direttiva dei proprii movimenti; ed esprime perciò la speranza che questi fermi propositi, estranei ad ogni interesse di gruppo, vengano assecondati da un indirizzo più sereno e più equanime della Confederazione del lavoro».

Questo tentativo di ricondurre ad unità di intenti e di metodi le masse organizzate, finora preda di politicanti e di ambiziosi, è opera cristianamente nobile ed elevata. Io m'immagino appunto che tale debba essere sempre, nel campo sociale, l'opera del modernismo. Anzi per questo, se io dovessi esprimere il più recondito mio pensiero, direi che il modernismo sul terreno politico deve essere non solo a fianco, ma nel seno del socialismo. Esso deve essere il lievito che fa fermentare la massa: deve cioè infondere in queste folle che finora una demagogia scapigliata ha stimolato con la predicazione dell'odio, il senso religioso dell'altruismo e dell'amore. Il progresso sociale è senza dubbio il risultato di interessi antagonistici, il cui conflitto è nella natura stessa delle cose. Ma l'uomo si distingue dalle forze irragionevoli e brute che sono nella natura appunto per la capacità di sovrapporsi con le sue volontà riflesse, con la sua profonda attitudine alla solidarietà, al giuoco delle forze cieche fisiche ed economiche. In nome appunto di questo postulato io penso che i modernisti dovrebbero cominciare ad operare fra i partiti attualmente lottanti, per spingere tutti coloro che aspirano a più ampia diffusione di benessere sulla terra verso una concezione più spirituale delle possibilità del progresso. Forse un'analisi oggettiva dei caratteri salienti del momento storico che attraversiamo, conduce alla conclusione che altri partiti, oltre quelli esistenti, non sono possibili. Per questo io credo che la democrazia religiosa non può costituire un nuovo partito. Il suo compito è più tosto quello di allearsi al socialismo, di cui condivide le finalità, ma cercando di innestare alla sua propaganda, che è stata finora materialistica, i principii spirituali che noi abbiamo ereditato da Colui, il cui sacrificio ha gettato sul mondo l'esempio di quel che valga nella vita l'amore dell'ideale.

O forse c'è un'altra via aperta dinanzi al modernismo, perchè esso possa esercitare la sua efficacia benefica sulla società che si evolve verso forme superiori di convivenza collettiva. Non è infatti necessario per avere un'azione sociale, esser costituiti in partito, avere rappresentanti in Parlamento o nei municipi. Le primitive comunità cristiane non ebbero rappresentanti nei corpi organizzati ed ufficiali dello Stato. E ciò nonostante con la loro profonda religiosità, col loro grande sogno di bene, che infondeva nelle loro anime una lieta estimazione dei valori della vita e una radicata attitudine all'altruismo e al sacrificio personale, favorirono senza dubbio meglio di altro aggruppamento sociale il passaggio dal vecchio mondo dell'ineguaglianza classica all'uguaglianza cristiana. Io penso che una missione simile sia destinata al modernismo. Esso forse non deve per ora occuparsi direttamente di problemi politici e di questioni economiche. Esso deve più tosto con la cultura dell'amore, con la diffusione contagiosa del suo entusiasmo religioso, aiutare e facilitare il passaggio dal vecchio mondo del privilegio alle forme nuove in cui sta adagiandosi la distribuzione della ricchezza fra gli uomini. Il quale passaggio non sarà il risultato della lotta, perchè allora rappresenterebbe un tuffo nella barbarie: sarà bensì il risultato di un grande sforzo di solidarietà, di un grande sogno messianico, che, illuminando la nostra vita, ce ne farà sentire la bellezza e insieme ci darà il coraggio di sacrificarla volenterosamente per il bene dei nostri fratelli e dei nostri figli.

Share on Twitter Share on Facebook