I L'INSEGNAMENTO DI GESÙ

Occorre bene ormai riconoscere che, dei fondatori di religione in genere, e del fondatore del cristianesimo in particolare, è impossibile redigere una biografia degna di questo nome. E sarebbe molto bene che a un còmpito di questo genere si rinunciasse definitivamente.

Il carattere dei fondatori di religione, in questo radicalmente e abissalmente diversi dagli iniziatori di scuole filosofiche, dai grandi conquistatori, o dai fondatori di imperi e di reami, è dato dal fatto che la loro persona e il loro insegnamento si incorporano cosí profondamente e cosí sollecitamente nelle forme di vita dei seguaci, da non poterne piú essere avulsi.

Per questo la figura del fondatori di religione entra, immediatamente dopo la loro scomparsa dalla terra, in una atmosfera cosí carica e obnubilata di leggenda, da non poterne piú essere districata.

Se questo è vero di tutti i fondatori storici di religioni, è, in maniera particolarissima, vero, del fondatore del cristianesimo.

Uno dei tratti salienti, forse il piú originale della religiosità cristiana, è costituito dal fatto che, uscito appena dal mondo, il Cristo, per opera del suo primo originale interprete, San Paolo, ha ripreso la sua vita nella comunità dei credenti, come realtà mistica e nel medesimo tempo concreta, in cui l'essere fisico del Messia si è in qualche modo propagato, quasi tratto di unione fra la fede nel Regno e il Regno veniente.

Di questa circostanza occorre essere ben consapevolmente persuasi, perché essa ci fa comprendere d'un subito come la ricostruzione storica del passaggio di Cristo sulla terra è opera vana ed assurda.

Può darsi che quelle correnti che furono dette «docetiche» in seno al cristianesimo primitivo, e che dalla polemica ecclesiastica sono designate come correnti che negavano la realtà storica e la empiricità del passaggio del Cristo nel mondo, non avessero altro torto che quello di prescindere dal carattere empirico di tale passaggio, per tener conto solamente della sua azione spirituale.

Il primo doceta in qualche modo non era stato San Paolo quando aveva, nella sua seconda lettera ai fedeli di Corinto, gettato in faccia, non senza alterigia, agli Apostoli che si vantavano di aver conosciuto Cristo secondo la carne, l'aforisma tagliente: «Quando anche avessi conosciuto Cristo secondo la carne, oggi non lo voglio conoscere in altro modo che nello Spirito»?

Si potrebbe dire che un secolo e mezzo di elaboratissime indagini sulle fonti neo-testamentarie per la conoscenza della vita di Gesù, abbia portato alla conclusione che la figura del Cristo è cosí intimamente amalgamata con la fede dei primi cristiani, da non poternela piú discernere ed isolare.

Questo non vuol dire affatto che si ritenga necessario inclinare verso la tesi assurda di quei negatori dell'esistenza storica del Cristo, che han voluto ridurre a mito la sua comparsa nel mondo.

Il contrario è vero: proprio perché la comparsa di Gesù sulla terra ha avuto la piú strepitosamente efficace azione rivoluzionaria nella storia; proprio perché piú profondamente si è inserita nella realtà della vita spirituale umana; è impossibile ricostruire, momento per momento, la vicenda della sua carriera terrestre.

Oggi una Vita di Gesù non può essere altro che una paziente analisi delle fonti evangeliche, in vista di una delineazione verosimile ed appropriata, non della sua esistenza, bensí della sua parola e del suo insegnamento.

Per questo noi non abbiamo ritenuto affatto opportuno e lecito indugiarci in un racconto del decorso biografico del Cristo. Si può ormai lasciare questo còmpito ai ripetitori uniformi delle biografie tradizionali.

Noi abbiamo cercato piuttosto da una diuturna familiarità con i problemi della critica neo-testamentaria, di ricavare il profilo schematico della dottrina che Gesù ha bandito e con la quale ha radicalmente rinnovato e trasformato le consuetudini morali e spirituali della civiltà mediterranea, che Roma, proprio nel momento in cui egli nasceva, stava unificando.

Indichiamo qui pertanto le opere a cui potrà fare ricorso chi voglia rendersi conto delle premesse critiche da cui discendono le nostre ricostruzioni sulla predicazione di Gesù e sulle sue prime elaborazioni.

Il problema centrale della critica neo-testamentaria è quel che da un secolo e mezzo si chiama il problema sinottico, perché coinvolge le rassomiglianze e le divergenze di quei nostri primi tre Vangeli canonici, Marco, Matteo e Luca, il cui materiale, disposto su colonne parallele, si presenta ad un semplice colpo d'occhio affine e vicendevolmente collegato.

Per una rassegna delle posizioni assunte dai critici di fronte a questo problema e per una chiarificazione delle tesi conclusive a cui pare si sia giunti oggi, noi rimandiamo ad una delle piú accurate introduzioni neo-testamentarie, a quella del Feine, nella ottava rielaborata edizione del Behm:

Einleitung in das Neue Testament, von Professor Dr. Paul Feine – Achte, völlig neu bearbeitete Auflage von D. Johannes Behm o. Professor an der Universität, Berlin (Leipzig, Quelle und Meyer, 1936).

Per un commentario ai Vangeli sinottici noi non crediamo di poter suggerire niente di meglio al di fuori della monumentale opera di Alfred Loisy, l'unica probabilmente che gli sopravviverà in pieno: Les Évangiles Synoptiques (Chez l'auteur. Ceffonds, près Montier-en-Der-Haute-Marne – 1907).

Esaurienti pezze d'appoggio alla nostra raffigurazione dell'insegnamento di Gesù si troveranno in particolare in due opere capitali con le quali noi ci compiacciamo di esserci trovati d'accordo, pure per vie del tutto indipendenti:

Rudolf Otto, Reich Gottes und Menschensohn, München, Beck, 1936. Martin Werner, Die Entshehung des christlichen Dogmas problemgeschichtlich dargestellt. Leipzig, Haupt, 1941.

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