X GLI ALBORI DELL'ILLUMINISMO

Dato il nostro modo di considerare la comparsa della teologia anselmiana nel secolo XI come data saliente e vero vertice spartiacque tra l'esperienza cristiana del Medioevo e il pensiero teologico della incipiente cultura scolastica, la comparsa di Abelardo e la esplosione del suo avventuroso insegnamento appaiono come gli inizi di una elaborazione metafisico-concettuale che avrebbe lentamente, ma inesorabilmente, sboccato a suo tempo in quello che sarà detto il movimento dell'Illuminismo. Nulla di anacronistico e di preconcepito in questo nostro modo di vedere l'evoluzione e la riflessione cristiana attraverso i secoli. La lentezza di una maturazione non ce ne deve far perdere di vista l'intima logica e l'inarrestabile dialettica. Nel tentativo grandioso compiuto da Abelardo di trasformare i dati centrali della tradizionale credenza cattolica in argomenti di speculazione razionale, occorre ben riconoscere i precedenti lontani, ma perfettamente coerenti, di quella laicizzazione diciamo cosí e razionalizzazione dei dati della fede cristiana che avevano costituito per secoli fattore extrarazionale e mistico della vita associata cristiana anziché tema di discussione accademica.

La produzione intorno ad Abelardo e l'interesse critico intorno alla sua figura e al suo insegnamento sono da un secolo in continuo fermento.

La grande raccolta del Cousin è sempre la prima fonte di informazione: P. Abaelardi opera hactenus seorsim edita nunc primum in unum collegit V. Cousin, adiuvante C. Jourdain, I, Parigi, 1849; II, ib., 1859. In Migne, Patrol. lat., vol. CLXXVIII. sono le epistole e le opere teologiche. Nel 1836 pure a Parigi il medesimo Cousin aveva dato un volume di Ouvrages inédits d'Abélard, fra cui figurano anche opuscoli non abelardiani.

In questi ultimi anni sono stati pubblicati altri scritti inediti del maestro del Paracleto. Ricordiamo il Tractatus de unitate et trinitate divina, datoci dallo Stölzle di su il codice 1211 di Saisson (Friburgo nel Baden, 1891); e l'iniziata raccolta degli scritti filosofici di Abelardo per cura del Geyer nella preziosa collezione di «Beiträge zur Geschichte der Philosophie und Theologie des Mittelalters»: ne sono usciti 4 fascicoli della Logica «Ingredientibus» (Die Glossen zu Porphyrius – Die Glossen zu den Kategorien – Die Glossen über «Peri ermeneias») e della Logica «Nostrorum petitioni sociorum», Münster in Westfalen, fra il 1925-1933.

Dopo la classica opera di Ch. Rémusat, Abélard, in due volumi, pubblicata a Parigi nel 1825, noi crediamo di non dover indicare che altre due opere, quella di Martino Grabmann, Die Geschichte d. scholast. Methode, Friburgo nel Baden. 1911, volume II, pp. 168-229, e poi la preziosissima monografia pubblicata dal Robert nel 1909, ma ora completamente rifusa e aggiornata da Paré, A. Brunet, P. Tremblay, fra le «Publications de l'Institut d'études Médiévales d'Ottawa», III;La Renaissance du XII Siècle, Les Écoles et l'Enseignement, Ottawa, Inst. d'études Médiévales, 1933.

Quanto la posizione di Abelardo nelle questioni di logica e di metafisica esca illuminata dalla pubblicazione degli ultimi inediti, è messo felicemente in luce dal medesimo loro editore Bernardo Geyer nel saggio Die Stellung Abaelards in der Universalienfrage nach neuen handschriftlichen Texten, nella raccolta di «Studien zur Geschichte der Philosophie» presentata come Festgabe per il 60° genetliaco di Clemente Baeumker (Münster in Westfalen, Aschendorf, 1913), pagg. 101 e segg.

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