“Quello che vogliamo”

Preoccupati da questa ridda di minaccie e di persecuzioni, un gruppo di preti romani osò levarsi in atto dimesso, ma risoluto contro Pio X, ed espose in una lettera aperta a lui, le linee fondamentali del proprio programma di rinnovamento cristiano. La lettera, stampata in opuscolo, ebbe una grande diffusione.

Gli anonimi autori vi accennavano rapidamente alle cause, intellettuali e sociali, della presente crisi religiosa. Quindi vi esponevano in succinto le proprie idee, circa le nuove concezioni della religiosità, del dogma, della società ecclesiastica, le uniche, essi dicevano, capaci di riscuotere la simpatia e l'adesione della mentalità contemporanea. Ne riportiamo il tratto principale.

«Iddio non è un'astrazione mentale, e molto meno una realtà fisica, che si offra come oggetto della nostra esperienza sensibile. Egli si rivela all'uomo operando negli intimi recessi del suo io personale, dapprima manifestandosi con un confuso ed inconscio sentimento di Realtà infinita, trascendentale, incomprensibile, che a poco a poco si rende più vivo ed intenso, invita all'atto di adorazione, finchè l'anima sente il bisogno urgente di entrare in rapporti con questa Realtà invisibile, ed è indotta non solo a ripiegarsi su se stessa, a riflettere per indagare l'origine e cercare il valore di questa esperienza, ma a percorrere tutta la storia del passato, ed esaminare in essa l'origine e lo sviluppo dei rapporti dell'umanità con il mondo soprannaturale. A questo scopo lo studioso non potrà limitarsi a studiare solamente la Bibbia, come fonte unica della storia della religione. Per esso la Bibbia è ancora un libro del valore di tutti gli altri libri sacri o profani della storia dell'antichità. Solo se dal confronto di questi, sottoponendoli tutti egualmente al controllo della scienza critica apparirà la superiorità del sentimento religioso che ha germogliato e progredito in mezzo ad un popolo trascorso per angustie supreme e trovatosi in condizioni spesso sfavorevoli allo svolgersi rapidamente di una civiltà evoluta come quella degli altri popoli circostanti, se potrà constatare che l'esperienza religiosa del popolo d'Israele risponde ad una sintesi più perfetta e completa delle esigenze ed attitudini spirituali del mondo antico, egli accetterà il V. T.
Ma ancora non è fatto tutto. A noi la religione d'Israele appartiene solo indirettamente; noi oggi siamo cristiani e la nostra civiltà è cristiana; ma prima d'essere tali abbiamo appartenuto alla civiltà greco-romana: e se il Cristianesimo è il compimento della religione d'Israele, per esser nostro ha dovuto tuttavia farsi greco-romano, assimilandosi la civiltà occidentale. Quindi accettato l'A.T. rimane ancora un immenso lavoro: non solo sottoporre alla critica tutti i libri del N. T., ma studiarne gli intimi rapporti, quelli che possono aver con i libri dell'A.T. e con la civiltà greco-romana. Così lo studioso potrà comprendere quale fu lo spirito originale della rivelazione cristiana, quali furono i suoi elementi primitivi e genuini, quali quelli che ritrasse dalla religione d'Israele e quali dalla civiltà Ellenica. Indi il progredire e il diffondersi rapido della religione cristiana per opera della Chiesa, se e come la Chiesa continuò la missione di Cristo, se e come rispondendo alle esigenze spirituali dei popoli, se e come cooperando al progresso della loro civiltà.
E se da tutte queste ricerche potrà rilevare che il sentimento religioso apparso prima nell'umanità sotto forme superstiziose ed imperfette come imperfette e primitive erano tutte le manifestazioni della vita fisica, intellettuale e morale; e che con l'evolversi lento e graduale della civiltà anche esso, invece di eclissarsi e scomparire, è assurto a forme più elevate e ad avere cognizione riflessa di sè fino a concretarsi nella religione cristiana; e se questa considerata nelle forme del Cattolicismo, può far vedere di contenere in sè così preziose energie da trasfondere nello spirito umano, avvantaggiandolo nella via delle alte idealità moderne, solo allora la religione cattolica con la sua autorità, con la sua teologia, con i suoi sacramenti e la sua disciplina potrà essere liberamente da lui accettata.
Lavorìo intenso, faticoso ed anche penoso questo per noi di dovere sottoporre tutto ciò che è oggetto della nostra fede viva e profonda al controllo della critica alla pari di tutte le credenze e di tutte le espressioni della vita religiosa dei diversi popoli. Ma nulla ci ha impedito dal farlo: se veramente siamo convinti della nostra fede, non solo non dobbiamo aver paura della scienza, la quale quando è vera e certa è anch'essa emanazione della Divina Verità: ma da tale controllo dobbiamo anzi sperare una luce sempre più viva attorno alle Verità che sono il perno della nostra vita religiosa.
Perciò non abbiamo dubitato di sottoporre alle nostre ricerche critiche la storia delle altre religioni unitamente alla nostra. Anche esse sono rivelazione di Dio all'anima umana, imperfette rispetto alla nostra, a causa delle diverse condizioni morali, fisiche e geografiche dei diversi popoli, ma ciò non ostante rivelazioni anch'esse, come ben seppe dire S. Paolo. Nè l'applicare le medesime leggi della critica storico-filologica e letteraria dei libri chiamati profani alla Bibbia, significa per noi – come Voi ci accusate – di non far differenza tra la ispirazione di essa e quella poetica di Omero e di Eschilo. Come fin qui abbiamo detto, non solo per noi tali libri sono differenti per il valore religioso, ma anche perchè per la sua natura ed il suo oggetto la ispirazione poetica si differenzia da quella religiosa, sebbene questa molte volte scaturisca simultaneamente a quella.
E così in questi ultimi anni è stato da parte nostra tutto un affaccendarsi intenso e vasto di ricerche filologiche-storiche- psicologiche su tutto il materiale dei monumenti della vita religiosa dell'umanità. E già i frutti di queste ricerche cominciano ad apparire, e la storia dell'esperienza religiosa si mostra nella apologetica moderna, smagliante di luce altrettanto chiara, quanto nuova. Di essa pure restando invariati gli elementi essenziali, comparvero nuovi aspetti ignoti prima alla apologetica, che l'aveva solamente considerata attraverso la lente della filosofia aristotelica.
La prima nuova luce si fece sul concetto stesso di rivelazione.I teologi scolastici, sprovvisti della critica storica, consideravano Iddio, l'uomo, l'universo ed i loro reciproci rapporti sotto l'aspetto ontologico, ed avendo della Verità e della conoscenza di essa un concetto assoluto, concepivano la rivelazione, come una comunicazione della Verità fatta direttamente e per via esteriore da Dio agli uomini, su cose che gli uomini non avrebbero potuto altrimenti sapere; e questa verità detta da Dio non poteva cambiare, doveva essere immutabile come Dio stesso, da accettarsi senza discussione e senza variazioni. Certamente questa concezione non è rispondente alla realtà storico psicologica.
La critica applicata all'Antico Testamento ben presto ha mostrato all'evidenza non solo che le divine Verità si sono aperta la strada nello spirito del popolo d'Israele a poco a poco, mentre questi andava evolvendosi in tutta la sua civiltà, e che quindi il concetto di Dio, la concezione del mondo soprannaturale e naturale varia di epoca in epoca da quella dei Patriarchi a quella dei Giudici, a quella dei profeti e via dicendo, ma dallo studio del valore storico dell'antichità, si venne a stabilire che tutto ciò che non entra nell'ambito delle Verità religiose e morali ha valore storico relativo, non fa parte per sè dell'oggetto dell'insegnamento biblico; e che tutte le rappresentazioni esteriori della divinità rivelatrice non meritano nessun apprezzamento oggettivo e reale, non essendo che forme inadeguate a rappresentare efficacemente il divino a quelle intelligenze sitibonde di manifestazioni soprannaturali.
Questo nuovo concetto così rispondente alla realtà storico psicologica dell'evoluzione dello spirito umano, distinguendo ciò che nella Bibbia è verità religiosa e morale, oggetto del suo insegnamento, da ciò che è spiegazione ed involucro d'essa, è provvidenziale a salvarne la veracità, l'inerranza, l'ispirazione. Perchè, pure dimostrati leggendari i racconti, per citarne alcuni, del diluvio, della caduta originale e via dicendo, rimane intatto il loro contenuto morale e religioso che è la verità stessa rilevata; sebbene ciò non escluda che tutto il testo sacro della Bibbia sia integralmente ispirato, tanto ciò che è Verità rivelata, quanto ciò che è spiegazione o presentazione d'essa, imperfetta, e relativa alle intelligenze di quei popoli semplici e primitivi.
Così, restando invariato il concetto fondamentale di rivelazione, che cioè Dio stesso si rivela all'uomo – giacchè pure essendo l'uomo che si muove alla ricerca del Bene e del Vero, sono tuttavia la verità stessa e il Bene che inconsapevolmente operando in lui muovono e dirigono il suo spirito al possesso sempre più pieno perfetto e consapevole dell'Infinito – si è venuto a stabilire che questa rivelazione è proporzionata alla capacità della natura umana, e che quindi l'evoluzione della fede non può mancare d'essere coordinata all'evoluzione intellettuale e morale dell'uomo, le cui facoltà spirituali – che noi distinguiamo per sovvenire alla deficienza del nostro modo di concepire le cose inadeguato e poco comprensivo – non formano che un'unità armonica del nostro io; cosicchè quando una di esse si evolve e perfeziona, si evolvono e perfezionano le altre.
Questa concezione, che non è sogno di menti leggere e fantastiche, ma constatazione evidente per ogni studioso imparziale della storia dell'attività spirituale dell'umanità, è divenuto il fondamento dell'apologetica moderna. La teologia scolastica ci presentava le Verità del cristianesimo nella forma esteriore più evoluta, consistente nella fusione perfetta e sistematizzata di esso con la metafisica aristotelica; come in una forma irreducibile, assoluta e tale fino dalle stesse origini del cristianesimo. Ma lo studio diligente ed accurato di questo, basato sulla revisione dei libri del N. T. e su tutto il patrimonio della tradizione patristica fino a S. Tommaso, dimostra chiaro che la nostra teologia non risulta che dalla vita dei dommi fondamentali del cristianesimo vissuta dall'umanità nei diversi periodi della sua evoluzione: essa contiene i dommi della creazione, della caduta originale, della redenzione di Cristo, della Grazia, contemplati al lume della fede dell'umanità credente e vivente in Cristo durante il suo progresso morale ed intellettuale: è la sintesi delle diverse fasi che successivamente ha percorso la fede nel Cristo vivo operante nella sua Chiesa, dal momento della sua morte al concilio di Gerusalemme, da quando Paolo, dopo aver fieramente resistito a Pietro e superato le insidie dei falsi zelanti, si involava alla conquista del mondo ellenico, al momento che il cristianesimo dovè lottare e vincere le correnti gnostiche – traendo da esse una copiosa ricchezza di credenze che idealizzò e purificò – fino allo sviluppo ed alla sistemazione razionale e riflessa che raggiunse con San Tommaso.
Provvidenziale questo risultato, il quale ci permette, seguendo la via tracciata a noi dai Padri e dai Dottori, di far rivivere la vita di fede, di speranza e di amore alla società moderna così anelante ed aspirante al Divino, e di fare accettare ad essa tutte intere le Verità del cristianesimo adattandole alla sua mentalità – storica e psicologica – come per l'addietro furono adattate ad una mentalità metafisica».

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