VIII MONACHISMO E FEUDALESIMO

Che l'istituzione monastica, con la sua organizzazione abbaziale, con la sua concezione dell'autarchia e dell'autosufficienza economica e morale di ogni chiostro, abbia esercitato una certa azione sull'organismo feudale, in un'età nella quale i valori religiosi avevano la prevalenza su tutti gli altri e spiegavano la loro piú vasta e imperiosa efficienza, è una ipotesi di lavoro consentita dal parallelismo delle due forme di vita associata e da ogni esteriore verisimiglianza. Tale ipotesi di lavoro è consentita inoltre e valorizzata dal fatto stesso che gli storici del diritto sono quanto mai incerti e mal sicuri nell'assegnare le vere origini del feudo. Neppure l'etimologia della parola è sicura. Come si sa, i primi accenni idiomatici al feudo compaiono nella Francia meridionale, nelle forme feum, feveum, feudum. Nella Lucchesia del secolo IX noi troviamo il vocabolo feo in un novero di possessi vescovili. Il termine deriva dal gotico thiut, designazione generica di bene, o da feoth, equivalente di pecus? Impossibile rispondere. Noi sappiamo soltanto che nel linguaggio aulico franco del secolo ottavo fevum è il pingue possesso, elargito dal sovrano o dai maestri di palazzo ai piú fedeli. Feudo pertanto segna l'origine alle concessioni beneficiarie e il fondamento dei legami che vengono a stringere i vassi o i gasindi al sovrano e ai grandi signori del regno.

Con Carlo Martello il legame vassallatico e il regime beneficiario vengono ad assumere una configurazione ed una missione squisitamente pubbliche. Ed è pieno di significato il fatto che la moltiplicazione di questi vassi si faccia mercè il trasferimento di larghissimi possessi ecclesiastici. Anche qui non c'è un argomento per vedere nel feudo l'automatica secolarizzazione dell'istituto monastico? La questione può ritenersi ancora sub judice. Per una piú aderente esplorazione della questione rimandiamo alle opere classiche in materia: F. Schupfer, Il Diritto dei popoli germanici, II, Città di Castello, 1907; R. Trifone, Feudi e demani, Milano, 1909; P. S. Leicht, I Gasindi e Vassalli («Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei», s. 6a, III, Roma, 1927); E. Chenon, Histoire générale du droit français public et privé, I, II, Parigi, 1926-1929.

Sugli imperatori sassoni e piú genericamente sul trasferimento dell'Impero cristiano d'Occidente, vedi le opere classiche di A. Hauck, Kirchengeschichte Deutschlands, 4a ed., Lipsia, 1920; A. Cartellieri, Weltstellung des deutschen Reiches 911-1047, Monaco, 1932; L. M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, IV, l, Gotha, 1915; A. K. Hampe,Das Hochmittelalter, Berlino, 1932.

Ad Ottone il Grande dedicarono fin dal 1876 un'eccellente monografia R. Köpke e E. Dümmler, Kaiser Otto der Grosse, Lipsia, 1876. Brillanti profili degli imperatori sassoni in P. E. Schramm, Die deutschen Kaiser und Könige in Bildern ihrer Zeit, Lipsia, 1928.

Figura singolare e rimarchevole di Papa al chiudersi del primo millennio quella di Silvestro II, Gerberto. Sulla importanza della sua opera scientifica e filosofica è sempre utile consultare la monografia di F. Picavet, Sylvèstre II, Parigi, 1902.

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