Modernismo tedesco. (Affare Schell – Lega di Munster).

Frattanto accadevano fatti di una grande importanza in Germania: dai quali risultava eloquentemente quanti progressi avesse fatto il modernismo anche in quei paesi sulla cui fedeltà ed ortodossia il Vaticano aveva fatto maggior assegnamento. In data del 14 giugno Pio X inviava un breve di lode a mons. Ernesto Commer, professore di teologia nell'Università di Vienna, autore di una confutazione delle dottrine professate da Ermanno Schell (1850-1906), uno dei più grandi teologi che la Germania cattolica avesse dato nel sec. XIX. Sebbene parecchie fra le principali opere dello Schell fossero state messe all'indice (la Dogmatica catto lica, il Cattolicismo come principio di progresso, la Verità divina del cristianesimo, il Tempo moderno e la fede antica: studio sulla storia della cultura), la memoria dell'illustre professore di Wurzburgo era venerata da quanti avevano potuto apprezzare la sua erudizione e il suo spirito cristiano. Proprio pochi mesi prima si era costituito fra i suoi ammiratori (e fra questi c'erano anche dei vescovi)un comitato per innalzargli un monumento. Ed ora Pio X non si peritava di inviare la sua parola di lode e di incoraggiamento a un monsignore, il quale aveva ricoperto la memoria del dotto teologo col vituperio della sua ira di prelato scandalizzato. Pio X non rifuggiva dall'adoperare parole vivacissime di biasimo contro coloro che «osavano raccomandare le dottrine di Schell, ricoprire lui di lodi come un eccelso difensore della fede, degno che la sua memoria fosse tramandata ai posteri nel marmo». La lettera di Pio X provocò in Germania un risentimento intenso, di cui non è ancora spenta l'ultima eco. Il Minocchi ha raccontato in un volumetto le vicende del così detto «affare Schell».

Ma che già, antecedentemente, serpeggiasse nella Germania cattolica un largo spirito di malcontento e di risentimento contro Roma e contro i suoi sistemi medioevali, è provato da un fatto di cui si ebbe notizia dalle «Rivelazioni documentate» della Corrispondenza romana (la nota e libellistica agenzia d'informazioni, legata con alti personaggi della segreteria di Stato) del 7 luglio. Si tratta di una organizzazione stabilitasi fra i più noti rappresentanti del cattolicismo tedesco, onde ottenere da Roma una riforma, in senso liberale, del regime in uso per la sorveglianza delle pubblicazioni cattoliche. Essa invitava sopra tutto a uno svecchiamento dei metodi invalsi nella Congregazione dell'Indice; a far sì che Roma, prima di condannare delle pubblicazioni cattoliche, chiamasse i loro autori a dare delle spiegazioni; che le condanne non prescindessero da una doverosa interpellanza dell'imputato e da una equa estimazione delle sue ragioni. Non si trattava, come si vede, di propositi bellicosi: bensì, di indurre la chiesa, nella sua procedura disciplinare, a metodi di inchiesta e di punizione in armonia con le più elementari esigenze dello spirito di giustizia e di tolleranza che è nelle abitudini contemporanee. Ma per la Germania era molto: e il piccolo incidente poteva esser considerato come un sintomo delle tendenze covanti sotto la cenere dell'uniformità ortodossa tedesca, tendenze che in questi ultimi tempi hanno dato singolari manifestazioni.

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